Negli ultimi giorni la morte di due persone per un’intossicazione da botulino alimentare in Calabria e il ricovero di altre dodici persone per la stessa malattia ha suscitato molta attenzione da parte dei media. Se certe forme di allarme sono state eccessive, dato che per il momento non è stato provato che gli alimenti coinvolti abbiano avuto una diffusione al di là di Diamante, in provincia di Cosenza, è vero che il botulismo è una condizione molto rischiosa e che in mancanza di cure mediche adeguate può essere letale. Per questo è importante conoscerne le cause, soprattutto se si ha l’abitudine di fare conserve alimentari in casa.
Il botulismo infatti è dovuto ai batteri del genere Clostridium che si sviluppano e producono tossine pericolose in assenza di ossigeno e in ambienti non troppo acidi, come possono essere delle conserve alimentari preparate in modo inadeguato. In breve si tratta di quelle conserve prodotte senza usare aceto nelle quantità giuste per evitare la proliferazione dei batteri o senza sottoporre i barattoli a una corretta pastorizzazione, il trattamento termico per distruggere i microrganismi presenti negli alimenti.
I procedimenti per evitare le contaminazioni da botulino sono diversi in base agli alimenti considerati. L’errore più comune che viene fatto preparando conserve sott’aceto per esempio è un’acidificazione insufficiente: per evitarlo è necessario cuocere i vegetali in soluzioni contenenti acqua e aceto nella stessa proporzione, se si usa l’aceto di vino. Nel caso di marmellate e confetture invece sono frutta e zucchero che devono essere presenti in parti uguali nella fase di cottura; se si vuole ridurre lo zucchero è indispensabile aumentare l’acidità, ad esempio con il succo di limone. Per i vegetali in salamoia invece è il sale che deve essere presente in quantità sufficienti, almeno il 10 per cento della soluzione.
Più nel dettaglio le raccomandazioni da seguire sono spiegate nelle approfondite linee guida preparate dall’ISS insieme al ministero della Salute, all’Università di Teramo e al Centro antiveleni di Pavia e consultabili a questo link.
Tra i paesi dell’Unione Europea l’Italia è uno di quelli in cui avvengono più casi di botulismo proprio perché è molto diffusa la tradizione di produrre conserve di vegetali sott’olio o in acqua o salamoia in casa, soprattutto nelle regioni del Sud. La stragrande maggioranza dei casi di intossicazione noti è dovuta al consumo di conserve domestiche, anche se ci sono stati episodi legati a prodotti industriali, come quello che nel 1996 riguardò otto persone che avevano mangiato lo stesso mascarpone.
Tra il 1986 e il 2022 almeno 599 persone hanno ricevuto una diagnosi confermata di botulismo, secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità (ISS), e le regioni dove sono stati registrati più casi sono la Campania, la Puglia e il Lazio. Gli alimenti coinvolti più di frequente sono le conserve di vegetali e funghi in olio (47,7 per cento dei casi), come quella che potrebbe aver causato le intossicazioni a Diamante, e le conserve vegetali in acqua o salamoia (25,5 per cento), seguite dalle conserve di carne (7,8 per cento), di pesce (7,8 per cento), dal prosciutto (4,6 per cento dei casi) e dai salami e dalle salsicce (3,3 per cento). L’ISS mette in guardia soprattutto dalle olive nere in acqua, dalle conserve di funghi sott’olio e da quelle di cime di rapa.
La tossina del Clostridium botulinum è una delle sostanze più tossiche che siano conosciute. Blocca il rilascio di neurotrasmettitori nei muscoli e per questo causa forme di paralisi che partono dalla testa e si diffondono progressivamente nel resto del corpo, fino agli arti. I sintomi più comuni sono l’annebbiamento e lo sdoppiamento della vista, la dilatazione delle pupille, difficoltà a tenere gli occhi aperti, a parlare e a deglutire, la secchezza della bocca e la stipsi.
Nelle intossicazioni più leggere i sintomi possono risolversi da soli, mentre nei casi più gravi, che portano a forme di insufficienza respiratoria, è indispensabile la somministrazione di anticorpi ottenuti da siero iperimmune con antitossine botuliniche: è un liquido estratto dal sangue di persone in fase di remissione da un’infezione, che per questo contiene anticorpi specifici.
Quando sono segnalati dei casi di botulismo il ministero della Salute distribuisce le dosi di antidoto della scorta nazionale gestita dal Centro antiveleni di Pavia, che è il Centro Nazionale di Informazione Tossicologica (CAV-CNIT). L’antidoto non ha una diffusione maggiore nelle strutture ospedaliere italiane perché non è acquistabile in dosi ridotte e non ha una produzione semplice, ma non si trova fisicamente solo a Pavia: è presente anche in vari depositi autorizzati e distribuiti nel territorio nazionale. All’ospedale di Cosenza è stato mandato inizialmente dalla Farmacia Militare di Taranto, in Puglia. L’antidoto è comunque una sostanza da usare con cautela: deve essere somministrato per via endovenosa in ospedale e facendo attenzione per evitare reazioni avverse.
In media i sintomi di un’intossicazione da botulino alimentare compaiono tra le 24 e le 72 ore dopo il consumo dell’alimento contaminato dalle tossine: prima si manifestano i sintomi, più gravi sono. Attualmente, visti i casi di questi giorni, l’ospedale di Cosenza è stato autorizzato a mantenere una scorta di antidoto al botulino nel suo reparto di terapia intensiva.