Mat ‘Kvohst’ McNerney e l’ispirazione vanno a braccetto da tanti anni ormai, e il suo curriculum come musicista è sufficientemente vasto per fare impressione un po’ a tutti: Beastmilk, Grave Pleasures, Dodheimsgard, The Deathtrip, Void e mille altri progetti – magari meno esposti ma artisticamente notevoli.
Il nostro – di origini albioniche ma da molto tempo attivo nel mondo scandinavo – ha dato un nuovo, ennesimo colpo di coda quando ha praticamente reinventato i suoi Hexvessel, ammantandoli di un’aura completamente nuova grazie all’introduzione di strutture post-black, atmospheric black e doom metal con il precedente “Polar Veil”.
Questa nuova svolta ha svecchiato la proposta precedente che, a nostro avviso, stava un po’ perdendo freschezza e immediatezza persa com’era in territori psych/prog/folk. Quello che invece in “Polar Veil” è rimasto a fare da ponte con il passato è l’enorme amore per la natura del nostro Mat e la sua voce narrante rigorosamente sempre in pulito, capace quindi di creare canzoni particolari e, a loro modo, originali: dopo meno di due anni, “Nocturne” sviluppa lo stesso discorso e – a partire dall’artwork – se ne pone come una continuazione chiara sia musicale che concettuale. Seriamente candidato ad essere uno dei dischi dell’anno 2025, “Nocturne” non può mancare negli ascolti di qualsiasi amante del black metal.

PER CHI VI SEGUE SIN DALL’INIZIO, GLI HEXVESSEL HANNO PERCORSO UN LUNGO, LUNGHISSIMO CAMMINO. “POLAR VEIL” HA SICURAMENTE DATO UNA SVOLTA ALLA VOSTRA CARRIERA.
PRIMA DI PARLARE DEL NUOVO ALBUM, POTETE DIRCI COME E PERCHÉ AVETE SENTITO IL BISOGNO DI PASSARE DA UN SOUND ACUSTICO, PROGRESSIVO, FOLK INFLUENZATO DAGLI ANNI ‘70 AD UNA DIMENSIONE PIÙ VICINA ALLA MUSICA ESTREMA E AL BLACK METAL?

– Abbiamo sempre avuto questo spirito all’interno della band, dietro la musica. Era un’influenza interiore. Gli accordi di “Dawnbearer”, la struttura e le atmosfere erano profondamente ispirati al black metal. Anche nei nostri momenti più folk c’era e, ad essere onesti, gli Hexvessel non sono mai stati folk tradizionale o folk basato su antiche usanze vere e proprie.
È sempre stata musica outsider filtrata attraverso la mente e l’essere di un ragazzo cresciuto con il metal e con quelle storie in mente. Altrimenti sarebbe stato disonesto. Quindi non l’abbiamo mai nascosto e penso che sia per questo che abbiamo sempre mantenuto un pubblico orientato al metal. Abbiamo parlato per anni di fare un album black metal – l’inverso degli Ulver, dal folk al black metal – ma non volevamo nulla di artificioso; credo che fossimo convinti che sarebbe successo quando il momento fosse stato quello giusto, quando l’arco e la progressione delle cose ci avessero portato qui in modo naturale.
Gli Hexvessel non sono stati creati innanzitutto come entità musicale. Erano un modo per registrare una progressione spirituale, il mio trasferimento in Finlandia, la mia fuga da una realtà all’altra. Gli Hexvessel sono un punto di riferimento, come un portale tra due mondi: sono delle coordinate.
La natura è il catalizzatore di questo risveglio e il suono non ha importanza. La storia è sempre la stessa: questo è il punto. Puoi vestirlo come vuoi, ma il mio messaggio risulterà sempre chiaro. Credo che questa sia la dichiarazione artistica più potente che io possa fare, e anche la più estrema.

