La nuova vita dell’ex rugbista dopo l’incidente, tra obiettivi paralimpici e due squadre eterne

Daniela Cursi Masella

9 agosto 2025 (modifica alle 13:46) – MILANO

Unione Rugby Capitolina-Benetton Treviso, 60-0. Una partita indimenticabile. Il suo cuore è blu, amaranto da quando, a 9 anni è entrato a far parte dell’Unione Rugby Capitolina. Colori che lo hanno accolto successivamente, insieme a Luca Ercolani e altri suoi compagni, nei potenti del beach rugby Crazy Crabs. L’equazione di 27 anni di vita è per Federico Maesano: un colpo di fulmine per la palla ovale, un amore eterno per i compagni di squadra e una famiglia allargata con URC e Crazy Crabs. Potremmo dire che il giorno del suo incidente, fosse uno dei tanti. Ma non è così. Un anno e mezzo fa, stava raggiungendo in scooter i compagni di squadra per affrontare una partita da titolare. Era nel pacchetto della mischia contro Avezzano. “Avrei giocato nel mio ruolo preferito, flanker numero 7“. In pochi secondi, il buio. Due settimane di coma farmacologico, un mese di rianimazione e poi, tra visite, esami diagnostici e operazione chirurgica, la notizia: lesione midollare completa. “Mi è andata di lusso”, commenta. Ecco come affronta la partita più difficile della sua vita Fiorenzo. O Fez. Così lo chiamavano, e lo chiamano ancora, i compagni di squadra. Fiorenzo non è al centro della scena come Harry, ma quando entra in campo il suo impatto è profondo, definitivo, silenziosamente nobile. Non gioca d’istinto, ma d’intuito perché conosce i ritmi invisibili della partita.  Il suo habitat naturale? Tra mischia e linea, tra distruzione e costruzione, tra difesa e attacco, tra l’istinto animale e l’intelligenza tattica. Un guardiano silenzioso che sopporta il dolore per diventare l’elemento che ribalta il destino di una partita. O della sua vita. 

Federico Maesano e capitolina: un amore reciproco—  

“Ciò che mi ha catturato della Capitolina, e che è cresciuto dentro di me anno dopo anno, è il forte spirito di appartenenza a quel posto. A quelle persone, a quella maglia e a quei colori. Le fondamenta di Capitolina – testimonia Federico Maesano – sono la diffusione dei valori del rugby e l’educazione al sano agonismo. È un club fatto di persone che provano piacere a condividere un percorso individuale e collettivo fatto di passione e impegno. Un percorso che mira alla crescita qualitativa e quantitativa del club, destinato a durare nel tempo. È qualcosa di indistruttibile. E per me è diventata casa, è diventata la famiglia che mi sono scelto. In fondo lo dice anche un coro cantato dal nostro Curc, la curva URC composta da giocatori di tutte le eta, dai bambini del mini rugby, rugby giovanile, seniores e genitori: ‘Oh Unione, lo sai già che, nel mio cuore ci sei solo te, da questo posto non andrò mai via, via Flaminia è sempre casa mia’. Con e per la Capitolina abbiamo girato l’Italia come giocatori e come tifosi venerando i nostri colori e cantando i nostri cori. Con e per Capitolina abbiamo riso e pianto. Abbiamo vinto e abbiamo perso. Abbiamo esultato dalla gioia e abbiamo tremato dalla paura. Ma in tutte queste condizioni siamo sempre stati insieme, uniti. E vuoi sapere quando ho capito tutto ciò? Dopo l’incidente. Non c’è stato un momento preciso, ma è stato come se ogni giorno ricevessi una conferma quotidiana”. Panico e disperazione. Quel 17 marzo 2024 URC e Crazy Crabs sono stati investiti da un tornado. “Quel maledetto giorno, vari fattori, tra il manto dissestato, la buca prima della curva e le condizioni generali della strada di Roma, hanno stravolto e cambiato la vita di tutti”. Da quel momento, Maesano non è mai stato solo. “Per tutto il mese in cui sono stato ricoverato in rianimazione, credo non ci sia stato un momento in cui non ci fosse qualcuno lì fuori. Pensa che i miei compagni di Capitolina hanno registrato tutti insieme i nostri cori mentre ero in coma e mio padre me li faceva ascoltare quando veniva a trovarmi in ospedale. Sarà anche per questo che ho combattuto, non ho mollato e ho deciso di restare. E mi sono detto: ‘Io da qui non me ne vado. Salda la presa, sarò un sopravvissuto con lo spirito di un guerriero’“. 

