Il fitto sottobosco black metal tedesco percorre infiniti anfratti, muovendosi fra tradizione e sperimentazione in un moto incessante e convulso. Il rimanere fieramente ancorati a stilemi di qualche anno addietro e nel frattempo andare a caccia di sensazioni più attuali non è poi così insolito, per le compagini teutoniche, e un ottimo esempio di quanto detto è proprio rappresentato dai Sun Worship.
Il duo di stanza a Berlino, inizialmente partito come terzetto, si muove sul filo sottile che separa la ferocia del black metal più concreto e urgente, da coloro che spingono lo sguardo in avanti, cercando commistioni ed evoluzioni.

Da questa tensione sono usciti abbastanza in fretta album compiuti, vibranti, come “Elder Giants” (2014) e “Pale Dawn” (2016), per andare infine a salire ancora di colpi, con il più sfaccettato e intenso “Emanations Of Desolation” del 2019. Qui la già proverbiale foga della formazione si saldava con un impianto sonoro stratificato, denso e dagli accenti post-metal più marcati, per un disco riuscitissimo e passato lo stesso un po’ in sordina, complice anche la promozione assai parca operata dai musicisti tedeschi.
Lo scorso anno, con “Upon The Hills Of Divination”, si è proseguito con successo sulle medesime coordinate, peccando al massimo di non aver dato ulteriore slancio a quanto d buono prodotto pochi anni prima, ‘accontentandosi’ di proseguire sulla medesima linea di condotta.
I Sun Worship si sono installati nei piani alti del black metal europeo, se non per popolarità almeno per validità delle uscite e siamo allora andati a raggiungerli nella persona di Lars Ennsen (chitarrista/cantante), noto per la militanza nei più affermati black metaller Ultha.

LA VOSTRA STORIA INIZIA NEL 2010 A BERLINO, COME TRIO: DUE CHITARRA, BATTERIA, DUE VOCI. QUAL È IL BACKGROUND ARTITICO CHE VI HA PORTATO A FONDARE UN GRUPPO BLACK METAL?
– Si può parlare, nel nostro caso, più di una ‘urgenza infernale’ che di un’ambizione artistica. Siamo cresciuti nella stessa piccola città, e pur avendo solo pochi anni di differenza gli uni dagli altri non ci siamo incontrati fino ai nostri ultimi anni da teenager/i primi da ventenni.
Sorprendentemente, avevamo molti ascolti in comune: Slayer, Sepultura, il death metal in generale, e certamente il black metal scandinavo degli anni ’90. Siamo finiti tutti quanti a Berlino e infine abbiamo finito per suonare assieme, per pagare il nostro personale omaggio alle band che ci avevano formato. Volevamo farlo alla nostra maniera e, almeno nei primi passi, senza chissà quale tipo di ambizione. Il resto, è semplicemente stato una conseguenza.

FIN DAGLI ESORDI, IL VOSTRO STILE SI È BASATO SU DI UNA FORMULA BLACK METAL CRUDA, TRADIZIONALE E CRUDELE, DOVE FAR CONVOGLIARE INFLUENZE CRUST, HARDCORE, POST-METAL E AMBIENTE. LO AVETE FATTO IN MODO MENO EVIDENTE E QUASI INTANGIBILE, SFUMATO, RISPETTO AD ALTRE FORMAZIONI CHE MISCELANO BLACK METAL E INFLUENZE ESTERNE. QUALE TIPO DI MIX STILISTICO VOLEVATE CREARE E SVILUPPARE INIZIALMENTE?
– I primi tempi, volevo che fossimo in grado di distillare un miscuglio di Darkthrone, primi Emperor e Mayhem. Nient’altro. A quei tempi ascoltavo anche cose lontanissime dal black metal come Mount Eerie e Barn Owl, presumo qualcosa di quegli ascolti sia confluito nel nostro primo materiale, nonostante si presuma che i Sun Worship siano una band dall’impronta stilistica ferrea, dai confini sonori ben tracciati.
Se si possono trovare influenze crust nella nostra musica, penso sia in buona parte per i nostri maldestri tentativi di ripercorrere il riffing degli Hellhammer e dei primi Emperor, e in misura appena minore per la mia ossessione per gruppi come i Tragedy. Ma su questo secondo aspetto non ritengo di averlo mai canalizzato intenzionalmente nella musica dei Sun Worship, a differenza del primo.