SE GUARDIAMO LA COPERTINA DI “NOCTURNE” ABBIAMO L’IMPRESSIONE CHE IL VIAGGIO NELL’OSCURITÀ STIA PROGREDENDO. POI INVECE, QUANDO LO SI ASCOLTA, SI RICONOSCONO ANCORA ELEMENTI DEI DISCHI PRECEDENTI, OVVIAMENTE MESCOLATI CON GLI ELEMENTI PIÙ CUPI DI “POLAR VEIL”. COME COLLOCHI IL NUOVO DISCO NELLA TUA ORMAI AMPIA DISCOGRAFIA?
– Non vedo il lavoro (quello che intendo con Hexvessel, ‘il lavoro’) in termini di progressione lineare. Non è una linea retta. Penso che questo sia evidente in questo album: è più un cerchio.
Il nostro album di debutto “Dawnbearer” potrebbe essere il prossimo. Quando crei in un campo come quello degli Hexvessel, arrivi a un punto in cui non hai bisogno di guardare fuori, ma attingi maggiormente da dentro. Direi che è un cambiamento di mentalità simile al passaggio da una spiritualità esistenziale basata sulla tradizione e sui testi a una filosofia più intrinseca e meditativa, in cui non hai bisogno di influenze esterne, ma semplicemente esisti.
Considero “Nocturne” una riflessione più zen. Per vivere la notte, attraversiamo una trasformazione e viviamo un’esperienza liminare. È una parte fondamentale del rituale, un cambiamento fondamentale che possiamo misurare. Ciò significa che siamo naturalmente pagani.
Possiamo uscire all’aperto e la chimica del nostro cervello può essere alterata per sempre, senza alcuna sostanza, ma solo scavando nel nostro essere. Abbiamo un legame spirituale innato con il mondo naturale, con cui possiamo entrare in sintonia senza alcuna influenza esterna. Questa è la ‘prova’ più forte della mia religione.  Volevo che questo si manifestasse nella musica: l’idea di nessun input esterno, uno specchio interiore, paesaggi interiori. 

NON SI PUÒ FARE A MENO DI VEDERE L’ARTWORK CON LO STESSO VILLAGGIO DEL PRECEDENTE. C’È UN’OMBRA/SPIRITO CHE INCOMBE SU DI ESSO, MA È PIÙ SCURO. PUOI SPIEGARE I DUE DISCHI, COSA LI COLLEGA E QUALSIASI ALTRA COSA CONCETTUALMENTE CORRELATA?
– “Polar Veil” è la destinazione. È il sipario che devi attraversare per raggiungere lo stato mentale che ti permette di connetterti a ciò che ci offre il black metal, per esempio.
E cosa ci offre il black metal che il misticismo della natura illumina? Una spiritualità martellante; rompere per arrivare dall’altra parte; il nord, l’inverno, il freddo, il gelo; le stagioni essenziali; l’importanza dei cicli della natura. Sono tutti trampolini di lancio.
“Nocturne” è un capitolo di quel libro, un episodio in quell’arena in cui ci concentriamo su un aspetto importante di quel clima. È essenziale che l’artwork sia una continuazione della stessa storia. Polar Veil = Il Nord. Nocturne = Una notte nel Nord. Ma è molto più di questo, ovviamente. Ti sto dando una mappa, ma una mappa non ti darà l’esperienza di quei luoghi, ma solo un modo per arrivarci. Puoi portare un cavallo all’acqua, ma non puoi costringerlo a bere.

QUAL È IL TUO RAPPORTO CON LA MUSICA ESTREMA? VOGLIO DIRE, SEMBRI ENTRARE E USCIRE DA ESSA, PASSANDO DA DIVERSI PROGETTI CHE SONO SEMPRE ‘IN PARTE’ ESTREMI, MA CHE POI MOSTRANO SEMPRE LATI DIVERSI. LE TUE ESPERIENZE CON BAND BLACK METAL NON SONO MAI STATE LEGATE ALLA TRADIZIONE, AVENDO SUONATO CON DHG, CODE O VIRUS.
LO STESSO SI PUÒ DIRE PER BEASTMILK/GRAVE PLEASURES, CHE HANNO FATTO SPESSO TOUR CON BAND METAL E SUONATO IN FESTIVAL METAL, MA OFFRENDO SEMPRE MUSICA NON COMPLETAMENTE METAL…