mai solo—  

Dal momento del risveglio, è cominciato il secondo tempo della partita più difficile della sua vita. Anche qui, sono tuonate le parole di un allenatore, “I secondi non se li ricorda nessuno”. Anche qui, l’unico risultato possibile era 60-0.  “Sono stato trasferito alla struttura di Montecatone, ad Imola, dove ho affrontato un primo ricovero durato 7 mesi. Non è stato un ricovero facile – ammette Maesano – perché ho avuto numerose complicazioni a livello clinico, un decubito con infezione all’osso, febbri e antibiotico per mesi. Sono stato rimandato a casa perché non potevo concludere il percorso riabilitativo senza prima affrontare un’operazione per la quale ero in lista d’attesa. Insomma, dovevo aspettare alcuni mesi. Credo di non essere stato da solo un weekend, a parte nel primo mese e mezzo in cui avevo chiesto di non ricevere visite. Il 2 novembre, mi è stato fatto un regalo incredibile: la squadra che aveva una trasferta per una partita a Milano si è organizzata per passarmi a trovare. Volevano farmi una sorpresa in vista del mio compleanno, passato il 31 Ottobre. Non sapevano, però, che anche io mi ero organizzato per fare una sorpresa a loro. Quella domenica mi feci trovare negli spogliatoi a Milano subito dopo il riscaldamento pre partita. Le emozioni e le energie di quel momento non riesco a trasmettervele a parole. All’improvviso, era svanito tutto. Qualunque problema si fosse presentato in quel periodo ero pronto ad affrontarlo. Perché io ero lì, come ogni domenica degli ultimi 17 anni, con i miei compagni di squadra e le persone per me più importanti. Ero con la mia sedia a rotelle si, ma ero lì. E dovevo essere più forte per loro. Percepivo il loro dolore e dovevo fargli vedere che stavo bene”. 

I crazy crabs per sempre—  

L’amore per i Crazy Crabs nasce nel 2017. Federico Maesano e Luca Ercolani vengono invitati da Leonardo Morabito a Fregene. Su quella sabbia, i due romani si sono innamorati della squadra frascatana e da allora si sono inseriti in maniera radicale. “Ci siamo sentiti parte del gruppo immediatamente, anche grazie a Leonardo Morabito, da noi soprannominato Papá o Filottete, l’addestratore di eroi, noto a tutti per la sua vena organizzativa e il suo carisma”. Federico Maesano è ancora un Crazy Crabs. Partecipe in presenza in qualche tappa del Trofeo Italiano Beach Rugby, dal primo al 3° tempo. “Quello che danno a me oggi i Crazy, così come la Capitolina e alcuni amici al di fuori di questi contesti, é il supporto sia emotivo che pratico. Senza che io dica niente, ricevo il massimo del supporto immaginabile. Sono stati sempre presenti durante il mio percorso riabilitativo e al mio rientro a casa. Hanno celebrato con me l’anniversario del mio incidente, che è diventata la mia seconda data di nascita. Credono in me e nelle battaglie quotidiane che affronto. Un supporto emotivo prezioso che va ad aggiungersi a quello pratico, come è successo quando mi sono presentato a sorpresa alla tappa di Riccione: in ogni momento erano pronti ad aiutarmi in tutto, ad aiutarmi nel superamento di qualunque barriera architettonica che non riuscissi a superare da solo. Pronti a darmi una mano anche per fare il mio primo bagno al mare dopo l’incidente“. È la punta dell’iceberg di qualcosa di innato. “Il punto di forza dei Crazy Crabs in campo – spiega Maesano – è che, a differenza di altre squadre, noi non abbiamo mai avuto degli schemi o delle chiamate, ma abbiamo sempre e soltanto giocato per intesa e questo probabilmente ci ha permesso negli anni di arrivare a vincere ben cinque titoli italiani ed uno Europeo. Un’intesa presente anche al di fuori dal campo”. 

federico Maesano per i crazy crabs—  

La domanda sorge spontanea: cosa dà Federico Maesano ai Crazy Crabs? “Al momento, per le mie difficoltà cliniche, non posso essere presente come prima, sia con i Crazy che con Capitolina ma cerco quotidianamente di trasmettere in maniera invisibile ciò che ho imparato e sto imparando quotidianamente. Credo che quello che ti forma di più nella vita siano i grandi traumi, perché é da lì che inizi a costruire realmente la tua personalità. Quando ti confronti con esperienze forti, impattanti e negative capisci che tutte le altre cose diventano superabili e inizi a dare un senso e un valore alla vita in modo diverso. Quello che è successo mi ha insegnato ad amare la vita in maniera viscerale, a partire dalle cose più semplici alle quali a volte non si dà chissà quale valore. Il messaggio che voglio trasmettere è che ogni giorno è un nuovo giorno. E ognuno di noi dovrebbe impegnarsi a costruire la propria felicità, perché l’unica certezza della vita purtroppo è la morte. E io ne parlo da sopravvissuto. Bisognerebbe iniziare ad avere un approccio alla vita un pò più maturo, empatico e costruttivo. Eliminare qualunque forma di pregiudizio ed iniziare a porsi delle domande. A misurare la vita con il tempo (di qualità) perché é l’unica cosa che non ci torna indietro. Niente e nessuno può restituircelo. Quello che ad oggi faccio, é cercare di avere un dialogo quotidiano con me stesso per capire che cosa non va e cambiarlo, perché altrimenti vivrei una vita non vissuta e questo sarebbe il rammarico più grande”. 

