di
Stefania Ulivi

Il conduttore si cimenta al doppiaggio nel film sui Puffi in uscita il 27 agosto

Ai tempi di Bim bum bam, 1982, fece da ambasciatore dei Puffi presso il pubblico italiano che non conosceva gli omini blu creati da Peyo e Yvan Delporte. Dal 27 agosto sarà lui a prestare la voce al più saggio di tutti, il Grande Puffo, nel film di animazione diretto da Chris Miller. «Effettivamente li abbiamo lanciati noi nel 1982. Lanciati in senso buono, per carità». Il cinema non è il suo mestiere, Paolo Bonolis non millanta competenze attoriali. «Non posso dire di essere un attore, né un doppiatore. Probabilmente perché sono coetaneo del Grande Puffo, ci siamo ritrovati a gestire la stessa età».

Recitò vent’anni fa per Alessandro D’Alatri in «Commediasexi».
«Mi coinvolse con l’entusiasmo che era tipico suo. L’ho fatto volentieri, con attori formidabili e mi sono reso conto dell’abisso che c’era tra me e loro. Meglio continuare a essere spettatore».



















































Lo è sempre stato?
«Con grande passione. Quando ero ragazzo lavoravo al cineclub Labirinto, a Roma, innamorato del cinema. Ma sarò nella nuova stagione de I Cesaroni».

Nei panni di sé stesso?
«Si. Passo in bottiglieria alla Garbatella e c’è una piccolissima trama. Mi ha fatto piacere perché sono amico di Amendola. Sul set è venuta mia figlia Silvia, da sempre grande appassionata della serie e c’è stata l’occasione anche di coinvolgere Adele, che studia per diventare attrice, in una piccola parte. Sono le mie variazioni Goldberg sul tema, dal punto di vista professionale. Chiamiamole così».

Non le piacerebbe interpretare un bel personaggio?
«Oddio, se un giorno dovessi incontrare un produttore suicida assisterei alla sua deformazione mentale e mi divertirei pure, in un ruolo drammatico».

Che regista sognerebbe?
«Purtroppo è morto, si chiama Stanley Kubrick».

Tornando al Grande Puffo, è un vecchio saggio. Con l’età che forma di saggezza pensa di aver conquistato?
«Il rispetto profondo per gli altri. La consapevolezza che l’altro è un equivalente emotivo e merita tutta la comprensione e attenzione. Non credo in realtà che in questo ci sia un esercizio di saggezza, dovrebbe essere una normale visione laica dell’esistenza».

Ma la sua cifra è lo sberleffo, la presa in giro. Non si rischia di metterli a disagio?
«No no, tutt’altro. Io non rido mai degli altri ma con gli altri. È molto diverso. Siamo tutti portatori sani di stranezze, l’importante è viverle con serenità, riconoscere che siamo così e saper ridere di noi anche quando il nostro atteggiamento diventa singolare. Quando c’è dell’overacting, dell’esagerazione, mi diverto a sottolinearlo. Non si è mai lamentato nessuno. Sentono che c’è complicità e empatia. Il sorriso è un antibiotico».

A proposito di complicità, neanche ne «I puffi» si separa da Luca Laurenti, lui doppia Gargamella e il fratello Razamella. Una tassa da pagare?
«Diciamo che è l’unica tassa piacevole che pago».

Sarà nella giuria di «Tú sí que vales».
«Ecco, un’altra variazione Goldberg sul tema. Maria De Filippi me l’ha chiesto con molto fervore e io mi sto trovando molto bene».

La partecipazione a «Ballando con le stelle» della sua ex moglie Sonia Bruganelli l’ha messa al centro del gossip. Come reagisce?
«Un certo pubblico è morboso. La mia risposta è l’indifferenza. Chi si nutre di vite altrui evidentemente ha degli irrisolti. Dispiace per loro».

Andrebbe a «Ballando» come concorrente?
«Ma siamo matti? Ho un ginocchio che vive di vita propria».

La tv generalista si continua a dare per morta e resiste. Come se lo spiega?
«Mi sembra la speranza di alcuni che hanno nei confronti della tv generalista un’alterigia intellettuale . La tv non è un obbligo per nessuno. C’è una clientela che vuole solo informazione, conoscenza, ricerca ma ce n’è anche chi cerca leggerezza e disimpegno. C’è bisogno di scrostare l’esistenza dalle circostanze talvolta difficili. La tv generalista nella sua accezione ludica è una sorta di anticalcare».

Ha condotto due festival di Sanremo. Un terzo?
«Dipende dalle circostanze. Lo feci nel 2005 e nel 2009 quando c’erano le opportunità di costruire una direzione artistica di quello che presumo debba essere un evento televisivo. Oggi, secondo me, non c’è questa possibilità e lascio che venga fatto bene da quelli che lo stanno facendo ma non è come lo farei io».

Pier Silvio Berlusconi in politica. Ce lo vede? Che consiglio gli darebbe?
«Non sono uno che dà consigli. Ma sono convinto che se è nella sua testa di poterlo fare è giusto che ci provi. Anche considerando che tra chi fa politica ci sono molti che non hanno le peculiarità di Pier Silvio e quindi può camminare serenamente portando la sua volontà di intrapresa nel mondo della politica. Parlo da uno che la politica non la segue perché è la politica che ci insegue. Sono più un fuggiasco che un inseguitore».

9 agosto 2025