È la pala del riscatto, uno sforzo catartico per conquistare la salvezza eterna, al termine di una vita a dir poco complessa. Giovanni Angelo Stella, di umili origini, si era conquistato il titolo di Capitano delle barche del Consiglio dei Dieci, ruolo chiave negli apparati di sicurezza della Serenissima. Violenza, incarcerazioni, omicidi: tutto conobbe in vita. Ma al volgere del tramonto, la prospettiva era cambiata. E conquistare un posto in paradiso era diventata la sua ossessione. Serviva però puntare in alto, molto in alto. E chi meglio di Tiziano, con la sua arte sublime, avrebbe potuto attivare la catarsi? Nasce così la pala “Tobiolo e l’Angelo Raffaele”, recentemente restaurata, oggi conservata nella chiesa della Madonna dell’Orto a Venezia.
Il soggetto è biblico: il volto di Tobiolo è proteso all’insù, verso l’arcangelo Raffaele che regge in mano una boccetta di unguento. Tobiolo è stato mandato dal padre Tobi, ormai cieco, a recuperare un credito in una città lontana. Un viaggio lungo e pericoloso. Per questo Dio invia l’arcangelo: sarà lui ad accompagnare, e a proteggere, Tobiolo. Poco più in fondo, un uomo implorante, inginocchiato in preghiera e baciato da un fascio di luce. Proprio in questa figura, solo apparentemente secondaria, si cela il mistero, e l’irresistibile fascino, di “Tobiolo e l’Angelo Raffaele”.
INTERVENTO
Dipinta intorno al 1540 per l’altare dell’Angelo Raffaele nella chiesa veneziana di San Marziale, la pala di Tiziano si trova oggi alla Madonna dell’Orto. Il restauro è stato appena completato grazie a Save Venice (e con il contributo di Donna Malin), organizzazione non profit statunitense che si occupa di proteggere il patrimonio culturale veneziano raccogliendo fondi per restaurare monumenti e opere d’arte. L’intervento ha restituito nuova luce al capolavoro tizianesco, svelando al contempo significative novità sulla genesi e l’elaborazione del dipinto.
«Inizialmente era stato realizzato un semplice intervento di manutenzione, per preparare la pala alla mostra “Tiziano 1508” allestita alle Gallerie dell’Accademia lo scorso anno, dove era stata accostata all’opera omonima, anch’essa tizianesca, della collezione dell’Accademia», racconta Gabriele Matino, storico dell’arte e senior researcher di Save Venice.
Le radiografie e le riflettografie all’infrarosso, condotte durante il restauro, hanno rivelato il disegno sottostante e significative modifiche iconografiche intervenute durante l’esecuzione. Tiziano, infatti, rielaborò la composizione inizialmente basata su un cartone già utilizzato per l’altra opera: quella dipinta per la chiesa di Santa Caterina, e oggi custodita alle Gallerie dell’Accademia. Tra le principali variazioni vi è proprio l’inserimento, sullo sfondo, della figura di Tobi nell’atto di ricevere la grazia divina. Un’integrazione che oggi può essere meglio compresa alla luce di nuovi documenti rinvenuti da Gabriele Matino, che ha consultato diverse fonti, da cronachisti del Cinquecento e all’Archivio di Stato di Venezia.
RISCATTO
«Dal testamento spiega Matino emerge la forte necessità di redenzione che Stella avvertiva. E osservando il dipinto, si capisce che quello di Tiziano è un unicum rispetto all’iconografia tradizionale». Dettagli, ma pregni di significato. «Di solito, l’angelo tiene per mano Tobiolo indicando la strada. Questa è l’iconografia dell’opera delle Galleria dell’Accademia. Nel caso della Madonna dell’Orto, invece, l’angelo non indica la via ma tiene un vasetto di unguento in mano. E sullo sfondo c’è una figura inginocchiata che, a tutti gli effetti, sembra ricevere la Grazia, rappresentata dal fascio di luce che scende dal cielo». Numerose interpretazioni di questa misteriosa figura si sono susseguite nel tempo: un santo anacoreta, un san Giovanni Battista… Ma l’interpretazione corretta, secondo i recenti studi, porta all’identificazione di quella sagoma con Tobi, il padre di Tobiolo. «La Bibbia spiega Matino ci racconta che Tobi era cieco, e verrà graziato ricevendo la vista solo alla fine del viaggio del figlio Tobiolo. L’anziano padre verrà cosparso dell’unguento recuperato da un pesce, ritratto in primo piano a destra».
L’INCARICO
Insomma, la grazia divina ottenuta per intercessione dell’angelo riconduce idealmente alla vicenda di Giovanni Angelo Stella. Diversi elementi convergono in questa direzione, pur in assenza di un documento esplicito di committenza. Stella figura, infatti, come proprietario dell’altare dell’Angelo Raffaele lo stesso dove si trovava originariamente la pala, nella chiesa di San Marziale e dove egli fu infine sepolto. Unendo i punti: il titolo dell’altare, la sua funzione funeraria e l’identificazione onomastica sembrano costituire indizi convincenti della sua diretta committenza. «Letta in questa chiave commenta Matino l’opera di Tiziano non si configura dunque soltanto come un’immagine devozionale, ma anche come una preghiera profondamente personale di grazia e perdono, talmente intima da spingere l’artista ad abbandonare i modelli iconografici tradizionali per dar forma a una composizione di straordinaria originalità».
APPUNTAMENTI
La vicenda biografica di Giovanni Angelo Stella sarà ricostruita nei prossimi mesi da Matino sulle pagine di Studi Tizianeschi, la rivista scientifica della Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore. Ma già domani, alle 18, al museo civico di palazzo Fulcis a Belluno, si terrà una presentazione del restauro, preceduta alle 17 dalla visita guidata con Carlo Cavalli al Museo di Palazzo Fulcis. Interverranno Melissa Conn, Gabriele Matino di Save Venice e le restauratrici Enrica Colombini ed Elisa Galante (che hanno operato d’intesa con la supervisione della Soprintendenza e con la Curia veneziana, quest’ultima proprietaria della pala). Tutto questo, nell’ambito dell’estate Tizianesca, che sabato 9 alle 18 vedrà Enrico Maria Dal Pozzolo, tra i più importanti studiosi d’arte rinascimentale, raccontare la sua interpretazione di una Madonna con Bambino che a seguito di approfondite ricerche si attribuisce a Tiziano (pur con integrazioni in una fase successiva).
Insomma, l’artista nato a Pieve di Cadore non smette di incantare, tra colori, soggetti e misteri. E a parlare di un’intera epoca, attraverso protagonisti più o meno santi. E che talvolta, nella sua arte, cercano un viatico per la salvezza eterna.