CON “EMANATIONS OF DESOLATION” DEL 2019 SIETE RIMASTI IN DUE E A MIO PARARE SI PUÒ SENTIRE UN FORTE CAMBIAMENTO NEL VOSTRO SUONO, CHE DIVENTA PIÙ COMPLESSO, COSTRUITO SU STRATI DI CHITARRA PIÙ DENSI E ARTICOLATI E SU UN LAVORO DI BATTERIA A SUA VOLTA PIÙ INTRICATO E MENO DIRETTO. A COSA È DOVUTO QUESTO CAMBIAMENTO? AVEVATE SVILUPPATO AI TEMPI NUOVE IDEE SUL BLACK METAL CHE VI HANNO CONDOTTO SU TALI REGISTRI?
– Penso che la causa vada ricercata, banalmente, nell’essere rimasti con una sola chitarra. Ci siamo spinti a creare più riff e variazioni ritmiche, si sono ridotte le nuove idee black metal, per fare posto a idee derivate dal death metal vecchia maniera e dal thrash. Tutto ciò cercando, se possibile, di incrementare intensità e pesantezza.

PRIMA DI “EMANATIONS OF DESOLATION”, ARRIVAVATE DA DUE ALBUM, “ELDER GIANTS” E “PALE DAWN”, ABBASTANZA SIMILI, PER APPROCCIO, SONGWRITING E STRUTTURA DELLA TRACKLIST. QUALI SONO STATE LE REAZIONI DEGLI ASCOLTATORI A QUESTO MATERIALE?
– Penso buone, anche se non riesco a darti una risposta più articolata in tal senso. Può darsi che abbiamo perso qualche fan della prima ora, chi ha apprezzato i nostri primi EP e split potrebbe essere rimasto deluso, perché in seguito abbiamo lasciato indietro la nostra componente più ‘atmosferica’. Ma se vuoi continuare a nutrire rispetto per te stesso non puoi curarti di questi aspetti, non puoi stare a sentire cosa si dice di te e cercare dei compromessi.
Non ci interessa ovviamente avere uno scontro duro o litigare con chi non ci apprezza, ma preferiamo in ogni caso che la nostra musica susciti delle reazioni, porti anche a delle opinioni forti semmai, meglio queste che delle semplici pacche sulle spalle di compiacimento.

ARRIVIAMO ALLORA ALL’ULTIMO “UPON THE HILLS OF DIVINATION”, CHE APPARE STRETTAMENTE CONNESSO CON IL PRECEDENTE DISCO, PER IL SUONO, COME PER LE TEMATICHE TRATTATE E L’ARTWORK. COSA RAPPRESENTA PER VOI QUESTO DISCO?
– Vero, segue per molti versi la medesima direzione di “Emanations Of Desolation”, ma penso anche sia più diretto, compatto, strutturalmente più semplice. Di conseguenza, più intenso. Ci sono al suo interno diversi riff che in passato avevo proprio cercato di evitare, mi sapevano di black metal melodico molto kitsch e non volevo usarli. Stavolta me ne sono fregato e li ho introdotti nella nostra musica.
A volte hai solo bisogno di insistere e impegnarti maggiormente su quello che stai suonando, senza stare a inventarsi chissà cos’altro. In fondo penso tu abbia ragione, i nostri ultimi due album sono come fratelli, l’uno più pensieroso e malinconico, l’altro più diretto e spericolato, ma nonostante ciò hanno una matrice comune.

COME ACCADUTO IN “EMANATIONS OF DESOLATION”, SONO MOLTO EFFICACI LE LINEE VOCALI. OLTRE A UN USUALE CANTATO IN SCREAMING, COME È NORMALE CHE SIA ALL’INTERNO DI UN DISCO BLACK METAL, VI AVVENTURATE IN VOCALIZZI PIÙ GUTTURALI, OPPURE IN CANTI MONASTICI NEI MOMENTI ATMOSFERICI. QUAL È LA FUNZIONE DELLE PARTI CANTATE PULITE E COME VALUTERESTI L’USO DELLE VOCI PIÙ BRUTALI, RISPETTO A QUANTO FATTO FINO A “PALE DAWN”, QUANDO FINO A QUEL PUNTO LA VARIETÀ VOCALE ERA INFERIORE?
– Le linee vocali sono divenute sempre più importanti nel corso degli anni, specialmente da quando la musica è diventata più mutevole dal punto di vista ritmico. Nei nostri primi lavori, potrei affermare che la voce diventava meramente un suono, mentre adesso è uno strumento. Le voci pulite contribuiscono a questo aspetto, per ampliare la gamma espressiva della voce come strumento.