– Come ho già detto, la musica estrema per me è un elemento rituale, è un mezzo per raggiungere un fine, è un incantesimo che evoca una trasformazione magica. Non è la trasformazione in sé: sono gli ingredienti, i portali, le porte d’accesso.
Non penso in termini di tradizione perché non rispetto il passato come una dottrina concreta che dobbiamo seguire. Non voglio ripetere i passi degli altri perché farlo significherebbe in qualche modo ammettere che le cose sono state fatte alla perfezione. Se non c’è più terreno da esplorare, allora perché preoccuparsi di creare arte? Un territorio sconosciuto è dove ho posto il mio obiettivo: voglio esplorare un territorio che è sotto una coltre di ombra, qualcosa che sia riconoscibilmente me stesso. Potrebbe essere meno commerciale forgiare il mio percorso piuttosto che seguire quello di qualcun altro, ma così sia.
Il fatto che tu abbia notato questa domanda significa che sto facendo il mio lavoro nel modo in cui ho sempre voluto. La mia vita è stata trasformata dal metal e voglio continuare questa trasformazione per gli altri. Penso che dobbiamo continuare ad evolvere il modo in cui trasmettiamo questo messaggio, perché seguire sempre le stesse strade non fa altro che indebolire il segnale. Per me l’arte è sempre illuminare l’oscurità. Non possiamo illuminare ciò che è già illuminato.

 QUANDO TI HO VISTO SUONARE DAL VIVO L’ANNO SCORSO AL PROPHECY, LA TUA PRESENTAZIONE DI “A CABIN IN MONTANA” HA ATTIRATO LA MIA ATTENZIONE. PUOI DIRCI DI COSA PARLA LA CANZONE E, SE HO CAPITO BENE, COSA NE PENSI DEL FAMIGERATO TED DEL MONTANA? (
– Mi chiedi di Ted (Theodore Kaczynski, matematico e criminale conosciuto come “Unabomber”, ndr). Si tratta di lui? O si tratta del tema, dei sentimenti e della discussione che la sua storia suscita? In un certo senso, abbiamo tutti bisogno di ricevere una lettera dal Montana, come se fosse una sorta di campanello d’allarme. Un pugno in faccia estremo, brutale e senza pietà da parte della natura stessa.
I dettagli possono confondere se si leggono solo le righe e non ciò che sta tra di esse. Il messaggio non deve necessariamente riguardare il terrorismo o sostenere l’omicidio come mezzo per portare un cambiamento. La domanda è: cosa facciamo ora che è successo? Cosa impariamo? Cosa può venire di buono da queste cose terribili? Discussione, riflessione e contemplazione. Scoprire il messaggio è parte del messaggio stesso.

SE DOVESSIMO PARAGONARE LA MUSICA DEGLI HEXVESSEL CON PAROLE LEGATE ALLO SPIRITUALISMO O ALLA FILOSOFIA, QUALI PAROLE SCEGLIERESTI?
– Un vaso è un contenitore o un mezzo di trasporto, un veicolo per una corrente magica. Può essere spiegato in modo metafisico o come oggetto sulla mensola del camino. Non ho creato gli Hexvessel. Sono io. Siamo noi. È solo un modo per descrivere ciò che possiamo essere, una semplice etichetta o un ordine ermetico (che in questo caso significa saggezza nascosta).
Non esiste un sistema di pensiero in cui si inserisce, ma noi possiamo inserirvi sistemi di pensiero. Ciò che siamo senza alcuna dottrina creata dall’uomo che ci governa. 

COSA SIGNIFICA PER TE IL TERMINE BLACK METAL? IN QUALSIASI SENSO TU LO INTENDA…
– Il black metal è il misticismo della natura rappresentato attraverso la musica. “Feeble Screams From Forests Unknown” di Burzum dice: “Alla deriva nell’aria sopra un lago freddo c’è un’anima proveniente da un’epoca passata migliore”. Questo descrive magnificamente il paganesimo.
“Under A Funeral Moon” dei Darkthrone, con testi come “Il vento ululante soffia tra gli alberi spogli, i campi illuminati dalla luna brillano nell’oscurità si fermano all’ombra di una quercia”.
La copertina sia del debutto di Burzum che di “Under A Funeral Moon” ritraggono figure solitarie e oscure avvolte in mantelli in un paesaggio boschivo. È l’essere umano che entra nel mondo naturale, noi che scopriamo il nostro destino mistico-naturale. La natura rappresenta la libertà, l’oscurità e il richiamo della natura selvaggia, che il cristianesimo ha ritenuto pericoloso perché ci rende sempre l’opposto di ciò che insegna.
È una cosa pericolosa da risvegliare perché è più forte di qualsiasi altra cosa sulla terra. È la terra stessa. La vita.
Le uscite della metà e della fine degli anni ‘90 hanno poi continuato a consolidare questo legame e hanno reso per me una verità assoluta ed enfatica che il black metal fosse incentrato sul misticismo della natura. “Bergtatt” degli Ulver: la copertina, la storia, la verità popolare. Questo è ciò che ha sempre significato per me. Quando leggo le parole di Pentti Linkola o Dave Foreman (celebri ecologisti e/o ambientalisti, ndr) penso a Varg e Fenriz e a ciò che dicevano allora e a ciò che rappresentavano in quelle opere. 

COME TI RELAZIONI CON I VOSTRI ALBUM PASSATI? CE N’È QUALCUNO DA CUI TI SENTI LONTANO ORA E CE N’È QUALCUNO A CUI TI SENTI VICINO O CHE HA INFLUENZATO GLI HEXVESSEL OGGI?
– Mi sento vicino a “Dawnbearer”, a parti di “No Holier Temple”, a un brano di “Iron Marsh” e ad alcuni testi di un altro, “All Tree” e ovviamente “Polar Veil/Nocturne”.
Sono orgoglioso di canzoni come “Cosmic Truth”, ma non credo che “When We Are Death” sia stato un album riuscito sotto tutti i punti di vista.
“All Tree” era un progetto molto più ampio dell’album che ne è risultato. L’esperienza di realizzare quel disco è stata magica e non la dimenticherò mai. Ma l’ambizione era ben oltre ciò che potevamo realizzare: abbiamo avuto così tanto materiale e così tante idee che non si sono mai concretizzate nel modo in cui avrei voluto. Questo mi ha insegnato molto su come controllare le mie aspettative, fissare degli obiettivi e cercare di assicurarmi di raggiungere effettivamente ciò che mi sono prefissato. Concentrazione, pianificazione, pazienza: penso che Nocturne sia l’album che mostra quanto ho imparato da “All Tree”.

LO STREAMING DIGITALE E IL CONSUMO FRENETICO DELLA MUSICA AIUTANO LA TUA MUSICA, COSÌ ‘DENSA’ DI CONTENUTI LIRICI E SPESSO PUBBLICATA SU FORMATI FISICI DI RILIEVO?
– Penso che sia positivo che la musica sia disponibile in qualsiasi formato per poter essere apprezzata in tutti i modi, in modo profondo o leggero. Chi cerca, trova.

 COME VEDI IL FUTURO DELL’INDUSTRIA MUSICALE IN RELAZIONE ALLA LIBERTÀ DEGLI ARTISTI E ALLA COMMERCIABILITÀ DEI DISCHI? SEI OTTIMISTA O  PESSIMISTA?
– Con il passare degli anni mi interessa sempre meno l’industria che ruota attorno alla musica.
È come chiedere a uno chef che ha un piccolo ristorante in un minuscolo villaggio di pietra con un menù semplice e basilare e fatto con ingredienti biologici fatti in casa, cosa ne pensa della rete di distribuzione di pizza surgelata nei supermercati di tutta Europa.
Non posso cambiare ciò che è. Non posso influenzarlo. Non mi interessa nemmeno. Faccio le mie cose e accolgo viaggiatori stanchi ed esploratori provenienti da ogni angolo del mondo in cerca di qualcosa di vero.