Leggi anche

Uketsu, il misterioso youtuber giapponese autore del vendutissimo romanzo thriller Strani disegni, disponibile in libreria, nasconde la sua vera identità dietro una maschera di cartapesta. L’ambito letterario incoraggia il paragone con Elena Ferrante, pseudonimo dell’autrice di L’amica geniale, ma la presenza online e il costume immediatamente riconoscibile ricordano invece Liberato, il cantante napoletano con cappuccio e bandana. In entrambi i casi, l’identità nascosta genera interesse perché si accompagna a una produzione artistica di qualità: più grande è il successo, più colpisce la scelta di negare a se stessi una parte dei suoi vantaggi.

Strani Disegni è al quinto posto della classifica dei libri più venduti in Italia, al primo nella categoria dedicata alla narrativa straniera. Il Post lo ha definito “il romanzo giapponese dell’estate italiana”, mentre Roberto Saviano ha intervistato Uketsu per La lettura, l’inserto letterario del Corriere della Sera. Descrivendo i suoi video su YouTube, l’italiano ha evocato la categoria del “perturbante”, facendo riferimento a performance che prevedono “uso di vestiti che sembrano carne appesa ai ganci di una macelleria” e “asparagi tagliati che si trasformano in dita umane”. Indossando una maschera bianca e una tuta nera, in quello che sembra un riferimento al personaggio di Senza-Volto di La città incantata di Hayao Miyazaki, Uketsu ha accumulato un seguito di 1,7 milioni di iscritti, ma i numeri delle visualizzazioni di alcuni suoi video sono molto più alti.

uketsu strani disegnipinterestKoji Watanabe//Getty Images

Uketsu.

Strani Disegni, di cosa parla

Strani disegni interseca diversi personaggi e linee temporali in una trama mistery che procede verso l’identificazione di un assassino. Le illustrazioni, presenti in gran numero tra le pagine del libro, sono parte attiva del racconto e rappresentano altrettanti enigmi la cui risoluzione informa direttamente le svolte nelle indagini. Lo svelamento del loro significato non è lineare, ma procede per errori e intuizioni, che si trasformano in altrettanti colpi di scena. Nonostante il titolo, non sono soltanto le illustrazioni a definire l’opera di Uketsu: il congegno narrativo a incastro e il racconto che salta da una linea temporale all’altra, seguendo un criterio ordinativo puramente drammatico; i disegni e la messa a fuoco graduale di una soluzione all’enigma che rappresentano; i colpi di scena di cui sono oggetto anche i personaggi, rispetto ai quali operiamo un continuo riposizionamento, incapaci di capire se siamo o no dalla loro parte. A tal proposito, nella sua intervista a La Lettura, Uketsu dice di voler “descrivere la fragilità che tormenta i carnefici”.

strani disegni copertinapinterest

courtesy einaudi

In un altro punto dell’intervista, spiega: “Io vorrei semplicemente dire loro (ai lettori, ndr) che la lettura non è altro che un passatempo, qualcosa a cui dedicarsi in tutta tranquillità, senza pensare ad altro”. Come lo stile senza fronzoli della scrittura, queste parole farebbero pensare a un romanzo di consumo originale e ben riuscito. Eppure, man mano che si va avanti, si finisce per apprezzare la capacità di Uketsu di passare agilmente dalla descrizione dei fatti a quella delle psicologie, anche nello spazio di una breve ma puntuale digressione. Capita allora di trovarsi davanti a una nuova prospettiva sui personaggi, magari in contraddizione con la precedente: “La temeva più di chiunque altro – si legge in un passaggio del libro – ma al contempo riponeva tutta la sua fiducia in lei”. È in queste occasioni, e in misura crescente verso il finale, che Strani disegni rivela il punto di vista dell’autore.

Il punto di vista dell’autore

Per Uketsu, la sofferenza è ereditaria e riguarda tutti i personaggi della storia e il tentativo di compensarla con la vicinanza umana non è mai efficace: come nel dilemma dei porcospini del filosofo tedesco Arthur Schopenhauer, i protagonisti vivono due situazioni estreme, quella dell’isolamento e di rapporti asfissianti e perversi, forse perché ogni desiderio deve per forza trovare realizzazione in una cerchia troppo ristretta, adeguandosi alle poche opzioni a disposizione nel Paese che ha inventato la parola hikikomori. Strani disegni descrive un Giappone impoverito, in cui è difficile trovare lavoro: cause di necessità maggiore spingono generazioni diverse a vivere sotto lo stesso tetto, e i giovani a prendere non quello che vogliono ma quello che trovano.

Da una parte, ci troviamo davanti a una macchina narrativa apparentemente studiata al livello del singolo ingranaggio: sembra quasi di vederlo, Uketsu, mentre sposta i pezzi della storia di Strani disegni su una bacheca, alla ricerca dell’incastro che gli permetterà di moltiplicare i colpi di scena. Dall’altra parte, sembra che una serie di ossessioni, provenienti da un luogo dell’inconscio, abbiano trovato una strada fino al romanzo. Una di queste sono i triangoli, in cui ci si imbatte fin dall’inizio, cioè da quando due studenti iniziano a leggere un blog evocando una presenza fantasmatica nominata solo indirettamente dal contenuto dei post. Più avanti, il romanzo costruisce un’atmosfera caleidoscopica, allucinatoria, aggiungendo ai triangoli ricorrenze (alcuni eventi si ripetono quasi uguali), specchiature (figli che assomigliano a padri, cognate a nuore), scambi di persone (un amico che prende brutalmente il posto di un padre). Tutto questo però va cercato tra le righe, perché l’impressione generale resta comunque quella di un romanzo immersivo e dallo stile asciutto.

Per queste ragioni, il lettore divora le pagine di Strani disegni, mentre una musica di fondo, che parla di malinconia e pessimismo, sale raggiungendo la soglia della percezione, come la radio di un ristorante il cui volume viene gradualmente alzato fino a coprire le conversazioni. A questo punto è chiaro: non è il solito libro di uno youtuber. E neanche il solito libro.

Headshot of Giuseppe Giordano

Guardo film e gioco a videogiochi, da un certo punto della vita in poi ho iniziato anche a scriverne. Mi affascinano gli angolini sperduti di internet, la grafica dei primi videogiochi in 3D e le immagini che ricadono sotto l’ombrello per nulla definito della dicitura aesthetic, rispetto alle quali porto avanti un’attività di catalogazione compulsiva che ha come punto d’arrivo alcuni profili Instagram. La serie TV con l’estetica migliore (e quella migliore in assoluto) è comunque X-Files, che non ho mai finito per non concepire il pensiero “non esistono altre puntate di X-Files da vedere per il resto della mia vita”. Stessa cosa con Evangelion (il manga).