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Silvia M. C. Senette
Scrittore, alpinista, scultore e personaggio televisivo, Corona è soprattutto un uomo che ha imparato a «vivere in verticale» in un mondo che sembra accontentarsi dell’orizzonte
«Il silenzio è il linguaggio perfetto», sostiene Mauro Corona, ma oggi — 9 agosto — che compie 75 anni è il momento di lasciar parlare la sua vita e le sue parole. Ingabbiare in una descrizione un uomo dalle mille vite e dalle altrettante sfaccettature sarebbe impossibile: scrittore, alpinista, scultore e personaggio televisivo, Corona è soprattutto un uomo che ha imparato a «vivere in verticale» in un mondo che sembra accontentarsi dell’orizzonte.
La vita del venditore ambulante
La sua storia comincia su un carretto da venditore ambulante, lontano dalla sua Erto. Nasce a Baselga di Piné il 9 agosto del 1950 in una realtà di povertà e fatica, dove il lavoro era questione di sopravvivenza; l’infanzia segnata da un padre alcolizzato e dall’abbandono della madre, che scappa dalle violenze del marito. Un dolore profondo che lo ha reso «un orfano con genitori viventi», come si è definito, e che lo ha spinto a cercare conforto nelle pagine di Tolstoj, Dostoevskij e Cervantes.
Il disastro del Vajont
Poi il buio della notte del 9 ottobre 1963, in cui la diga del Vajont si rompe trascinando via quasi 2.000 vite e distruggendo per sempre il suo mondo. La sua famiglia si salva, ma Erto non è più la stessa. Mentre tutto crolla, Corona trova una via di fuga, un modo per salire, per non farsi travolgere dalla corrente: i Salesiani di Pordenone prima, l’istituto per geometri di Udine poi, grazie agli aiuti per gli sfollati. Ma la ribellione è già in lui. La sua vita è una continua ricerca, una scalata senza fine. Diventa manovale, scalpellino, boscaiolo e intanto coltiva le sue passioni: la scultura, l’arrampicata, la scrittura. Sono queste le sue vere «mole»: gli strumenti che affilano la vita e le danno un senso. «La vita va affilata giusta se vuoi che funzioni – ha dichiarato -. Se vuoi che tagli le difficoltà non deve essere né troppo stesa né troppo conica, se no non vai avanti. La mola che affila le nostre vite è l’educazione, i valori dati da una buona educazione sono importanti, ma più importante è l’inclinazione».
Oltre 300 vie aperte
La sua, di inclinazione, è sempre stata quella di salire. Non solo sulle montagne, dove ha aperto oltre 300 vie, ma anche nella vita, affrontando le difficoltà e superando i propri limiti. Un alpinista cristallino, come lo definisce Erri De Luca, che «scala montagne in stile pulito, scolpisce legno seguendo la vena e la luna, scrive libri e storie di persone vere e perciò rare».
La scrittura
La carriera di scrittore nasce per caso, grazie a un giornalista che pubblica alcuni suoi racconti sul Gazzettino. Il successo arriva con il tempo, con quasi quaranta libri all’attivo alcuni dei quali diventati bestseller. Racconti, romanzi, favole, saggi, poesie: in ogni pagina c’è un pezzo della sua vita, un frammento della sua anima, il ricordo di un’infanzia difficile, l’amore per la natura e per le montagne. Un successo che lui stesso ha imparato a domare, sapendo che «quando sei arrivato in cima non puoi fare altro che scendere». Ma anche con la consapevolezza che «si può sempre risalire una cima già scalata. È un grande conforto».
La televisione
Poi la televisione. Con il suo look da pirata, i modi spicci e le opinioni controcorrente, Corona diventa un personaggio popolare che divide e fa discutere. Le sue intemperanze, i battibecchi con gli ospiti, la celebre lite con Bianca Berlinguer che gli costa la sospensione dalla Rai. Ma anche qui la sua autenticità, il suo essere un «diverso», una «fastidiosa protuberanza nel piatto mondo degli arrivati» scrive in «Il volo della martora», lo rendono un personaggio unico, irriverente e libero.
I premi e i riconoscimenti
Nonostante il successo, i premi e i riconoscimenti – il Premio Bancarella nel 2011 per «La fine del mondo storto» e il Premio Mario Rigoni Stern nel 2014 e il Selezione Campiello per «La voce degli uomini freddi» – Corona resta un uomo che non si piace. «Non tanto per i miei difetti, che sono una gran parte della mia vita, ma per quello che non ho ricevuto da bambino». Questa sua insoddisfazione, la continua ricerca di riscatto, sono forse quello che ancora oggi lo spinge a salire sulla Ferrata delle Aquile in uno scatto diventato virale due settimane fa. Un atto di sfida contro la paura, contro se stesso, contro il tempo che passa. «Ero pure mezzo slegato, imbragatura al minimo, ma io sono pazzo — dichiara al Corriere della Sera —. Mi sia concessa una profezia: prima o poi questo continuo sfidare la paura mi fregherà. Mi piacerebbe svegliarmi una mattina in maglietta, bermuda e giornale e andare in spiaggia a Jesolo, ma ogni giorno mi ritrovo con questa voglia matta di avere paura. Perché io lassù, sulla Paganella, avevo paura, anzi terrore. Eppure lo devo fare, voglio avere paura per poterla vincere, devo sfidarmi, devo dimostrare a me stesso, quotidianamente, che valgo qualcosa».
Perché in fondo, come ha scritto in «I misteri della montagna», «la montagna obbliga a mosse mai fatte, convince a scelte drastiche». E Mauro Corona, nel bene e nel male, non ha mai avuto paura di scegliere; anche a costo di sbagliare, di cadere, di dover ricominciare, ma sempre con la voglia matta di salire ancora, di «vivere in verticale».
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9 agosto 2025 ( modifica il 9 agosto 2025 | 13:59)
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