Da una parte ci sono gli effetti del graduale abbandono della formula dei gettonisti che ha fatto sì che molti pronto soccorso si reggessero sul contributo di medici esterni forniti da cooperative e pagati cifre esorbitanti. Si tratta di uno stop necessario, a detta di tutti, ma che rischia di causare un buco nero: nei prossimi 3 mesi si esaurirà il 43 per cento dei contratti (secondo una stima di Simeu, società dei medici dell’emergenza urgenza). Non potranno essere rinnovati. «Mancheranno improvvisamente 500-600 medici» dice Alessandro Riccardi, presidente di Simeu, che è comunque favorevole alla fine dei gettonisti. Dall’altra parte c’è il piano del ministro della Salute, Orazio Schillaci, che punta a fare uscire i pronto soccorso dalla dipendenza dei medici esterni. Cosa prevede? Spiegano al Ministero: «Stiamo facendo quello che andava fatto da anni: investire su chi ci lavora davvero, non su chi passa di là per caso. Abbiamo previsto cento milioni in due anni per le indennità di pronto soccorso. Introduciamo la tassazione al 15 per cento invece del 43 per le prestazioni aggiuntive. Gli specializzandi in medicina d’emergenza-urgenza vedranno aumenti del 50 per cento. Stiamo cercando di rendere attrattivo lavorare dove c’è più bisogno».

MOSSE
Il nodo è questo: sono sempre meno i giovani medici che decidono di lavorare nei pronto soccorso perché le prospettive di carriera sono modeste e ci sono pochi margini per svolgere attività privata o intramoenia: dunque si guadagna meno rispetto a colleghi di altre specializzazioni. A questo si aggiunge la doppia spada di Damocle delle aggressioni – che nella maggior parte dei casi avvengono ai danni di medici e degli infermieri dei dipartimenti di emergenza urgenza – e delle denunce da parte dei familiari dei pazienti. Chi lavora in prima linea si trova ad operare in condizioni non semplici per l’afflusso massiccio di pazienti e per le carenze degli organici, ma soprattutto diventa il capro espiatorio quando purtroppo un paziente muore. Per questo, nel disegno di legge delega sulle professioni sanitarie, per quanto riguarda le denunce, è stato previsto lo scudo penale in forma stabile. Già esiste, ma è provvisorio. Il problema è che il provvedimento, all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri di lunedì scorso, è slittato e se ne riparlerà nella migliore delle ipotesi alla fine del mese. Ieri Schillaci spiegava: «Troveremo un accordo. Qualcuno ha pensato che la misura possa sembrare impopolare». Andrà comunque precisato meglio il confine dello scudo penale, cosa sia negligenza, cosa colpa grave.

Secondo Schillaci, che ne ha parlato anche nel corso del question time alla Camera, per superare la dipendenza dai gettonisti e migliorare la situazione dei pronto soccorso, bisogna anche valorizzare il ruolo degli specializzandi: «Coloro che scelgono le discipline critiche già dal prossimo anno accademico vedranno aumenti importanti. Dal 2025 gli infermieri pagano solo il 5 per cento di tasse sugli straordinari. Abbiamo aumentato le indennità di specificità medica e non. Sono scelte. Preferiamo investire su chi resta nel Servizio sanitario nazionale. La nostra visione non è quella di medici che lavorano contemporaneamente in tre ospedali diversi, che magari non conoscono i protocolli delle strutture, che costano il doppio o più di un dipendente strutturato. Da parte nostra c’è l’impegno verso una direzione molto chiara: sostenere il servizio pubblico e non le cooperative private».

CRITICITÀ
Nelle fila dell’opposizione, però, non tutti sono convinti che la cessazione dei contratti dei gettonisti sarà indolore come dice Schillaci. Lo sostiene ad esempio Davide Faraone, vicepresidente di Italia Viva, che avverte: «Noi siamo a favore della cancellazione, ma anche della gestione della riforma dei medici gettonisti. Si deduce che Orazio Schillaci è del tutto all’oscuro dei problemi che affliggono i pronto soccorso italiani: evidentemente invece che negli ospedali vive rintanato nel ministero. Rispetto ai fabbisogni del sistema sanitario mancano 60mila infermieri e 15mila medici. In una simile condizione di emergenza, il 31 luglio, quando medici e infermieri sono in vacanza e la pressione sugli ospedali aumenta per le presenze turistiche, il ministro ha improvvisamente deciso di far mancare l’apporto dei gettonisti. E senza offrire un’alternativa. La riforma è sacrosanta, ma la transizione doveva essere gestita in modo diverso. Così si danneggiano medici, infermieri e, soprattutto, i pazienti, che spesso vedono pregiudicata la possibilità di essere curati». Simeu nei giorni scorsi ha messo in fila alcuni dati: il 18 per cento delle carenze di organico nei pronto soccorso è coperto con medici provenienti da cooperative e in alcune strutture i “medici a gettone” «arrivano a coprire oltre il 60 per cento dei turni».


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