obiettivi futuri—  

Le ambizioni sportive non sono finite. Per Federico Maesano lo sport è sempre stato un pilastro fondamentale della sua vita.  “Voglio che continui ad esserlo. Durante il ricovero – dichiara – ho maturato la voglia di rifarmi anche a livello sportivo. Appena avrò raggiunto una buona condizione clinica, identificherò la disciplina che mi porterà ai Giochi Paralimpici. Devo ricostruirmi completamente anche a livello lavorativo. Prima facevo il rappresentante per uno shoowroom di abbigliamento e ora sto cominciando a collaborare con una società di sport management. Intendo specializzarmi nella gestione di atleti paralimpici”.  Obiettivi, strategia e organizzazione sembrano non abbandonarlo mai e diventano sempre di più il suo migliore alleato. D’altronde,  Federico Maesano prima di essere soprannominato Fiorenzo, per i Crazy Crabs era il Minotauro: metà intelletto, metà furia. Istinto e geometria. Oggi con una nuova energia. “Io non mi sento speciale, né sfortunato per quello che mi é successo. Anzi, a dirti la verità, ringrazio la vita e l’universo per avermi permesso di vivere e cimentarmi in un’esperienza del genere. Ringrazio il mio incidente perché attraverso esso e ciò che ne è venuto dopo ho iniziato ad evolvermi in qualcosa di nuovo. Mi ha portato a riscrivere tutta una serie di cose di me stesso sulle quali prima potevo essere bloccato. Mi ha stimolato a crescere mentalmente, emotivamente ed energeticamente. Ringrazio il giorno in cui ho scelto di andare a 400 chilometri di distanza per affrontare il mio percorso riabilitativo a Montecatone. Durante quel ricovero la fortuna, o il destino, mi hanno permesso di incontrare un’anima pura, più trasparente dell’acqua cristallina. Unica, profonda come l’oceano e con una frequenza emotiva davvero speciale. Quando sono entrato in reparto a Imola ero cupo, arrabbiato e chiuso in me stesso ma lei mi ha teso la mano, come un raggio di sole in mezzo a tutto quel grigiume. E ha fatto breccia dentro di me, permettendomi di raccogliere le forze per rialzarmi, riscoprirmi e vedere parti di me che non pensavo esistessero. L’aver incontrato questa persona, penso sia la bellezza collaterale di questa storia. Durante quel ricovero ho visto pazienti in condizioni decisamente peggiori delle mie e mi sono sentito fortunato. L’unica cosa che potevo fare, invece che lamentarmi o dispiacermi per quello che mi era successo, era abbracciare questa evoluzione. E trovare in essa l’opportunità di evolvermi, anche interiormente, valorizzando tutto ciò che di bello la vita mi continua a riservare“. 

i “grazie” di federico maesano—  

“Un giorno, si è presentato un ragazzo in sedia nella mia stanza: ‘Ciao, ti va di venire a mangiare un hamburger con noi?’. Un invito semplice, potente e di poche parole che mi ha dato una prospettiva diversa. Allora ho cominciato a farlo anche io con altri pazienti appena arrivati: ‘Ti va di mangiare una pizza con noi?’. Ho invitato un ragazzo di 16 anni calabrese paraplegico. E poi un ragazzo veneto tetraplegico. Con lui mi sono connesso a livello energetico e siamo diventati lui il faraone e io l’imperatore del reparto. Inconsciamente, stavo riproponendo a loro ciò che qualcun altro aveva manifestato con me, facendomi vedere ben oltre il dolore, la sofferenza o la  paura. Emozioni che possono travolgerti all’inizio di un ricovero tipo quello da noi vissuto. Con loro, come con altri pazienti, è nato un rapporto strepitoso e profondo che ci ha permesso di accompagnarci durante e dopo il ricovero. È stato un tenderci la mano a vicenda per affrontare insieme tutto ciò che ci aspettava“. Federico ha molti altri ringraziamenti da tirare fuori. Non vogliamo saltarne uno. “Ringrazio ogni evento della mia vita. Perfino il dolore che, sì, inizialmente era un macigno. Ma mi ha reso più forte. E il dolore, pur non sparendo, è diventato mano a mano più leggero. Lotto ogni giorno contro questo dolore. Una palude emotiva con notti insonni e paure quotidiane. Quel maledetto giorno ha segnato un lutto permanente che ha cambiato tutta la mia vita, ma sono costretto ad affrontarlo. Non ho alternativa, onestamente. Sono qui, ogni giorno, a fare una lotta clinica e psicologica anche contro me stesso. A volte mi trovo davanti a sfide architettoniche e il peso di tutto questo è notevole. Ma ho cercato e cerco di non farmi affogare da tutto. A tratti, però, ringrazio tutta questa storia perché mi ha fatto capire quanto il tempo sia prezioso. Quanto io desideri fare del mio domani un giorno migliore. Vivo con la consapevolezza che il domani indica una giornata finita e una che inizia: quel tempo che passa e che spesso diamo così per scontato. Io, però, non voglio più sprecarlo. Il sopravvivere alla fine mi ha permesso di iniziare a vivere“.