Dopo Tyranny, Virtue, e Like All Before You del 2024, ecco di nuovo in pista i Voidz di Julian Casablancas, il progetto del leader degli Strokes, con i chitarristi Beardo e Amir Yaghami, il batterista Alex Cawrapetis, il tastierista Jeff Kite e il bassista Jake Bercovici, con il nuovo EP MęĞż øF rÅm, aka Megz of Ram, prodotto da Chris Tabron, già collaboratore di Beyoncé e Die Antwoord.
L’EP è composto da 4 tracce registrate nello stesso scantinato dell’East Village dove è nato Is This It, il primo album dei The Strokes. L’EP esplora quel mix tra rock (specialmente Russian Coney Island in stile Strokes) e musica elettronica e sperimentale, un’altalena sonora – immersa ancora più a fondo nell’insolito e nel sublime – di texture synth glitchate, riff di chitarra taglienti e ritmi che cambiano senza preavviso, il tutto tenuto insieme dalla voce inconfondibile di Julian Casablancas. È punk, è noise futuristico, è pop distorto, tutto in chiave Voidz.
Abbiamo colto l’occasione per far due chiacchiere con Casablancas, prima del concerto della band previsto per il 9 agosto in Sicilia a Ypsigrock.
Quando a marzo avete presentato il nuovo singolo Blue Demon al Late Show di Stephen Colbert, la CBS vi ha censurato alcune frasi, compresa l’uso della parola Intifada.
Si, nella canzone ci sono riferimenti al conflitto israeliano palestinese, passaggi tipo “We fight each other like two brothers / Father forgive me, intifada / Too many babies dead like their mothers” (combattiamo come due fratelli / padre perdonami, intifada / troppi bambini morti come le loro madri, ndt). Mi han censurato la parola Intifada è una parola araba che indica un movimento di resistenza, utilizzato per riferirsi a precedenti rivolte contro il controllo israeliano in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza….
Secondo te, c’è ancora bisogno di musica politica?
Penso che tutta l’arte sia di natura politica, come la filosofia. Trovo che la cultura mainstream sia intellettualmente carente. La mia posizione politica è piuttosto semplice, credo che l’umanità dovrebbe essere contro l’agenda dei miliardari, a cui si aggrappano anche i parassiti più ignoranti. Si dice che l’ignoranza sia beatitudine, io penso invece che l’ignoranza arbitraria sia un sentimento egoista, l’ignoranza permette che vengano fatti danni a persone che non hanno scelta. L’ignoranza è negativa e pericolosa, ma questo non significa che chiunque non sappia nulla debba iniziare a parlare di politica. Sto cercando di semplificare il discorso, ma il problema è che le soluzioni sono complesse e le persone che hanno imparato a sfruttare la psicologia umana hanno sempre a portata di mano argomenti semplici che batteranno sempre gli argomenti complicati.
Qual è l’obiettivo finale?
Per me l’obiettivo finale sarebbe di rovesciare i signori del potere, una volta per tutte. Perché alla fine, anche quando pensiamo di essercene sbarazzati, ritornano sotto altre forme. Quindi dobbiamo cercare di risolvere i problemi in modo semplice. Ed è proprio questo il problema con cui stiamo lottando in questo momento, di fronte a queste onde gigantesche che si abbattono su di noi dalle macchine di propaganda politica dei miliardari. Ecco perché penso sempre che la comprensione sia un messaggio migliore dell’amore, perché quando capisci davvero le altre persone, in qualche modo è come amare. Ma se dici solo amore, le persone si confondono. Penso che l’immaginazione sia importante, come l’amare tutti, senza bisogno di aspettarsi qualcosa in cambio. Credo sia quello di cui ha bisogno il mondo.
Raccontaci perché hai preferito lasciare indietro gli Strokes a favore dei Voidz.
Quando ho iniziato a fare musica, ad appassionarmi ai sogni e alla visione che avevo, avevo un’idea ben precisa su come volevo che le cose avrebbero dovuto evolversi. Il mio percorso con gli Strokes è diventato qualcosa di diverso da quello che mi ha attratto inizialmente alla musica, eravamo diventati una band come tante, tipo Bon Jovi e Green Day, saremmo potuti andare avanti fino all’infinito, eravamo entrati in un meccanismo che ci faceva stare insieme solo per una questione economica, delegando la creatività della band in secondo piano. Così sono giunto alla conclusione che il modo in cui volevo svilupparmi non era quello. C’è una bellissima citazione di Miles Davis che dice: “Il vero rischio è non cambiare”. Ecco perché voglio sentirmi sempre come se fossi alla ricerca di qualcosa di inesplorato. Se guadagno soldi va bene, ma non voglio rimanere fermo, non cerco sicurezza, né lo status quo. Se qualcuno vuole continuare a creare, deve essere pronto al cambiamento. Anche se significa la morte di qualcosa a cui teneva moltissimo.
Cosa ti ha spinto a far musica?
Con la tipica angoscia adolescenziale che spinge a chiedersi: “Oh cazzo…devo scegliere una carriera e capire cosa cazzo voglio fare della mia cazzo di vita”. Dopo aver visto le opzioni offerte dal mondo, ho pensato che forse potevo avere del talento musicale. Il merito va dato a Sam Adoquei, mio patrigno, che mi ha sempre inondato di musica. Mi ha fatto scoprire i Doors, ad esempio, e ascoltandoli ho capito che avrei potuto diventare musicista anche senza aver mai suonato uno strumento.
