L’approvazione alla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina ha ridato vigore alle proposte dei “No Ponte“, che si vanno ad aggiungere ai “No Tav” e ai “No Tap” e a tutti i “no” ideologici alle infrastrutture. Sabato 9 agosto ci sarà una manifestazione contro la costruzione del Ponte che richiamerà a Messina organizzazioni da diverse parti d’Italia e ci sono numerose sigle ben note per aver partecipato a scontri di piazza che hanno dichiarato il proprio appoggio. La protesta corre sui social e ci sono numerosi gruppi e sigle che, benché non abbiano aderito e non saranno in piazza con i “No Ponte” ne stanno supportando la protesta, condividendo gli appelli e non solo. In uno dei gruppi che ha pubblicato post che rilanciano la manifestazione di sabato è comparso un tutorial molto particolare, che desta qualche allarme.

È stato diffuso un articolo tratto da una pubblicazione del 1943 in cui viene spiegato come si fabbricano i chiodi a quattro punte. “Le vie di comunicazione delle retrovie tedesche sono uno dei punti più sensibili e vulnerabili de nemico. Un mezzo efficacissimo per fermare gli autocarri e imbottigliare le autocolonne dei rifornimenti tedeschi è quello di spargere, di giorno e di notte, in città o in campagna, sulle vie di grande traffico, decine e centinaia di chiodi a 4 punte”, si legge nella pubblicazione. È evidente che si trattava di una pubblicazione della Resistenza nel pieno della Seconda Guerra mondiale. Perché postarlo oggi e, soprattutto, perché pubblicarlo con la traduzione in altre due lingue (francese e inglese) oltre all’italiano?

Viene spiegato in maniera accurata come si possono realizzare con pochi elementi e in poco tempo. Ovviamente qui non riporteremo il procedimento ma chi l’ha condiviso si è assicurato che fosse comprensibile anche a chi non ha una grande conoscenza di bricolage e non ha accesso a molti strumenti, esattamente come i partigiani del 1943. I chiodi a quattro punte non sono un’invenzione della Seconda guerra mondiale, sono di derivazione imperiale: gli antichi Romani li impiegavano per ostacolare l’avanzata di cavalleria e fanteria. I triboli, o “piedi di corvo”, venivano sparsi sul terreno per ferire i cavalli o i soldati.

Sono un’arma di copertura progettata in modo tale che, indipendentemente da come cada a terra, una punta sia sempre rivolta verso l’alto, che danneggiano inevitabilmente gli pneumatici. “Tradizione sovversiva”, la chiamano nella condivisione. E il dubbio che lo Stretto diventi la nuova Val di Susa è sempre più concreto.