I cartelli gialli di svuota cantine e traslochi a prezzi “stracciati” (150 euro) disseminati un po’ ovunque a Roma. Dietro, però, c’era un’organizzazione che si occupava del trasporto illegale e dello smaltimento degli stessi. Il 31 luglio è scattata l’operazione “Yellow trash remove” della polizia locale. Nove gli indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di traffico illecito di rifiuti (speciali, pericolosi e non) recuperati da terze persone. Sono stati sequestrati cinque autocarri utilizzati per il trasporto abusivo dei rifiuti, con quest’ultimi depositati e gestiti in un due aree, dove sono stati apposti ulteriori sigilli.

L’operazione “Yellow trash remove”

Tutto ha inizio un anno fa, con le indagini condotte dal Nucleo ambiente decoro dei caschi bianchi. Nel mirino, grazie anche alle segnalazioni dei cittadini, i cartelli “gialli” abusivi e adesivi apposti su pali e segnali stradali. Cartelli che pubblicizzavano attività di svuota cantine, trasporto e smaltimento (illecito) di rifiuti. Una “vetrina” che serviva per accaparrarsi i clienti. In questa fase degli accertamenti, i vigili hanno individuato due attività, connesse tra loro, con a capo un italiano di 45 anni titolare di una ditta individuale di “svuota cantine” e traslochi e a un cittadino straniero, titolare invece di una ditta di svuota cantine.

L’organizzazione sul traffico illecito di rifiuti

Le verifiche, così, si son pian piano allargate a macchia d’olio, cristallizzando il quadro della situazione, mostrando i ruoli ricoperti in quella che era una vera e propria struttura piramidale. Al vertice c’era L.R. della ditta di trasporti e facchinaggi, con il contributo dei propri dipendenti e del titolare dell’altra impresa con sede a Roma e attivo, anche lui, nel settore degli svuota-cantine. I caschi bianchi, pertanto, hanno scoperto l’utilizzo di due terreni annessi ai siti aziendali, con immobili e aree circostanti, nella zona Tiburtina/Rebibbia. Sull’area, secondo quanto appreso, sono state accatastate notevoli quantità di rifiuti che non riuscivano a smaltire, sempre in maniera illegale. Una parte che poteva essere riutilizzata e commercializzata per trarne profitto, tipo i metalli, veniva selezionata dai rifiuti. La parte restante, di contro, è stata abbandonata un po’ ovunque, anche nei cassonetti.

Un sistema illegale e redditizio

Non solo. I caschi bianchi hanno documentato le operazioni di raccolta e trasporto dei materiali tramite mezzi aziendali ma in assenza delle iscrizioni all’albo nazionale gestori ambientale, con la realizzazione di depositi abusivi di rifiuti, a cui si è aggiunta l’omessa adozione dei presidi ambientali necessari e prescritti ai sensi della legge regionale sulla tutela delle acque. Un sistema illegale, che ha permesso agli indagati di intascare importanti profitti. Di questi, una parte era costituita dai corrispettivi economici ricevuti dai clienti per il prelievo dei rifiuti (in assenza di una tracciabilità ambientale che fiscale); l’altra derivava dal risparmio dei costi che avrebbero dovuto sostenere per l’esercizio, regolare, delle attività di raccolta, trasporto e gestione dei rifiuti, nonché per l’adeguamento a livello di legge delle strutture aziendali.

Il risparmio e la concorrenza sleale

Con questo piano messo in atto, è stato appurato un considerevole risparmio, legato alla pubblicità abusiva delle attività proposte insieme alle spese non sostenute per il regolare smaltimento dei rifiuti. In tal modo, il titolare dell’impresa di traslochi e smaltimenti ha offerto un campionario vantaggioso alla possibile clientela, rispetto alle altre aziende del settore. Una concorrenza sleale che lo ha portato a occupare importanti spazi di mercato.

I sequestri

Al termine degli accertamenti, eseguite dal personale di polizia locale del  Nad, dello Spe (Sicurezza pubblica ed emergenziale) e del nucleo di polizia giudiziaria del comando generale, sono scattati i sequestri che hanno riguardato cinque autocarri, utilizzati per la raccolta e il trasporto illecito di rifiuti, con i rispettivi carichi di rifiuti; due terreni di circa mille metri quadrati;  attrezzature aziendali. Inoltre, sono stati sequestrati rifiuti urbani e speciali, pericolosi e non, come apparecchiature elettriche ed elettroniche ma anche materiali recuperati da arredi demoliti. Il mix veniva ammassato su terreni privi di pavimentazione, con il rischio di contaminazione ambientale e di innesco di incendi.