Maestoso, fiero, possente: il Leone Alato di Martalar ha finalmente trovato la sua dimora tra le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, a pochi passi dal Borgo di Fratta, nel comune di Tarzo. Dopo otto monumentali installazioni realizzate tra i boschi del Trentino, Marco Martalar — lo scultore di Roana reso celebre dal suo “Drago Vaia” — firma la sua prima grande opera in terra veneta, scegliendo il simbolo per eccellenza della Serenissima: il Leone di San Marco.

Realizzato con oltre 3.000 pezzi di radici e tronchi spezzati dalla tempesta Vaia, l’imponente scultura è il leone in legno più grande al mondo: oltre 7 metri di altezza e 10 di lunghezza. Un’opera che non è solo una straordinaria impresa artistica, ma un potente messaggio di resilienza e rinascita, forgiato da ciò che la furia della natura aveva distrutto.

Come già accaduto per il celebre Drago Vaia di Lavarone, anche in questo caso Martalar trasforma un evento drammatico in un messaggio potente: “Ciò che era devastazione oggi diventa simbolo di speranza – afferma Martalar –. Il Leone incarna i valori di forza, protezione e giustizia della Serenissima. È un omaggio all’identità veneta, ma anche un richiamo all’equilibrio fragile tra uomo e natura. Il leone alato – continua l’artista – rappresenta la capacità di adattamento alle sfide del presente, come i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità. È un invito a riscoprire il legame profondo con il paesaggio che ci circonda”.

A rendere ancora più forte il legame con il territorio è l’uso dei tralci di vite delle Colline UNESCO, donati dall’Azienda Rebuli di Valdobbiadene, per comporre la scenografica criniera del leone. Un dettaglio che racconta una storia profonda: quella del legame tra le montagne, le colline e la laguna, tra l’antico trasporto del legname verso Venezia e la cultura vinicola che oggi caratterizza il paesaggio collinare.
Il Leone non è solo una scultura, ma un ponte tra passato e futuro.

Commissionata dall’Associazione per il Patrimonio delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, l’opera si inserisce in un progetto più ampio di valorizzazione paesaggistica, culturale e turistica del territorio.
Martalar, ancora una volta, riesce a trasformare la materia viva della montagna in una voce potente. E questo Leone alato — che pare pronto a spiccare il volo — diventa così un grido silenzioso e solenne, che dalle colline si leva alto nel cielo: per ricordare, per ispirare, per proteggere.