Nessun strumento?
Suono un po’ il pianoforte, come faceva mia madre, quindi posso sempre fingere di saper suonare. Ma il mio vero talento è la comprensione profonda della musica. Amo tutte le forme d’arte che mi emozionano, come una bella poesia, un film, o la recitazione di attori come Marlon Brando, James Dean e Marilyn Monroe che avevano una certa aurea di insoddisfazione. Sono attori che mi hanno anche ispirato filosoficamente. Ma fra tutte le arti, è la musica che mi dà le emozioni più forti, quindi per me ha un grandissimo potere. Voglio vivere in un multiverso sonico in continua mutazione.
Se la tua missione è sempre stata quella di fare musica creando qualcosa capace di andare oltre i limiti in termini di gioia, libertà, impegno e cose del genere… cosa ne pensi della musica di oggi?
Proprio l’altro giorno pensavo alla musica pop, che per forza di cose deve essere letterale, e quindi sempre diretta. Credo anche che l’arte, o la vera arte, comunque la si voglia chiamare, raramente sia così. Anzi, è stratificata, ha significati diversi e ispira idee nuove, che potrebbero diventare le idee mainstream di domani. Quindi per me la musica pop non è tecnicamente arte. È moda, intrattenimento, può essere divertente, ma non mi ispira nessun pensiero filosofico, non mi fa venir voglia di creare nulla. Nel mondo musicale di oggi, la macchina mainstream divora la verità. La musica pop è così pervasiva che la maggior parte delle volte la detesto, perché ti viene sempre imboccata, mentre le cose buone te le devi davvero scoprire.
In che senso?
Nel senso che Internet avrebbe potuto/dovuto far aumentare la qualità del gusto musicale delle masse, perché è facilissimo cercare e trovare qualsiasi tipo di musica dal mondo, e invece… non è andata così, anzi. Pensiamo a Spotify a cui interessa solo generare energia dalla Top 10. Troppo scientifico. Troppo lucrativo. Quindi fanculo il mainstream, fanculo la popolarità, fanculo il pop, non mi interessano. Mi piacerebbe vivere in un’epoca in cui la musica più artistica potesse essere più popolare. Penso che ci siano (stati) pochi momenti nella società e nella cultura in generale, in cui qualcosa di molto potente dal punto di vista artistico sia diventato coscienza mainstream, e quelli sono stati i momenti migliori, i più grandi – come è successo Thriller, per Star Wars. Un po’quello che tutti noi pensavamo sarebbe potuto diventare Obama. Quindi questo è l’obiettivo, una coscienza musicale di qualità, come quella di cent’anni fa, dove i musicisti partivano dal presupposto che la qualità era necessaria per vivere bene, non come ora che viviamo sotto l’egemonia di un modello di business capitalistico che ha distrutto questo concetto. Ora non c’è più bisogno di qualità.. in nessun aspetto della vita! La cultura mainstream sta semplificando tutto per il guadagnare mentre qualità e felicità sono diventati valori secondari. Penso che la musica pop rifletta questi piccoli e insignificanti valori.
Facciamo un po’ un punto sulle tue ispirazioni.
Musicalmente parlando, da giovane le ispirazioni erano David LeeRoth, Guns N’ Roses, (Slash è è il mio chitarrista preferito), Lou Reed, Bob Marley. Per MęĞż øF rÅm posso dirti che ci sono canzoni che mi hanno ispirato a fare quello che ho fatto. Poi le canzoni hanno seguito il loro percorso, erano li, per noi, da decorare con i nostri pensieri. Non scrivo solo per il pubblico, ma anche per me stesso, per crescere, per scoprire e sorprendermi allo stesso tempo.
Ma qual è stato il primo concerto come pubblico?
I Dinosaur Jr., che non erano la mia band preferita ma un amico mi invitò e li amai. Però la prima volta che sono andato a un concerto in cui volevo vedere davvero una band è stato probabilmente per i Weezer. Adoravo anche Pearl Jam e Nirvana, ma non ho mai avuto la possibilità di comprare i biglietti perché costavano troppo.
Che cosa ascolti adesso?
Questa settimana ho ascoltato molto i Black Sabbath, il loro ultimo album è stupendo. Non è una novità, ma Ozzy era unico, era quello che era, parlava di politica ed era innovativo. È uno degli artisti che ho sempre ammirato: la sua musica era dark, aggressiva, artisticamente incredibile. Quindi ultimamente lo ascolto molto. Quando sono a casa, ascolto la radio FM, ma evitando rigorosamente le radio commerciali. Mi piacciono molto J.J. Cale, le City Girls e una band canadese, i Crack Cloud. Sono anche un grande fan di YouTube, dove creo playlist che poi mi ascolto quando vado in giro in bicicletta.
So che sei un musicista che adora le colonne sonore.
Ninja Scroll, Belli e dannati di Van Sans, L’ultimo dei Mohicani, Annientamento, per citarne alcune. E ultimamente anche Love Lies Bleeding di Rose Glass e Longlegs di Oz Perkins con Nicholas Cage.
Avete suonato a Bologna qualche settimana fa, mentre questo weekend arrivate n Sicilia.
Credo per merito o colpa del promoter, che credo sia lo stesso di Bologna col quale abbiamo avuto un buon rapporto. A Bologna, lo show è stato fantastico: la gente, il cibo, tutto molto divertente, una città molto bella. Non vedo l’ora di scoprire la Sicilia!