Report di Maurizio ‘morrizz’ Borghi
Foto di Riccardo Plata

Uno degli ultimi appuntamenti della ‘metalcore summer’ è per gli ultimi giorni di luglio, in cui i Crystal Lake arrivano dalle nostre parti dopo una lunga assenza che si protrae dal lontano novembre 2019, anno in cui fecero da headliner nel carrozzone metalcore “Never Say Die Tour”.
Questa run estiva di venticinque date in meno di un mese è, come spesso accade, un misto di apparizioni ai festival e date da headliner, che nei primi giorni (compreso l’appuntamento di Milano) vede affiancarsi ai giapponesi due band dal sound molto diverso come Resolve ed Heriot: i primi dediti ad una frangia molto melodica del metalcore ed i secondi con un sound pesantissimo e non troppo classificabile.
E’ ben noto come lo Slaughter sia sprovvisto di aria condizionata, ma il meteo sembra particolarmente clemente questo mercoledì, regalando una fresca serata con poco più di venti gradi, che andrà a mitigare le temperature all’interno del locale.
Un bel numero di accorsi per questo bel pacchetto conferma come l’interesse per il genere, pur restando numericamente lontano dai numeri di UK ed Europa continentale, stia lentamente crescendo anche dalle nostre parti.

Per motivazioni lavorative non riusciamo ad essere presenti alla performance degli AS WE STRAY, band milanese che ha aperto come unico gruppo locale visto l’abbandono dei padovani COMPLAIN.
Alle 20:30 attaccano puntualissimi gli HERIOT: la formazione britannica è interamente under 30, e con il debutto discografico “Devoured By The Mouth Of Hell”, che ha creato un bel rumore intorno a loro, siamo curiosi di vedere come se la passano sei mesi dopo l’apparizione italica in compagnia dei Fit For An Autopsy.
Li troviamo concentrati e completamente immersi nel loro sound profondo, pesantissimo ed imponente, con nessuno spazio a sorrisi e una chiusura ermetica nei confronti del pubblico. La mancata aderenza ad un sound specifico li fa appartenere a una vasta gamma di generi in una volta (metalcore, sludge, hardcore, doom), e questo è sicuramente uno dei loro punti di forza.
La band dà tutto con tutte le forze che ha in corpo, con la minuta Debbie Gough a fare da catalizzatore, in quanto cantante principale, di gran parte delle attenzioni della sala: il suo stile senza compromessi si ammorbidisce giusto un pochetto verso fine set, restando comunque ruvido e privo di qualsiasi dolcezza o approccio melodico.
Gli Heriot sono una creatura malvagia che riesce ad essere apprezzata ad un pubblico trasversale: rimaniamo curiosi riguardo all’evoluzione del loro sound, intanto prepariamoci a goderci i loro brevi e devastanti set in molti contesti differenti. Menzione speciale per il tavolo del merch, che oltre alle solite maglie e vinili presenta musicassette e una salsa piccante che promette di mandare il vostro palato all’inferno.

La seconda band in cartellone stravolge completamente lo spettro della serata: i RESOLVE sono l’antitesi degli Heriot, presentandosi con un look curatissimo e molto pop, tanto che ci sembrano usciti direttamente da “X-Factor” con i loro occhiali da sole, il look coordinato ‘all black’ e le giacche da fighetti.
Anche dal punto di vista musicale i francesi sono lontanissimi da chi li ha preceduti, appoggiandosi abbondantemente sulle apprezzabili soluzioni melodiche di Anthony Diliberto: suadente e con un timbro ben riconoscibile, il frontman è l’asso nella manica di una band che unisce un rock heavy ed alternativo ad improvvise bordate nu metalcore, in un sound ricco e dettagliato che incredibilmente non abusa di basi preregistrate.
La proposta è apprezzatissima da tutti i presenti: così, si muove dimendandosi una sala che ha raggiunto la parità di sessi anche nel pit, dove innumerevoli ragazze si scatenano con veemenza.
La scaletta è incentrata quasi esclusivamente sull’ultimo disco “Human”, con un susseguirsi di canzoni a dimostrare l’affiatamento, la maturità e la professionalità di una formazione che non ci stupisce essere arrivata alla firma con la prestigiosa etichetta di genere Arising Empire (While She Sleeps, Imminence, Landmvrks). La ballata “Smile” emerge naturalmente in una selezione di brani abbastanza omogenea, facendo da pausa tattica prima del finale e mostrando ancora una volta l’inclinazione naturale alle sonorità più pop.
“Older Days” chiude un concerto che conferma come i francesi siano in uno stato di grazia, pronti a conquistare altri continenti o a un tour europei da headliner.

Alle 22:30 si arriva al gruppo principale con una situazione caldissima, una presenza numerica soddisfacente e una gran curiosità. Tra il 2021 e il 2023 infatti c’è stato un terremoto nei CRYSTAL LAKE, che ha lasciato il chitarrista Yudai ‘YD’ Miyamoto come unico membro sopravvissuto.
Se YD è sempre stato il principale compositore e la sezione ritmica è solamente stata ufficializzata dopo anni di presenza come ‘touring members’ i riflettori sono puntati, ovviamente, sul nuovo frontman John Robert Centorrino, proveniente dai deathcorer della costa est degli USA The Last Ten Seconds of Life; scelta strana quella di includere un americano in una formazione da sempre interamente giapponese, ma considerata la dimensione internazionale di una band già ben avviata la mossa potrebbe anche essere comprensibile.
“We are the new Crystal Lake!” andrà a tuonare Centorrino, che con cappello e windbreaker incollati al corpo nonostante le temperature elevatissime, oltre al cranio tatuato, incarna lo stereotipo del frontman deathcore. La sua prestazione sarà comunque notevole e priva di qualsiasi sbavatura, sudando e cantando i brani alla perfezione senza perdersi in troppi convenevoli.
Altra stranezza: della dozzina di brani in scaletta solo “Denial//Rebirth” verrà eseguita tra le tracce pubblicate cantate da lui, preferendo un distillato ben cadenzato nel tempo dei brani migliori del periodo Kinoshita.
L’impatto visivo dei Crystal Lake resta estremamente spettacolare: pur rinunciando a qualsiasi orpello scenico, la band lascia a bocca aperta per l’estrema mobilità di ogni membro del gruppo: ogni musicista è letteralmente posseduto e si agita come un ossesso, con pose plastiche, headbanging furiosi, gestualità o una mimica estremizzata per la quale chiunque sia sul palco è sempre coinvolto al 110%, tanto che lo spettatore non sa quasi più a chi rivolgere l’attenzione.
Una caratteristica che garantisce la continuità con la formazione precedente, per cui i fan non possono che continuare ad amare un brand che resta riconoscibile. Anche loro, dopo una scaletta che picchia durissimo, lasciano per il finale i ritornelli melodici di “Watch Me Burn”, “Lost in Forever” e “Apollo”, chiudendo tra gli applausi un concerto senza alcuna sbavatura che sa di conferma e di nuovo inizio.

 

HERIOT

RESOLVE

CRYSTL LAKE