La Porta dell’inferno è un gigantesco cratere di 70 metri di diametro e 20 metri di profondità da cui, ormai dagli anni Settanta, si alzano fiamme senza sosta. La gigantesca voragine di fuoco si trova nel cuore del Turkmenistan, perfettamente a metà strada tra la capitale e la terza città più grande del Paese, Dashoguz.  Attorno a lei tuttavia, c’è soprattutto sabbia. Nulla di così sorprendente, considerando che l’intera Nazione è occupata per tre quarti dal deserto del Karakum. Una zona quindi apparentemente vuota, che sembrerebbe condannare alla povertà i pochi che ci abitano se non fosse che, sotto tutta quella sabbia, si nascondono quei gas che sono il sostentamento dell’economia turkmena e che in passato sono stati il vero motivo per cui i sovietici si coccolavano questo avamposto nell’Asia Centrale, grande più di una volta e mezzo l’Italia ma con un dodicesimo della sua popolazione (poco più di 5 milioni di abitanti). Proprio all’URSS e alla sua voglia di scoprire i giacimenti nascosti del Turkmenistan si deve non a caso anche la nascita involontaria della Porta dell’inferno, creata per errore nel 1971.