di
Antonio Carioti

La diplomazia vaticana, per quanto dia priorità alla missione spirituale, non può evitare di essere coinvolta nei conflitti, sia pure con l’obiettivo di promuoverne soluzioni pacifiche

Per il Papa che si dichiara vicario di Gesù Cristo, quindi portatore del messaggio evangelico di amore universale, fare i conti con la guerra e i suoi orrori è sempre stato un problema

E dopo il Concilio Vaticano II, accantonata l’antica e pur insigne dottrina teologica della «guerra giusta», la Santa Sede ha cercato di presentarsi come custode e propagatrice dei valori umanitari offesi di continuo dai sanguinosi conflitti armati che funestano il nostro pianeta e colpiscono troppi innocenti.



















































L’ultimo esempio sono gli interventi di Papa Leone XIV, del segretario di Stato vaticano Pietro Parolin e del cardinale Pierbattista Pizzaballa sul calvario di Gaza, che ha di recente coinvolto con tre vittime inermi anche l’unica parrocchia cattolica della Striscia, quella al cui sacerdote titolare, Gabriel Romanelli, Papa Francesco telefonava quasi ogni giorno per informarsi sulla situazione.

Sono lontani, insomma, i tempi nei quali i pontefici bandivano crociate contro infedeli ed eretici, promuovevano alleanze militari per combattere l’Impero ottomano o, più di recente, plaudivano alla vittoria di uno spietato golpista come il generale Francisco Franco nella guerra civile spagnola. Soprattutto da quando ha perso il potere temporale nel 1870, la Chiesa ha cercato in genere di non schierarsi nei conflitti armati, almeno quando non vi erano ragioni ideologiche molto marcate per farlo, come appunto in Spagna fra il 1936 e il 1939, o in Messico durante la rivolta dei cristeros cattolici contro un potere aggressivamente anticlericale.

L’esempio più famoso riguarda senza dubbio l’atteggiamento di Benedetto XV nel corso della Prima guerra mondiale. Con i cattolici dei diversi Paesi in conflitto impegnati a difendere al fronte le rispettive patrie, il Vaticano scelse una rigorosa neutralità, condannando l’atrocità di quanto stava accadendo e invocando la fine delle ostilità. La definizione della contesa come «inutile strage», coniata dal Papa nell’agosto 1917, è rimasta nella memoria collettiva come la definizione più efficace – da un punto di vista rigorosamente umanitario, certo non storico – per quegli eventi tragici.

Nel secondo conflitto mondiale però una condotta analoga si rivelò inadeguata. Per Pio XII era logico muoversi con prudenza, non prendere parte né per l’Asse né per la coalizione antifascista, tanto più che quest’ultima comprendeva a partire dal 1941 anche l’Unione Sovietica, banditrice del comunismo ateo. Ma in questo modo la Santa Sede finì per sottovalutare la straordinarietà dello sterminio razziale compiuto dai nazionalsocialisti ai danni degli ebrei. E ne derivarono poi tutte le polemiche, tuttora piuttosto vive, sui silenzi di Papa Eugenio Pacelli riguardo alla Shoah.

Il fatto è che la Chiesa, per quanto possa dare priorità alla sua missione spirituale, agisce in un mondo nel quale il peso degli interessi materiali, specie quelli geopolitici, non si può eludere, tanto più se si parla di Paesi con una forte presenza di fedeli cattolici. Comunque si muova, la diplomazia vaticana non può evitare di essere coinvolta nei conflitti, sia pure con l’obiettivo di promuoverne la soluzione pacifica.

Per esempio Giovanni Paolo II, con la sua sollecitudine verso le aspirazioni all’indipendenza dei croati e degli sloveni cattolici, fu accusato di avere in qualche modo alimentato la carneficina determinata dalla disgregazione della Jugoslavia. Invece a Papa Francesco è stata rimproverata un’eccessiva indulgenza verso l’invasione dell’Ucraina voluta da Vladimir Putin, per aver detto che la Nato aveva abbaiato alle porte della Russia.

La questione di Gaza è particolarmente spinosa sul piano politico e diplomatico, ma di fronte a tanto spargimento di sangue la Santa Sede non può tacere. Quindi è intervenuta con Parolin, che ha messo in dubbio la versione del governo Netanyahu sull’eccidio della parrocchia, e con Pizzaballa, che ha definito «moralmente inaccettabile e ingiustificabile» la situazione che si è creata per la penuria di aiuti umanitari alla popolazione della Striscia. La Chiesa cerca di stare dalla parte di chi soffre, anche se appare realisticamente improbabile che i contendenti armati israeliani e palestinesi, in larghissima maggioranza fedeli di religioni diverse da quella cristiana, possano darle ascolto.

22 luglio 2025 ( modifica il 22 luglio 2025 | 13:35)