di
Mariolina Iossa
Sta in una stanza insieme con altri pazienti al Policlinico Umberto I di Roma l’attore napoletano Leopoldo Mastelloni, ricoverato qualche giorno fa in seguito ad un ictus. «Per fortuna leggero», dice al telefonino con la sua solita verve. «Niente è perduto, ancora, sto meglio, si è trattato di una leggerissima ischemia, ma poteva essere una cosa più seria, potevo perdere l’uso della favella, potevo avere problemi alle gambe , ma io come faccio senza favella, e senza potermi muovere in autonomia, devo lavorare, devo campare», scherza, neppure troppo.
Ottant’anni, in uscita il suo nuovo libro («Tutti fan così. Oltre il teatro…»), Mastelloni ha fatto preoccupare il mondo dello spettacolo e quanti lo amano e lo seguono. Ma lui trova il modo di far ridere anche la sorte, la «ciorta» e racconta di essere «stato messo nella stessa stanza, e nello stesso letto di Federico Fellini, quando fu ricoverato qui, anche lui per un ictus. Prima insomma di… Un amico fraterno, ci volevamo bene. Eh, lui poi è morto, purtroppo».
Lei come sta?
«Io sto bene, sono stato fortunato, o almeno lo spero, me lo auguro, ma non dico altro per scaramanzia, solo mi viene da ridere a pensare di stare nello stesso letto di Federico. Erano 4 giorni che smaniavo, mi hanno detto: “mettiti qua”, per salvarmi dall’insonnia; stanotte, tra sonno e veglia, che qui pure si dorme poco, ho immaginato che Giulietta si avvicinava e mi diceva: “Leopo’ mi dispiace ma mo’ devi venire pure tu con noi».
Una sorta di apparizione scaramantica, in realtà.
«Eh, speriamo tutto bene, per carità Fellini era un fratello. Ma tu vedi che situazione! Comunque io qua sto e qua resto finché i medici non mi rimettono in condizioni più che buone. Voglio fare bene la riabilitazione, non ho nessuna fretta».
Era a casa quando si è sentito male, ed era solo?
«Mi girava la testa – racconta -. Poi sono caduto a terra e non riuscivo a rialzarmi, a fatica ho preso il telefono e ho chiamato una mia amica che mi ha detto di telefonare al 118. Sono arrivati e mi hanno portato al Policlinico».
Si è subito diffusa la notizia, poi lei stesso, il giorno dopo ha scritto un post sui social per dire che «purtroppo è tutto vero, un ictus» e ha ringraziato per le testimonianze di affetto.
«Sì, tanto affetto e ringrazio tutti. Ora mi dicono che devo fare una riabilitazione e che devo restare in ospedale. Ma non mi chieda altro perché non so dirle molto su cosa succederà adesso. So solo che cammino, parlo, ho qualche problema al polso sinistro e posso ancora avere qualche sbandamento».
Quanto ci vorrà prima di poter tornare a casa?
«Non lo so, io da qua non mi muovo, voglio fare la riabilitazione fatta bene, a casa sto da solo e non ho nessuno che mi aiuta. Pure per fare la spesa e le piccole cose. Ma soprattutto spero di rimettermi per seguire l’uscita del mio libro, ci tengo assai, è un libro di quasi 450 pagine, non costa molto, ed è pieno di tutto quello che ho vissuto, dei personaggi che ho incontrato, delle storie di arti e artisti. Lo definisco un “gossip culturale”».
L’hanno chiamata in tanti appena hanno saputo del malore?
«Eh, tanti sì, però io mi scoccio un po’ di quelli che non si fanno sentire per anni e poi mi chiamano e mi chiedono: “Ma che ti è successo”? Non sempre rispondo al telefono, quando lo faccio e mi chiedono “come stai?”, io rispondo con Ungaretti, “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie».
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8 agosto 2025 ( modifica il 8 agosto 2025 | 19:18)
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