Hanno fatto discutere le parole dell’europarlamentare di Forza Italia ed ex sindaco di Verona Flavio, il quale ha sostenuto che il Veneto dovrebbe ispirarsi alla Lombardia per la gestione del sistema sanitario, indicando quel modello come «virtuoso». Frasi che hanno trovato dure reazioni, ma anche più moderate, seppur non esattamente in linea con l’esponente di FI.

Albertini: «Tosi ripassi i principi della riforma Anselmi»

«Ritengo sconcertanti le parole di Flavio Tosi che in una recente intervista ha indicato per la sanità del Veneto il modello lombardo». Questa la reazione di Alessio Albertini, sindaco di Belfiore e vicesegretario del Partito Democratico di Verona, in merito alla convinzione dell’europarlamentare, secondo cui la futura giunta veneta avrà in campo sanitario una visione ritenuta più liberale.

«Finalmente il centrodestra getta la maschera – ha detto Albertini -. Dopo anni di smantellamento sistematico del sistema sanitario pubblico in Veneto, iniziato proprio quando Tosi era assessore regionale alla sanità, ora viene dichiarato apertamente l’obiettivo. Ricordo a Tosi che il Veneto è la regione di Tina Anselmi, veneta orgogliosa di esserlo, che ha dato i natali alla legge istitutiva del Sistema Sanitario nazionale, per la tutela universale della salute di tutti. Forse prima di proporre soluzioni fantasiose farebbe meglio a ripassare i quattro principi cardine di quella grande riforma: globalità delle prestazioni, universalità dei destinatari, eguaglianza del trattamento, rispetto della dignità e della libertà della persona».

Albertini non ritiene che la Lombardia sia il modello da seguire, evidenziando come durante il Covid la regione si sia rivelata «sguarnita nei servizi territoriali, priva di assistenza domiciliare pubblica, una regione non in grado di fronteggiare la pandemia e di proteggere tutti i suoi cittadini».
Il modello veneto viene ritenuto quello da seguire. Indicando la necessità di riformarlo, aggiornarlo e prevedendo una compartecipazione di pubblico e privato, ma «non certo snaturandolo».

«Il modello veneto – ha proseguito il vicesegretario del PD di Verona – invidiato in tutta Italia, è sempre stato quello dell’integrazione tra sociale e sanitario, dei servizi territoriali diffusi. Questo è il modello da seguire, anche prevedendo una sana compartecipazione tra pubblico e privato, ma lasciando il controllo dei livelli di prestazione saldamente in mano della Regione. Non può essere che il privato scelga di fornire i servizi più redditizi e lasci al pubblico le prestazioni economicamente meno vantaggiose».

Viene evidenziato dall’esponente dem che nelle classifiche dei livelli essenziali di assistenza la Lombardia non è tra le regioni migliori. Inoltre i conti della sanità lombarda non sarebbero particolarmente positivi, anche rispetto a Toscana Veneto e Emilia Romagna. Necessaria una riforma, specifica Albertini, ma che vada nella direzione di recuperare appieno un servizio sanitario pubblico e universale.

«In una Regione che vuole essere all’avanguardia – ha sottolineato il primo cittadino di Belfiore – non può esistere un solo cittadino costretto a chiedersi se può permettersi un esame diagnostico o una cura. Ed invece, oggi, nel 2025, almeno il 7% dei veneti rinuncia alle cure per motivi economici». 
Albertini conclude richiando le parole di Tina Anselmi, secondo cui “per fare le riforme c’è bisogno dell’adesione degli operatori. Se gli operatori sono contro, le grandi riforme che scavano nella vita sociale del Paese non camminano. Non potranno mai camminare”.
«Se si vuole migliorare la sanità veneta occorre iniziare dal coinvolgimento libero delle professioni che lavorano nella sanità, medici, infermieri, operatori, rompendo quel clima di oppressione e intimidazione che da troppi anni attanaglia tutti coloro che lavorano nella sanità pubblica in questa Regione. Magari ponendo maggiore attenzione al tema del trattamento economico, anche per frenare l’esodo incessante di personale verso il privato».

Pasetto: «La svolta è il sistema sanitario misto»

Tra Tosi e Albertini si inserisce Areal Liberal, guidata dal presidente Giorgio Pasetto, la quale propone la propria visione, indicandola come un’alternativa concreta e pragmatica a un dibattito «che, se lasciato all’ideologia, rischia di bloccare ogni riforma seria del sistema sanitario».

«La nostra idea di sanità parte da un principio semplice – spiega Giorgio Pasetto con una nota diffusa -: l’accesso alle cure deve essere un diritto garantito a tutti, ma ciò non significa che il sistema debba rimanere prigioniero di inefficienze e rigidità».
Da Area Liberal proseguono sostenendo che «la vera svolta sarebbe un modello sanitario misto, in cui: il sistema pubblico continui a garantire i livelli essenziali di assistenza; il privato convenzionato sia messo nelle condizioni di integrare efficacemente l’offerta, in modo trasparente e regolato; il sistema assicurativo, attraverso polizze sanitarie integrative a costi calmierati e accessibili anche ai redditi medio-bassi, offra un ulteriore strumento di tutela per i cittadini.
Non si tratta di smantellare il pubblico, come qualcuno vorrebbe far credere, ma di rafforzarlo, liberandolo da sovraccarichi impropri e costruendo un ecosistema sanitario più efficiente, moderno e sostenibile».

«Chi oggi parla solo a favore del pubblico o solo del privato convenzionato, senza proporre soluzioni reali e innovative, finisce per favorire chi può permettersi cure all’estero o in cliniche di lusso, lasciando indietro chi ha bisogno di risposte concrete». Insiste Pasetto, che va avanti: «La sanità ha bisogno di investimenti, certo, ma anche di visione, innovazione e responsabilità. Serve un confronto aperto, non ideologico, su come costruire un sistema integrato in cui pubblico e privato lavorino insieme per il bene comune, non per interessi di parte.
Area Liberal è pronta a portare avanti questa proposta in ogni sede politica e istituzionale, dialogando con tutti coloro che credono che il diritto alla salute si garantisca con i fatti, non con gli slogan», ha poi concluso.