“UPON THE HILLS OF DIVINATON” EMANA VIBRAZIONI PARTICOLARI, UN MIX DI EPOS, GRANDEUR, ATMOSFERE TIPICHE DEL POST-METAL E UNA FORTE AGGRESSIVITÀ. PER ALCUNI ASPETTI, MI HA RICORDATO QUALCOSA DEI BØLZER E DEL LORO ARCANO E BARBARO MONDO. COME DESCRIVERESTI IL SUONO CHE AVETE FORGIATO NEL VOSTRO ULTIMO ALBUM?
– I Bølzer sono stati indubbiamente una fonte d’ispirazione per noi – soprattutto per quanto riguarda il nostro primo album – più per il loro approccio alla musica che non per la musica in sé. Ammiro il modo in cui hanno tracciato il loro cammino, forgiato la loro visione musicale, senza alcun compromesso.
Come già detto prima, non ho l’ambizione di essere chissà quanto originale con la mia musica, ma se riuscissimo ad esserlo semplicemente facendo le cose a modo nostro, sarebbe bellissimo. Ma ancora prima sarebbe importante essere una band fottutamente pesante con dei riff fottutamente buoni.
Prendi una canzone come “Open Casket” dei Death: noi siamo anni luce lontani dal riuscire a suonare qualcosa di simile, ma se dovessimo solleticare la percezione degli ascoltatori in modo simile quel brano, allora avremmo raggiunto il nostro scopo. Se “Emanations…” ci faceva uscire da una grotta in cui ci eravamo volontariamente persi, allora “Upon The Hills…” ci mostra noi mentre scendiamo a tutta velocità lungo un pendio di montagna, con una visione piuttosto chiara di ciò che si trova sotto. Ma è lo stesso paesaggio.

LA PRESENTAZIONE VISUALE DELL’ALBUM È ORIGINALE E BEN POCO STEREOTIPATA. COME AVEVATE USATO LA FOTO DI UNA CAVERNA PER “EMANATIONS OF DESOLATION”, STAVOLTA IN COPERTINA VI È UN’ALTRA FIGURA NATURALE, RAPPRESENTANTE ROCCE E UNA CASCATA, NONOSTANTE IN QUESTA OCCASIONE ABBIATE SCELTO UN DIPINTO E NON UNA FOTOGRAFIA. A COSA SI DEVA DA PARTE VOSTRA QUESTA FORTE CONNESSIONE CON LA NATURA E LE MONTAGNE?
– Non è tanto un’idea di connessione con la natura, quella che ci ha portato a scegliere queste immagini, è più una questione di possibili prospettive che questi due scenari offrono e quello che potrebbero simbolizzare. Dove siamo noi in relazione con loro? Stiamo guardando verso l’alto o verso il basso, per esempio? Dove conducono i sentieri? A dire il vero, anche se la seconda lo sembra di meno, anche la seconda copertina è una fotografia. Ma non è un dettaglio importante.

TORNIAMO UN ATTIMO ALLE VOSTRE ORIGINI: PERCHÉ AVETE DECISO DI CHIAMARVI SUN WORSHIP? CHE COSA VI AFFASCINAVA DEL ‘CULTO DEL SOLE’ E COME INLUENZANO TEMATICHE, DICIAMO, ‘SPIRITUALI’ LA VOSTRA IDENTITÀ SONORA?
– Ci siamo imbattuti nelle fotografie poi finite sulla copertina della nostra prima uscita (si riferisce alla cover del demo omonimo del 2011, ndr) e immediatamente si è creata una forte connessione. Tutta la serie di incomprensioni e domande sul perché di un nome di questo tipo (cose come “come può un gruppo black metal chiamarsi così?” e cose similiì) ci sono servite da promemoria dei vuoti orizzonti e della mancanza di immaginazione di molte persone.
Se vuoi capire devi aprire la mente e scavare un po’ più a fondo: questo vale per quasi tutti gli aspetti di questa band. Detto questo, cosa c’è di non affascinante nell’origine e nella fine di ogni forma di vita? È con ogni probabilità l’oggetto primordiale di culto e la scintilla iniziale che ha spinto gli esseri umani a interrogarsi sul loro rapporto con l’universo, la nascita della spiritualità.
A proposito, per me la creazione e l’esecuzione della musica sono pratiche spirituali; quindi sì, c’è parecchio di spirituale nella nostra musica, ma ciò non necessariamente si collega a tematiche specifiche.

