di
Angela Cotticelli

Negli ultimi anni si è registrato un aumento del 750%. Le trasmissioni sono più frequenti a scuola o in palestra quando i giovani sono a contatto tra loro. Un esperto spiega come si prende e come curarla

La scabbia è una malattia cutanea considerata a lungo «del passato», ma che oggi è tornata prepotentemente alla ribalta. I numeri parlano chiaro: in alcune realtà italiane, tra il 2020 e il 2023, i casi sono aumentati fino al 750%. A lanciare l’allarme sono gli esperti della Società italiana di dermatologia e malattie sessualmente trasmesse (SIDeMaST), che parlano di una vera e propria epidemia sottovalutata.

Dai 5 ai 10 minuti di contatto pelle-pelle

«La scabbia è causata dal Sarcoptes scabiei, un piccolo acaro invisibile a occhio nudo, che scava cunicoli nella pelle per deporre le uova – spiega Michela Magnano, membro SIDeMaST e dirigente medico presso UOC di Dermatologia, Ospedale Versilia – Camaiore -. Il risultato è un prurito intenso, che peggiora durante la notte, e la comparsa di piccole papule, ovvero lesioni cutanee, in zone caratteristiche: tra le dita di mani e piedi, sui genitali, intorno all’ombelico, sotto le ascelle e intorno ai capezzoli. Questo acaro non salta, non vola, e la trasmissione mediante superfici è rarissima: si trasmette pressoché esclusivamente per contatto pelle-pelle prolungato, da 5 a 20 minuti, proprio per questa modalità di contagio, un tempo era considerata una malattia a trasmissione sessuale. Oggi la scabbia si diffonde molto più facilmente soprattutto in ambienti comunitari. Bambini e adolescenti sono tra le fasce di età più colpite perché passano molte ore a stretto contatto a scuola, durante i momenti legati allo sport o nelle attività ricreative e possono inconsapevolmente portare il parassita all’interno della famiglia. Proprio perché sono spesso loro a innescare la trasmissione familiare, non trattare i contatti stretti, come amici e compagni di banco, significa facilitare una reinfestazione continua». 



















































Dove e quando colpisce di più

Scuole, famiglie numerose, ambienti affollati, Rsa e ospedali, sono i principali focolai della scabbia. «Dopo il Covid, la combinazione tra lockdown prolungati, condizioni igieniche precarie, turismo di massa e ricambio frequente di pazienti nelle strutture sanitarie ha creato un terreno fertile per il ritorno di questa malattia anche nei Paesi sviluppati – continua Magnano -. Un elevato numero di casi si è registrato anche in Turchia, Spagna e Germania. L’incidenza mostra una chiara stagionalità: i casi aumentano in autunno, inverno e primavera, complice la permanenza in ambienti chiusi, e tendono invece a diminuire in estate, con la chiusura delle scuole e maggior tempo trascorso all’aria aperta».

Le quattro regole d’oro

«In presenza di prurito notturno persistente, soprattutto se presente in più membri della famiglia, la prima ipotesi diagnostica da escludere è proprio la scabbia – sottolinea Magnano -. Occorre innanzitutto consultare il medico o il dermatologo. Il secondo passo è di evitare il “fai da te”: una diagnosi errata può prolungare l’infestazione e facilitare il contagio. Una volta che la scabbia è stata accertata, la terza regola prevede di trattare tutti i contatti stretti, anche se asintomatici, compresi gli amici nel caso dei bambini. La quarta e ultima regola, infine, è di lavare indumenti e biancheria a temperature elevate».

La soluzione terapeutica

Fino a pochi anni fa la permetrina rappresentava il trattamento d’elezione contro la scabbia. Oggi, però, i dermatologi segnalano un preoccupante aumento della tolleranza a questo farmaco. In particolare, alcuni studi parlano di mutazioni dell’acaro che lo renderebbero meno sensibile all’azione del farmaco. «Attualmente per ottenere risultati la permetrina andrebbe utilizzata per più giorni e mantenuta in sede a lungo. Per questo motivo si preferisce somministrare l’ivermectina per via orale. La dose si stabilisce a seconda del peso, ovvero 200 microgrammi pro chilo. Le compresse vanno assunte in un singolo giorno e lo stesso trattamento va ripetuto la settimana seguente. Nei casi più resistenti questo farmaco può essere associato al benzoato di benzile, un prodotto topico, che nei bambini si usa a una concentrazione del 10%, mentre negli adulti del 25%. Va curato anche l’intero contesto familiare e sociale», conclude.

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6 agosto 2025 ( modifica il 6 agosto 2025 | 16:33)