Altro che voto di scambio. Da quanto emerge dalle ultime rivelazioni sui rapporti tra il vertice di Mediobanca e quello delle Generali, si è probabilmente più vicini alla relazione incestuosa. Come giudicare altrimenti la proposta di Lorenzo Pellicioli ai colleghi del cda della compagnia triestina, di acquistare un congruo pacchetto di azioni Mediobanca da portare all’assemblea del 21 agosto a sostegno del progetto di Ops su Banca Generali, quando ancora non è chiaro se l’operazione è nell’interesse della compagnia?
Ora, delle prodezze di Pellicioli in virtù del filo diretto che storicamente lo lega a Piazzetta Cuccia, abbiamo scritto in passato. E del resto nella Milano finanziaria anche i sassi sanno che l’ex amministratore delegato del Gruppo De Agostini è da tempo il referente più diretto di Alberto Nagel all’interno del cda Generali. Ma la proposta da lui lanciata mercoledì scorso nel bel mezzo della riunione del consiglio è un segno di subalternità e a un tempo di arroganza, che va oltre il voto di scambio ipotizzato fin da gennaio su queste colonne. Tanto che un consigliere della minoranza, per spegnerne l’enfasi che aveva gettato in grande imbarazzo i colleghi, si è trovato costretto a informarlo che con tali argomenti si stava rapidamente incamminando sui sentieri della Procura. E dunque, che altre prove dobbiamo portare per convincere la vigilanza che Mediobanca e Generali si muovono nel solco di un concerto a partito unico che viene eseguito, come fosse normalità, sin dai tempi di Enrico Cuccia?
Per non dire del fatto che il medesimo Pellicioli ha dovuto ammettere davanti ai colleghi che l’affare Banca Generali era stato in qualche modo concordato con Nagel in incontri cui hanno partecipato alcuni consiglieri prima che la loro nomina fosse certificata dall’assemblea del 24 aprile. Sia chiaro, abbiamo cognizione che da anni Mediobanca aveva nel mirino la controllata delle Generali, perciò non sorprende che il ceo di Piazzetta Cuccia ne abbia parlato con consiglieri che del progetto erano magari già stati messi a parte nel passato essendo magari al secondo mandato. Tuttavia, se questi ultimi incontri fossero però avvenuti nelle more della loro ricandidatura al cda, la questione assumerebbe ben altra rilevanza. Soprattutto in considerazione del fatto che le condizioni dell’operazione, in presenza dell’Ops lanciata da Montepaschi su Mediobanca, non sono certo quelle ipotizzate per un mero acquisto con esborso in denari; le nuove condizioni ruotano infatti attorno allo scambio azionario che vede Piazzetta Cuccia rinunciare in toto al cespite patrimoniale più prezioso della sua storia: il 13,2% delle azioni Generali. Un’architettura che probabilmente ha l’obiettivo primario di indebolire l’istituto milanese – impoverendo a un tempo anche la casa-madre Generali – rendendo più onerosa e quindi meno attraente l’offerta di scambio lanciata da Montepaschi. Del resto, il sospetto è corroborato dal fatto che Mediobanca sembra orientata a far sì che solo il 51% di Banca Generali posseduto dalla compagnia triestina, vale a dire la quota destinata a sé, passi di mano: questo, al momento, è quanto si ricava da una più attenta lettura della convocazione dell’assemblea del 21 agosto, che in una formula assai poco rispettosa del mercato di fatto impedisce a gran parte degli azionisti di disporre in tempo utile di informazioni sufficienti per poter esprimere un voto con cognizione di causa, anche perché l’adunanza avverrà a porte chiuse con la partecipazione dei soli organismi dell’istituto. Sicché, dopo la relazione del cda, sarà l’avvocato-notaio Dario Trevisan, il rappresentante designato, a declinare le deleghe di tutti i soci che avranno deciso di votare comunque. E, come probabile, si avrà un risultato all’ultimo voto visto che Nagel – che sa bene di avere di fronte la sfida finale della sua lunga carriera professionale – avrà sicuramente chiamato alle armi la miriade di fondi e di hedge che in questi anni hanno frequentato la sua corte. Lo prova la scesa in campo del proxy advisor Iss, che di nuovo ieri tesseva le lodi di un’operazione sulla cui bontà in queste settimane si sono accumulati non pochi dubbi, anche di analisti che pure in un primo tempo ne avevano discettato positivamente.
Interpellato dai giornalisti, ieri un portavoce della Consob ha dichiarato che sulla vicenda Mediobanca-Generali la Commissione “ha in corso la normale attività di vigilanza che viene fatta nel 100% dei casi”.
Davvero questa è una vicenda che merita una “normale attività di vigilanza”? E davvero, fin d’ora, non si ravvedono elementi che richiederebbero l’intervento preventivo dell’arbitro? Sarebbe interessante conoscere l’opinione in proposito anche della professoressa Alessia Falsarone, consigliera indipendente delle Generali, con cittadinanza statunitense e residente a New York, considerata grande studiosa delle regole che su questi temi ispirano l’attività della Securities and exchange commission.
Osvaldo De Paolini