Gianni Dall’Aglio, batterista di fama nazionale, ha collaborato con grandi nomi della musica italiana come Lucio Battisti, Patty Pravo e Adriano Celentano.
Domani, sabato 9 agosto, sarà in Rotonda Vassallo con lo spettacolo “AnimaLucio”, un progetto musicale/culturale ideato insieme a Massimo Luca e Bob Callero, musicisti storici di Lucio Battisti. Una serata intima ed emozionante, con testimonianze, inediti e canzoni tra le più amate.
La carriera di Dall’Aglio è stata un viaggio intenso, cominciato fin da bambino a Mantova, sua città d’origine.
“Non ricordo esattamente quando, ma da piccolo, arrivavamo ad agosto e faceva un caldo tremendo, 35 gradi. In casa si parlava sempre del caldo, era l’estate. Sono cresciuto a Mantova e lì ho scoperto la mia passione per la batteria.”
Il primo incontro con lo strumento avvenne grazie a un batterista del Circo Togni, che passava ogni anno in città. “Avevo cinque o sei anni e rimasi incantato dal suo modo di suonare, quei rulli e suoni che mi affascinarono subito. Mio padre mi accompagnò dietro al palco e il batterista, vedendomi così preso, mi mise sul seggiolino della batteria. Fu allora che capii che quello era il mio gioco.”
Iniziò così a imparare, con una piccola batteria giocattolo che suo padre gli comprò. Imparava ascoltando la radio, riproducendo da solo i pezzi, sviluppando una memoria musicale innata che però non si estendeva ad altri ambiti come le poesie o le tabelline.
A Mantova, un incontro decisivo fu con una ragazza che suonava la fisarmonica. “Sentii un pianoforte suonare per strada, mi fermai e applaudii. Lei uscì dalla finestra e mi invitò a entrare: aveva una batteria in casa, quella che suo padre usava da giovane. Da lì cominciammo a suonare insieme, facevamo concerti nelle parrocchie, eravamo un duo: io batterista e cantante e lei fisarmonicista.”
Negli anni successivi entrò a far parte di un primo complessino con fisarmonica, violino, pianoforte e voce, dove imparò a suonare generi diversi come tarantelle, tanghi e valzer, anche se non amava quest’ultimo.
La musica era ormai un capitolo centrale della sua vita, tanto che suo padre lo iscrisse alla scuola di musica locale. Nonostante qualche difficoltà con il canto e la lettura delle note, Gianni perseverò e crebbe nel suo talento ritmico.
A soli 13 anni iniziò a suonare con l’Original Quartet di Mantova, un gruppo più evoluto che faceva serate danzanti nei locali estivi e invernali della zona, allenandolo a suonare intensamente e migliorare la tecnica.
Nel 1959 il gruppo si spostò a Salsomaggiore Terme per esibirsi in locali più grandi. Lì Gianni ebbe un incontro che avrebbe cambiato la sua vita: Adriano Celentano, il re del rock’n’roll italiano, era ospite in quel locale e aveva bisogno di un batterista e un chitarrista per sostituire temporaneamente i suoi musicisti.
“Celentano arrivò con la fidanzata e il fratello, senza orchestra. Mio padre si fece avanti e gli disse che io ero il batterista giusto. Celentano mi fece subito una prova chiedendomi se conoscevo ‘Tutti frutti’. Io gli risposi che conoscevo la versione di Elvis Presley, lui sorrise e disse: “Bene, suoniamo.””
Da quella sera iniziò un rapporto lavorativo importante con Celentano, che lo portò a Milano, dove si unì ai Ribelli, il gruppo di Celentano, che presto divenne famoso nella scena musicale italiana.
La convivenza tra musica e scuola però non fu facile. “Andavo a scuola e tornavo a casa tardi, stanco morto. Mia madre e mio padre capivano la mia passione ma avevano paura che, se la musica non fosse andata avanti, mi sarei ritrovato senza un futuro solido. Mi chiesero di promettere che, se avessi continuato con la musica, avrei poi studiato per avere un titolo valido. È stato un consiglio prezioso.”
Con i Ribelli, dal 1965 in poi, Gianni partecipò a una vera e propria rivoluzione musicale, con l’arrivo del beat e l’influenza dei Beatles, segnando una nuova era nella musica italiana.
Negli anni successivi, il gruppo ospitò anche Demetrio Stratos come cantante, e pur mantenendo buoni rapporti con Celentano, si trasferirono alla Ricordi, dando vita a un nuovo periodo di successi.
Parallelamente, Gianni iniziò la sua carriera di session man collaborando con numerosi artisti, in particolare Lucio Battisti, con cui nacque un rapporto speciale.
“Nel ’66 Mogol mi presentò a Celentano dicendo che aveva un fenomeno da farmi ascoltare. Battisti venne al Clan Celentano e, anche se all’inizio i suoi brani non erano ritenuti adatti a Celentano, noi Ribelli apprezzammo molto le sue canzoni. Suonammo ‘Per una lira’ e lui apprezzò il nostro arrangiamento. Da lì iniziò il mio lungo percorso con Battisti: ho inciso circa 40 canzoni per lui, tra album completi e singoli.”
Nel 1972 Gianni e alcuni compagni furono chiamati da Battisti per una trasmissione televisiva a Roma, un evento storico che vide anche la partecipazione di Mina e divenne un cult televisivo.
“Con Battisti ho condiviso non solo la musica soul che amavamo entrambi, ma anche tante esperienze in tour e in studio.”
Oggi Gianni vive all’Isola d’Elba con la moglie e la figlia. “L’Elba per me è stata un rifugio, un posto dove ho trovato stimoli e serenità. Mia moglie è stata fondamentale nella mia vita e nella mia carriera: è stata la base solida su cui ho costruito la famiglia e la mia continuità. Siamo cresciuti con valori di amore e stima reciproca, affrontando insieme le difficoltà della vita.”
La famiglia di Gianni si è allargata con una nipotina, e lui confessa di non aspettarsi più cose eclatanti dalla vita, ma ogni giorno è per lui un dono.
(Testimonianza raccolta da Stefano Stradini)