voto
7.0
- Band:
GRAND CADAVER - Durata: 00:16:00
- Disponibile dal: 15/08/2025
- Etichetta:
- Majestic Mountain Records
Streaming non ancora disponibile
Nel death metal vecchio stampo non c’è redenzione, ma ogni tanto può esserci spazio anche per apprezzabili tentativi di evoluzione. Lo dimostrano gli svedesi Grand Cadaver, che con “The Rot Beneath” tornano a offrire qualcosa di interessante dopo due anni di silenzio discografico, riemergendo dalle profondità con un EP che punta al cuore oscuro della loro musica. Quattro brani, nessun riempitivo, e una chiarezza d’intenti che non rinuncia però a sottigliezze e chiaroscuri.
L’apertura è affidata a “Blood Red Banner”, brano simbolo dell’identità odierna dei Grand Cadaver: l’incipit è feroce, ma a colpire è soprattutto la seconda metà, che rallenta la corsa per addentrarsi in territori più tetri e atmosferici. Qui, come altrove, si percepisce la volontà della band di arricchire la propria proposta con sfumature meno ovvie, lasciando emergere un background che va oltre i confini del classico swedish death metal. Non si tratta di stravolgimenti o di deviazioni eccessive, ma di una consapevolezza compositiva che permette ai brani di respirare, di cambiare pelle senza perdere coerenza.
In verità, la title-track spinge poi molto su registri abrasivi, ma ci pensa la successiva “The Endless Dead” a confermare la suddetta attitudine. Il brano, pur mantenendo un incedere martellante, trasmette un senso di ineluttabilità apocalittica, come se sotto la crosta death metal e le vaghe reminiscenze slayeriane si agitasse qualcosa di più inquietante e profondo. È qui che i Grand Cadaver riescono a distinguersi almeno un po’ da altre formazioni contemporanee dedite al death metal old school di stampo svedese: nel non accontentarsi di replicare formule già viste, ma nel tentare – con misura e un certo buon gusto – di aggiungere diverse sfumature a una proposta potenzialmente monolitica.
In tal senso, “Darkened Apathy” è forse il pezzo più riuscito del lotto: i cupi arpeggi iniziali non sono semplici orpelli, ma elementi strutturali che ritornano lungo il brano, creando un gioco di contrasti con le sezioni più rapide. Anche qui, la tensione melodica non smorza l’impatto, ma anzi lo amplifica, contribuendo a creare un senso di dinamismo che rende l’ascolto coinvolgente.
Insomma, una tracklist breve, ma che riesce a dimostrare come i Grand Cadaver siano una realtà che sa come maneggiare i propri strumenti con intelligenza, lasciando che la rabbia si faccia linguaggio e che l’oscurità assuma forme diverse. In un panorama affollato da revivalisti a volte un po’ a corto di idee, Mikael Stanne e compagni ribadiscono che si può interpretare un certo tipo di death metal con urgenza, sì, ma anche con visione.