PER “EMANATIONS OF DESOLATION” AVETE UTLIZZATO LE FOTO DI UNA CAVERNA PER L’ARTWORK. DI QUALE POSTO SI TRATTA E PERCHÉ PENSAVATE FOSSE ADATTO A RAPPRESENTARE L’ALBUM? PUOI SPIEGARCI ANCHE L’IDEA DI SCRIVERE LE LIRICHE IN VERTICALE ALL’INTERNO DEL BOOKLET?
– Si tratta di una profonda cavità presente in un’isola del Mediterraneo, non ricordo quale. Strutture cresciute nel corso di migliaia di anni. Soffitti così alti che si riescono a malapena a vedere. Stalagmiti e stalattiti. Potrebbe essere un indizio…

FINORA MI PARE CHE IL GROSSO DI CHI VI ASCOLTA NON SIA PER FORZA UN APPASSIONATO DI BLACK METAL, DATO CHE RACCOGLIETE UN’AUDIENCE ABBASTANZA TRASVERSALE. COME TI SPIEGHERESTI QUESTO FATTO?
– Non mi curo molto di questa cosa, sono sincero. Abbiamo attorno a noi una piccola cerchia di band e persone che la pensano più o meno come noi, persone che apprezzo e le cui opinioni sono importanti per me. Non c’è mai stato alcun desiderio o ambizione di far parte di una scena più ampia.

VI HO SCOPERTO IN UN’OCCASIONE UN PO’ PARTICOLARE, IL ROCK VALLEY FESTIVAL, SULLE COLLINE DELLA PROVINCIA DI PAVIA, DURANTE UN PICCOLO MA BEN ORGANIZZATO FESTIVAL IN QUESTO PICCOLO COMUNE CHIAMATO SANTA MARIA DELLA VERSA. IL VOSTRO SHOW FU VIOLENTISSIMO, CON DEI VOLUMI ALTISSIMI E UN SENSO DI AGGRESSIONE PERMANENTE CHE MI COLPÌ MOLTO. COME SIETE ARRIVATI A SUONARE A QUEL FESTIVAL? PERCHÉ SUONATE SOLTANTO POCHI CONCERTI ALL’ANNO?
– Ci contattò per quella manifestazione una ragazza della nostra città, non ricordo se provenisse in origine proprio da quel posto, oppure avesse semplicemente contatti diretti con i ragazzi che organizzavano.
Ricordo bene quel festival, le persone, l’ottimo cibo, il caldo allucinante di quella giornata. Caspita, sono già passati dieci anni (si trattava in effetti dell’edizione 2015 del festival, ndr)! Sai, suoniamo poco perché oltre alla band abbiamo tanti altri impegni, tra lavoro, relazioni ed altro, per cui li show che possiamo e vogliamo tenere sono quelli che poi effettivamente facciamo, non desideriamo aumentarli.

PER FAR CONOSCERE LA VOSTRA MUSICA È STATA FINORA MOLTO IMPORTANTE UNA PIATTAFORMA COME BANDCAMP, DOVE I FORMATI DIGITIALI DELLE VOSTRE USCITE SONO DISPONIBILI CON LA FORMULA ‘NAME YOUR PRICE’ E I FORMATI FISICI SONO VENDUTI A PREZZI ABBASTANZA BASSI, RISPETTO ALLA MEDIA. COME GIUDICHI QUESTO METODO DI INTERAZIONE CON CHI VI SEGUE E, DA ASCOLTATORE, QUALI RITIENI SIANO I VANTAGGI DI QUESTO TIPO DI PIATTAFORMA?
– Penso che la musica debba essere facilmente accessibile senza che si debba ricorrere a degli abomini di strumenti – oltre che la morte della creatività – come Spotify o roba simile.
Idealmente mi piacerebbe tenere la nostra musica totalmente fuori da internet, ma devo anche essere realistico e in fondo l’uso di una piattaforma come Bandcamp è il male minore.
Vendiamo la nostra musica in digitale con la formula ‘name your price’ perché la riteniamo la migliore per noi. Se le persone vogliono scaricare i dischi senza pagare, meglio che lo facciano lì direttamente, che non attraverso qualche altro metodo che li sottopone a un costoso abbonamento, dal cui ricavato totale arrivano agli artisti soltanto le briciole, mentre ai proprietari delle piattaforme rimane il grosso della torta. Fanculo quella merda!

COME ULTIMA DOMANDA, VOLEVO CHIEDERTI QUALI SARANNO I VOSTRI IMPEGNI PER IL 2025.
– Suoneremo in alcuni piccoli festival e qualche altro concerto singolo nelle date vicine ai festival. Potrebbe darsi che faremo anche un piccolo tour nella seconda metà dell’anno. Siamo anche determinati a iniziare a lavorare su della nuova musica.