In un lontano angolo del Novecento, un fermento silenzioso e sotterraneo percorre l’Asia, dalle sue piantagioni alla cosmopolita Shanghai, dalle remote terre indiane alle metropoli imperiali. Una rivolta che, come scriveva un anonimo nel 1913, non si sarebbe fermata di fronte a nulla, neppure al terrore che la alimentava. «Come può liberarsi dal terrore chi dal terrore è oppresso? Come possono gli schiavi ottenere la libertà? Ecco la risposta: con la ‘Bomba’.» Questa affermazione, eco del tormento di una generazione sotto il giogo dell’imperialismo europeo, rappresenta il simbolo di una resistenza unica nel suo svolgersi.
Nel suo monumentale saggio, Asia Ribelle. Assalto agli imperi e rivoluzione globale (add editore, 2024), nella traduzione di Anita Taroni e Stefano Travagli, Tim Harper traccia il quadro di questo risveglio, esplorando le lotte e le ideologie che hanno segnato la nascita di una nuova Asia, capace di resistere, ma anche di plasmare il proprio destino attraverso la violenza, la disperazione e il sogno di una libertà ancora da conquistare. Il racconto si misura con la storia e la lettura di una geopolitica complessa, scandita dalle dinamiche di sopraffazione colonialista e, quindi, interrogandosi su quanto possa spingersi la speranza di una popolazione di reagire all’oppressione. Si snoda una mappatura storica, articolata in quattordici capitoli, corredati di un ampio apparato di note al testo e riferimenti bibliografici, prendendo le mosse dai primi anni del ventesimo secolo. Seguendo le rotte delle proteste e delle rivolte, si incrociano le vite di rivoluzionari, affiancate da uomini e donne comuni che, mossi dalla condizione di schiavitù sociale ed economica, hanno cercato di far esplodere il sistema che li soffocava.
Harper, attraverso una minuziosa ricerca d’archivio, ricostruisce i movimenti che hanno attraversato l’Asia come un fiume in piena, solcando terre lontane tra di loro, ma unite dalla stessa lotta contro l’imperialismo. I ribelli che animano il suo racconto, non sono i terroristi che la narrazione delle potenze coloniali ha trasmesso per lungo tempo, ma uomini e donne che, tra anarchismo, marxismo e nazionalismo, hanno combattuto per un mondo libero dalla dominazione straniera. Dall’idea di un socialismo che abolisse il dominio imperialista attraverso la rivoluzione di classe, alla pratica di azioni violente come unica via di emancipazione, fino all’unione di nazionalismo e lotta di classe, come nel caso dell’esperienza del vietnamita Ho Chi Minh, Harper attraversa le geografie e i movimenti che le hanno percorse. Ideologie e pratiche di resistenza diverse, accomunate dalla convinzione che solo abbattendo l’ordine imposto dalle potenze coloniali, sarebbe stato possibile dar vita a una nuova Asia, libera e autodeterminata.
Lo sguardo dello studioso traccia i confini delle lotte politiche e ideologiche, riflettendo sulle motivazioni profonde che hanno spinto le popolazioni a lanciarsi in un’avventura che, per molti, ha comportato la morte. La violenza come mezzo di liberazione è un aspetto che emerge con forza, come nel caso dell’Indonesia, dove nel 1908 decine di persone scelsero di suicidarsi, anche dandosi fuoco volontariamente, come atto di protesta contro la dominazione olandese.
In questo panorama di sofferenza e resistenza, emergono figure femminili che, seppur marginalizzate nella storia ufficiale, sono state protagoniste attive di questo risveglio. Le donne asiatiche non semplici spettatrici del cambiamento sociale, ma attivamente coinvolte nelle lotte di liberazione, partecipando non solo a movimenti di emancipazione, ma anche alla lotta violenta per l’indipendenza e per la definizione di un nuovo ordine sociale.
Delatrici della fragilità dei sistemi coloniali, le Grandi Guerre con il loro ruolo cruciale in questi processi di trasformazione; è in questi segmenti storici che si evidenzia come l’impiego delle popolazioni asiatiche, come forza lavoro nelle guerre imperiali, abbia alimentato il risentimento e posto le basi per nuove visioni di resistenza. Movimenti come il “Sarekat Islam” in Indonesia, o la nascita delle prime formazioni comuniste in Asia, rappresentano il punto di incontro tra la lotta contro l’imperialismo e il crescente slancio rivoluzionario ispirato dalla Russia sovietica.
Harper, studioso della storia militare nelle colonie britanniche dell’Asia del Sud e docente di storia del Sudest asiatico all’Università di Cambridge, con Asia Ribelle sembra rispondere, anche solo indirettamente, alla responsabilità storica di appartenere a una tradizione di stampo imperialistico. Lo fa restituendo voce ai protagonisti dimenticati e riportando alla luce vicende sommerse, in un lavoro che unisce rigore storiografico e attenzione etica alla narrazione. Ci racconta di una generazione travolta dalla repressione, ma capace di seminare il cambiamento, fatto che risuona, con forza, anche oggi.
Le lotte attuali vanno incontro ad un sempre maggiore inasprimento, verso le nuove forme dell’oppressione: l’ecocidio, il neoimperialismo, il capitalismo digitale, le guerre che producono stermini e genocidi si sommano al fardello delle cicatrici lasciate dall’imperialismo storico. Eppure, la storia raccontata da Harper lascia aperta una possibilità: che anche nel punto più basso della soggiacenza, a volte, possa aprirsi una fenditura da cui partire, per costruire la prossima rivoluzione.