Nel potente atto finale di North Country – Storia di Josey, la battaglia della protagonista raggiunge il suo apice in aula: qui il coraggio di una donna riesce finalmente a scalfire il muro di omertà, paura e indifferenza che l’ha circondata fino a quel momento.
Dopo aver sopportato anni di molestie, violenze verbali e umiliazioni quotidiane nella miniera del Minnesota, Josey Aimes, madre single e vittima di abusi fin dall’adolescenza, si ribella. Licenziatasi, decide di portare in tribunale la compagnia mineraria per non aver protetto le sue lavoratrici.
Il processo, lungo e doloroso, espone nuovamente la donna al giudizio degli altri e al peso del suo passato, in particolare le violenze subite da ragazza, che la società le ha sempre rinfacciato. Ma è proprio durante il processo che si verifica una svolta decisiva: il collega Bobby Sharp, che per anni l’ha tormentata e che fu presente, senza intervenire, alla violenza che lei subì da adolescente, viene messo sotto pressione dall’avvocato Bill White. Grazie a un’intensa metafora sull’hockey, sport simbolo del contesto maschilista che li circonda, Bobby si rende conto della propria vigliaccheria e, in un gesto carico di pentimento, confessa pubblicamente quanto accaduto.
Questa ammissione rompe il silenzio collettivo e permette a Josey di vincere la causa, ottenendo giustizia non solo per sé, ma per tutte le lavoratrici della miniera. Il film si chiude con un senso di riscatto: una sola voce, alla fine, ha cambiato tutto.