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“Una donna deve avere una sua occupazione e non dipendere dal marito”, dice Nonna Addams mentre Mercoledì sorride per la prima volta nella seconda stagione. Siamo ormai alla quarta puntata: le è appena stato regalato un cimitero.

La stagione 2 di Mercoledì

È difficile riassumere la trama della prima parte della stagione 2 di Mercoledì, la serie in lingua inglese più di successo su Netflix, co-diretta da Tim Burton e con Jenna Ortega nei panni della primogenita della Famiglia Addams. Da mercoledì (come poteva essere altrimenti?) sono disponibili i primi quattro episodi, mentre i restanti quattro arriveranno il prossimo 6 settembre. Come dicevo, è difficile fare un riassunto degli eventi, ma in parte queste nuove puntate sono il racconto di una guerra tra donne, il lato più brillante, autoritario e carismatico della Famiglia. Nonna Addams (Joanna Lumley) è l’ex studentessa del liceo per reietti Nevermore più ricca, fondatrice di un’agenzia di pompe funebri. Mercoledì, una bambina prodigio, è la solita eroina recalcitrante. “Gioco sporco e non combatto mai realmente – dice nella scena migliore – sto solo dalla mia parte e vi condurrei solo giù per un dirupo”, ma poi finisce per ficcarsi nei guai nel tentativo di proteggere un’amica. Morticia Addams (Catherine Zeta-Jones) viene ad abitare con il marito Gomez nel campus scolastico. La sua presenza è benzina sul fuoco, entrando in conflitto sia con Mercoledì, sia con Nonna Addams.

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Netflix

Di che parla Mercoledì

A monte delle rivalità tra mamma e figlia c’è il solito hobby di Mercoledì: dare la caccia ai serial killer. Per questo, finisce per abusare dei suoi poteri di veggenza, reagendo con quello che chiama “glitch psichico” (la cosa più Gen Z che abbia mai detto una che non ha lo smartphone), cioè sgorgando lacrime nere seguite da una crisi. Questi inquietanti episodi non sono una novità: lo stesso succedeva anche alla zia Ophelia, scomparsa ormai da 20 anni, ma i dettagli della sua storia sono custoditi gelosamente da Morticia. Torneranno alla luce quando una serie di delitti sembra legare l’operato dell’assassino al passato degli Addams. Mercoledì, priva dei suoi poteri, dovrà risolvere il caso alla vecchia maniera.

Qui sopra c’è un tentativo di sintesi spinto, con il quale ho provato a isolare la direzione principale di una trama molto intrecciata. C’è tanta carne al fuoco in Mercoledì 2 e sembra che la serie abbia subito quello che, non senza una certa apprensione, chiamerò trattamentoStranger Things, con cui gli sceneggiatori si occupano di nutrire il fandom di ogni personaggio con conseguente proliferazione di storyline e, ahimé, difetto di sintesi. Aggiungeteci pure che la seconda è già una stagione piena di novità: a più o meno tutte le vecchie conoscenze, si aggiunge la presenza permanente di tutti i membri della Famiglia nel campus, compreso il più piccolo, Pugsley, che va dritto a occupare il gradino più basso della gerarchia sociale della Nevermore. In un mash-up di quotidianità scolastica e detective-story che si sviluppa anche fuori dalle mura dell’istituto, facciamo la conoscenza con i professori Orloff (Christopher Lloyd) e Capri (Billie Piper), con la nuova sceriffa Santiago (Luyanda Unati Lewis-Nyawo), con la psichiatra che cura i reietti dottoressa Fairburn (Thandiwe Newton) e con una fan molesta di Mercoledì, Agnes (Evie Templeton). L’aggiunta migliore? Non è tra queste. Merita un capitolo a parte.

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Netflix

La migliore aggiunta della seconda stagione

Si tratta del nuovo preside, Barry Dort, interpretato da Steve Buscemi. Con il suo look ispirato a Edgar Allan Poe, l’ex studente più prestigioso della scuola, rivela fin dalla prima scena cosa ha in serbo per la Nevermore: “Riportarla all’antico splendore”, dice. Sì, ricorda proprio lo slogan “make America great again”, ma i riferimenti a quello lì non si esauriscono alle parole: ad esempio, Dort esegue un ridicolo balletto durante un discorso agli studenti, che nell’universo narrativo del film, siamo sicuri, qualcuno avrà sicuramente memato. Alla Pira del Fondatore, una vecchia tradizione dell’Accademia che decide di rispolverare, balla sulle note di Dancing in the Dark di Bruce Springsteen: il patetico tentativo di piacere agli studenti con il daddy rock è un’altra chiave per capire questo personaggio untuoso e, quando lo si contraddice, spietato. I suoi slogan sottintendono un’inversione politica rispetto alla linea di integrazione dell’ex preside Larissa Weems (Gwendoline Christie), che invece cercava una pacifica convivenza tra i reietti ospitati alla Nevermore e le persone senza poteri. “Outcast pride” e “outcast can do”, alludono invece a una linea completamente opposta, un conservatorismo che stranamente attecchisce proprio in quelle minoranze che tendiamo a immaginare più progressiste.

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HELEN SLOAN SMPSP//Netflix

Tim Burton e Mercoledì

Burton dirige due puntate di Mercoledì: la prima e la quarta. Sono quelle con più ciccia. Non sappiamo come se la sarebbero cavata gli altri filmmaker, ma il regista di Edward Mani di Forbice ci consegna un paio di sequenze davvero straordinarie. In una si auto-cita con un riferimento al suo primo cortometraggio in stop-motion, Vincent. Ma la sequenza migliore è proprio alla fine della prima puntata: quando Mercoledì, che Barry vuole arruolare alla sua causa, ne smaschera la retorica, passando, diciamo, all’opposizione, ma trascinandosi dietro un conflitto irrisolto: come può un capo politico essere socialmente incompatibile? È un discorso interessante, ma che purtroppo rimane appeso, almeno per il momento. Nel frattempo, Mercoledì 2 si è persa nell’inventare un conflitto per ognuno dei personaggi: Bianca, l’ex reginetta delle Sirene; Enid, alle prese con le sue fantasie di affermazione scolastica; Mano, tra due fuochi; Tyler, il mostro della prima stagione; Marilyn, l’ex professoressa interpretata da Christina Ricci. È il Manuale Cencelli del fandom: va bene, ce n’è per tutti, ma sarebbe un peccato se restassero fuori campo i riferimenti all’attualità e gli sviluppi più interessanti. Come vedete, abbiamo parlato al condizionale: mancano ancora quattro puntate, incrociamo le dita.

Headshot of Giuseppe Giordano

Guardo film e gioco a videogiochi, da un certo punto della vita in poi ho iniziato anche a scriverne. Mi affascinano gli angolini sperduti di internet, la grafica dei primi videogiochi in 3D e le immagini che ricadono sotto l’ombrello per nulla definito della dicitura aesthetic, rispetto alle quali porto avanti un’attività di catalogazione compulsiva che ha come punto d’arrivo alcuni profili Instagram. La serie TV con l’estetica migliore (e quella migliore in assoluto) è comunque X-Files, che non ho mai finito per non concepire il pensiero “non esistono altre puntate di X-Files da vedere per il resto della mia vita”. Stessa cosa con Evangelion (il manga).