“Perché fare film d’azione quando hai 66 anni? È stupido!”. Emma Thompson è un vulcano di simpatia quando arriva al Locarno Film Festival. È qui per presentare il suo ultimo film, ‘The Dead of Winter’, per la regia di Brian Kirk, ma soprattutto per ricevere il Leopard Club Award in piazza Grande, in serata. “Ho avuto anche il Leone d’Oro, ma questo è proprio elegante” scherza. Poi posa con la figlia Gaia Wise, che interpreta il suo personaggio da giovane, la guarda dal punto di vista dei fotografi, sorride ed entra nella sala piena di cronisti che la attendono.
    “Siamo in questo posto così bellissimo”, dice in italiano, poi si chiede: “In che lingua possiamo parlare? Inglese, francese o italiano? – ci pensa un attimo – Facciamo in inglese”. Neanche il tempo di iniziare che vede il soffitto del Museo Casorella e rimane incantata: “it’s beautiful”. Nella pellicola di Kirk, Thompson interpreta una donna che voleva solo andare a pesca, ma si ritrova a cercare in tutti i modi di salvare una ragazza rapita (Laurel Marsden) in Minnesota da una donna disperata (Judy Greer): prende pallottole, manda a fuoco un furgone, fa sforzi fisici grandiosi.
    “Quasi 30 anni fa, quando ho iniziato la mia carriera – ricorda – avevo un gruppo di donne con cui parlavo. La mia prima domanda per loro è stata: ‘Chi è l’eroina donna? Cosa fa?’.
    Perché io mi identificavo ancora con Marlon Brando e non ne ero felice. Non voglio fare le sue stesse cose solo con i capelli lunghi, come certi film d’azione che noi chiamiamo femministi ancora oggi. Ma a me, invece, sembra che questa donna sia una vera eroina” perché esce fuori dagli schermi visti finora, “non dice ‘Devi avere paura di me perché ho certe abilità’, è stata plasmata dal tempo, ha avuto i suoi traumi. Alcune delle cose che fa sono sorprendenti e sa che può mettere in difficoltà le persone congelando la loro roba”.
    Non che sia stato semplice interpretarla, anche se Thompson appare più raggiante che mai. “Penso di aver stirato ogni singolo muscolo”, rivela ridendo. Però poi racconta di essersi preparata a lungo per il ruolo, soprattutto per il freddo “che ti stringe come il metallo” (mima l’immagine con le mani). Prima hanno trascorso tutti un mese in Finlandia, poi hanno girato il resto in Minnesota. “Le storie di noi che facciamo la sauna e poi il bagno nel lago ghiacciato sono esilaranti”, ride insieme agli altri, “mi sono allenata con un trainer fantastico per rimanere in apnea sotto l’acqua gelida. Alla fine, trattenevo il respiro per 3, 4 minuti. Ma avevo davvero paura di annegare”.
    Nel frattempo, il caldo di Locarno ora che è abituata ai paesaggi innevati si è fatto sentire. “Potrei buttarmi in un lago ghiacciato anche adesso, non mi sono mai sentita così accaldata – commenta muovendo un ventilatore elettrico davanti al viso -. Sto vivendo una seconda menopausa!” Forse il più grande piacere è stato però poter collaborare con la figlia, che interpreta la protagonista da giovane.
    “Abbiamo fatto lunghe passeggiate, parlando del personaggio, della sua vita, cercando di immaginarla”, dice Thompson.
    “Abbiamo creato il personaggio insieme”. Qui interviene Wise: “È stato molto bello perché dopo una lunga giornata di lavoro tornavo in albergo e trovavo mia madre”, ma a volte le sue correzioni per fare il giusto accento americano erano un po’ troppo. “A quel punto dicevo a Brian (il regista, ndr): ‘puoi fare uscire mamma?'”.
   
   

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