di
Pierpaolo Lio
L’inchiesta sui pestaggi e le torture nei confronti dei giovani detenuti nel carcere minorile Beccaria sale di livello, includendo anche figure di vertice. Le cinghiate nelle parti intime e le minacce degli agenti: «Se entriamo ti facciamo a pezzi»
Non hanno impedito le violenze — alcuni dei vertici dell’istituto e della polizia penitenziaria — «non esercitando i poteri di controllo, vigilanza, coordinamento». O le hanno coperte — almeno parte del personale medico — «redigendo referti falsi o concordati con gli agenti in relazione alle lesioni patite dai detenuti e assistendo a plurime aggressioni (…) omettendo di attivare qualsiasi segnalazione o intervento». L’inchiesta sui pestaggi e le torture nei confronti dei giovani detenuti nel carcere minorile Beccaria sale di livello. E, oltre al moltiplicarsi di vittime e di agenti accusati — s’allarga fino a coinvolgere alcune «figure apicali» su cui, fin dalle prime battute dell’indagine, svolte dalla squadra mobile e dal nucleo investigativo della stessa polizia penitenziaria, e coordinate dai pm Rosaria Stagnaro e Cecilia Vassena e dall’aggiunto Letizia Mannella.
Tra gli indagati spuntano così i nomi di Cosima Buccoliero, direttrice da ottobre 2018 a gennaio 2022, e da aprile a novembre 2023; di Maria Vittoria Menenti, che ha guidato invece il carcere da ottobre 2022 ad aprile 2023; di Raffaella Messina, responsabile del Cpa, il centro di prima accoglienza, e per un periodo reggente dell’istituto; di un ex sovrintendente; di due ex comandanti della Penitenziaria. Anche un altro ex direttore, Fabrizio Rinaldi, è coinvolto nell’indagine. A loro s’aggiungono tre persone in passato parte dello staff medico, con il ruolo di coordinatore sanitario, di medico e di coordinatore infermieristico.
Il numero d’indagati sale a 42. Con un aumento degli agenti accusati a vario titolo di tortura, maltrattamenti aggravati, lesioni, falso, balzati dai 13 arrestati ormai oltre un anno fa (con altri otto per cui era stata richiesta la misura della sospensione dall’esercizio di pubblici uffici) ai 33 di oggi. Per la procura, avrebbero sottoposto i ragazzi a «ripetute violenze psicologiche e fisiche e umiliazioni». Un indagato deve rispondere anche di violenza sessuale. Sono 33 anche le vittime: sono ex detenuti, spesso minorenni, rinchiusi nell’istituto di via Calchi Taeggi. Le loro testimonianze saranno cristallizzate nell’incidente probatorio, richiesto dagli inquirenti, con audizioni «protette».
I pestaggi documentati spaziano tra il 2021 e il 2024. Si va dallo schiaffo («educativo», come lo definivano alcuni agenti), ai calci, pugni, ginocchiate, cinghiate (alle parti intime), e via a seguire. Ad aggredire, uomini in divisa, anche in gruppi di sei o sette, contro singole vittime, poi a volte rinchiuse per «punizione» in cella d’isolamento, ammanettate, svestite, ancora sanguinanti. A far scattare la violenza poteva essere qualunque cosa: tentativi di rivolta, o di suicidio, offese, ma anche richieste insistenti, lamentele.
«Se entriamo, ti facciamo a pezzi». L’avvertimento viene rivolto da cinque agenti alla vittima — un detenuto marocchino all’epoca 16enne — mentre il ragazzo si sta mettendo attorno al collo il cappio fatto con le lenzuola. Dopo il tentativo d’impiccagione, e il risveglio dalla perdita di coscienza, il gruppo si fionda su di lui. Schiaffi, ginocchiate. Poi, viene ammanettato al letto. In un altro caso, la vittima — un 17enne italiano — individuato come responsabile di un incendio appiccato per protesta, dopo il pestaggio, durante il quale sette agenti lo avrebbero ammanettato e colpito con pugni e calci, è rinchiuso dieci giorni in cella d’isolamento «privo dei propri effetti personali, del materasso, del cuscino e delle lenzuola».
Vai a tutte le notizie di Milano
Iscriviti alla newsletter di Corriere Milano
9 agosto 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA