All’interno di un inquietante scenario distopico nel quale funzionalità online e mancanza di supporti fisici minacciano la sopravvivenza a lungo termine di tutti i videogiochi, il lavoro svolto negli anni dal team di sviluppo M2 si rivela come un accecante fascio di luce, perché questi ragazzi hanno trasformato la loro passione in un obbiettivo ammirevole: preservare i pilastri del medium dal passaggio del tempo. Dopo aver già curato il ritorno di Castelvania e Contra, la compagine giapponese è tornata a collaborare con Konami per riportare in vita Gradius con una collezione composta dai primissimi titoli della serie, impreziosendo un’operazione quasi archeologica con un titolo originale che sembra davvero risalire alla fine degli anni 90.
L’alba del videogioco
L’Origins che compare nel titolo di questa collection può essere interpretato in sensi differenti, perché oltre a ripercorrere le prime fasi della celeberrima saga è anche un’opera che ci riporta agli albori del videogioco per come lo conosciamo oggi, in un viaggio alimentato dalla nostalgia che non manca mai di insegnarci nuove cose sul nostro medium preferito.
Nel 1985 Gradius sconvolse il mondo delle sale giochi proponendo uno sparatutto dall’ambientazione completamente diversa rispetto alle altre, introducendo un’estetica bio-futurista che mescolava la fantascienza a mostruosità tentacolari, introducendo tratti distintivi come la presenza dei Moai spaziali e sdoganando una forma artistica che da quel momento sarebbe diventata la moda per moltissimi sviluppatori. Dal punto di vista ludico, invece, Konami ebbe il coraggio di rompere con la tradizione arcade dell’epoca inventando un sistema di power-up scalare nel quale ogni potenziamento raccolto faceva scorrere verso destra il cursore su una barra orizzontale: il giocatore doveva scegliere se riscattare l’arma selezionata oppure attendere la possibilità di ottenere equipaggiamenti migliori, presenti ovviamente al termine della barra, inserendo una spiccata nota strategica a quello che già si configurava come uno sparatutto estremamente difficile.
Nel voler riscoprire le radici della serie M2 ha deciso di ripescare dal passato tecnologico le versioni storiche dei giochi proposti, riesumando i software presenti nei cabinati e dunque ignorando i numerosi porting per console casalinghe che si sono succeduti negli anni. Il lavoro svolto è davvero ammirevole e permette di apprezzare la vera natura di titoli pensati per le sale giochi con il loro feeling originale, a partire da una schermata di avvio durante la quale bisogna inserire il gettone (o due, se volete vivere l’avventura in compagnia) fino ad arrivare ad un tasso di difficoltà brutale e a tratti frustrante, diverso da quello presente nelle versioni console “ammorbidite” per un tipo di utenza diverso.
Una collection onnicomprensiva
La raccolta pensata da M2 comprende i primi tre episodi della serie principale Gradius, ma anche i due capitoli spin-off di Salamander, nati virtualmente come costola di Gradius ma a conti fatti del tutto integrati nella stessa, poiché negli anni le due saghe si sono condizionate a vicenda e hanno condiviso progressi e nuove trovate fino a creare un’unica grande famiglia.
Con estrema e piacevolissima pignoleria, inoltre, gli sviluppatori giapponesi non si sono limitati ad inserire il primo Salamander, ma hanno anche aggiunto la sua versione successiva, quel Life Force che non differisce soltanto nel nome dall’originale, ma anche nella gestione dei power-up (ripresi totalmente dal primo Gradius, mentre Salamander utilizzava potenziamenti convenzionali) e nell’estetica generale del prodotto, pensato come un viaggio all’interno di un organismo più che nello spazio. Questo genere di precisione ha guidato l’enorme lavoro di riscoperta di M2, che con Gradius Origins propone numerosi adattamenti di ogni singolo capitolo, da quelli esportati oltreoceano e caratterizzati da piccole o grandi modifiche rispetto alle prime varianti, fino ad arrivare alle diverse riedizioni pubblicate in Giappone, mettendo insieme una collection davvero onnicomprensiva che salva dall’oblio il lavoro svolto negli anni da numerosi sviluppatori. Il pezzo più pregiato del pacchetto è probabilmente una versione considerata persa di Gradius 3 pensata appositamente per una fiera nipponica, diventata nel tempo leggendaria anche grazie a diverse riviste del settore che raccontavano di come lo stand di Konami fosse stato preso d’assalto da giocatori ammaliati dalle meraviglie di quel cabinato.
Grazie ad una scoperta clamorosa (il cui aneddoto ci è stato raccontato in un’intervista da Ueno Ryosaku, il producer della collection) adesso tutti possono mettere le mani su quel prototipo, il quale si rivela essere come il primo livello di Gradius 3, ma abbellito da un’effettistica migliore e concluso con un boss finale diverso da quello pensato per la versione effettivamente pubblicata, spettacolare ma anche estremamente difficile anche per gli standard della serie. Come se il lavoro di riscoperta e riproposizione delle opere non fosse sufficiente, M2 ha incluso nella raccolta anche un ricchissimo archivio che comprende musiche ed immagini riferiti ai singoli giochi, oltre ai bozzetti di tanti livelli, progetti scartati e i libretti di istruzione spediti insieme ai cabinati.
Ritorno al futuro
Dal punto di vista tecnico la Gradius Origins propone un’emulazione perfetta dei software sviluppati per le sale giochi, portata ovviamente sullo schermo con una cornice che regola l’aspect ratio in modo da adattarsi ai grandi monitor moderni, ma aggiunge diversi tocchi visivi che – pur senza intaccare il gameplay originale – rendono più leggibile ciò che accade sullo schermo. Ad esempio nelle barre laterali è segnalato con precisione quanti colpi è ancora in grado di assorbire il nostro scudo, mentre in precedenza eravamo avvertiti soltanto da un cambio di colore che segnalava come l’energia stesse per terminare, ma ci sono altri utili indicatori come il livello di velocità, il numero di navicelle disponibili e lo stage corrente.
Per la gioia di tutti i puristi l’esperienza originale dei vecchi titoli è quindi preservata in toto, mentre diverse opzioni permettono di godere di questo viaggio nel passato anche a chi teme il suo livello di difficoltà decisamente ostico, soprattutto nei primissimi capitoli: dal menù principale è possibile selezionare una Modalità Facile che diminuisce le hit-box della nostra navicella rendendola più difficile da colpire, mentre la Modalità Invincibile la rende addirittura indistruttibile, ma ovviamente impedisce di ottenere trofei e soprattutto di entrare nelle immancabili classifiche online.
A corredo di queste due gradite opzioni c’è anche una Modalità Allenamento nella quale è possibile provare e riprovare i singoli stage di ogni livello, così da imparare a memoria i pattern proposti prima di lanciarsi per davvero nell’azione e puntare al prossimo high score. I ragazzi di M2 non sono però soltanto degli archeologi videoludici, ma anche dei fini sviluppatori, e per festeggiare il quarantesimo anniversario di Gradius hanno deciso di creare un nuovissimo capitolo di Salamander a 17 anni di distanza dall’ultimo. Salamander 3 non è però un’incarnazione moderna della serie, perché è stato creato pensando a come sarebbe stato se fosse uscito alla fine degli anni Novanta: il risultato finale farà la gioia di tutti gli appassionati della saga, perché il feeling di questo nuovo capitolo è davvero paragonabile agli storici titoli che l’hanno preceduto, creando un senso di continuità assoluta con gli stessi pur apportando qualche dovuta modifica al gameplay, a partire da una curva di difficoltà ostica (ma non frustrante) fino ad arrivare ad una leggibilità dello schermo completa e gradevole.