Poche tappe per velocisti e scalatori puri in difficoltà con i big. L’ultimo Tour de France è stato un bel crocevia per sprinter e grimpeur puri. Una volta c’erano dieci giorni di “piattoni” e la Grande Boucle diventava il festival dei velocisti, ma forse era anche troppo. Oggi invece nei percorsi si inseriscono difficoltà, strappi, pavé. Pensiamo alle prime tappe già con le sfide fra Pogacar e Van der Poel o le fughe di Healey. Per contro, corridori Lenny Martinez e Valentin Paret-Peintre, bravissimi in salita, hanno dovuto anticipare per non essere schiacciati dagli uomini di classifica. Ci chiediamo perciò che futuro ci sia al Tour per queste due tipologie di ciclisti.
Per questo ragionamento abbiamo coinvolto Davide Bramati, direttore sportivo della Soudal-Quick Step. Il “Brama” aveva in corsa sia il velocista puro, Tim Merlier, e lo scalatore Paret-Peintre. Proprio i quei giorni Thierry Gouvenou, responsabile per ASO dei tracciati, per esempio aveva detto che per motivi di share televisivo e di attenzione si sta pensando di eliminare o limitare al massimo le tappe piatte.
Davide Bramati (qui al microfono di Jens Voigt) è direttore sportivo della Soudal dal 2010
Bramati (qui al microfono di Jens Voigt) è direttore sportivo della Soudal dal 2010
Davide, dunque, come vedi il futuro per queste due categorie così particolari e specifiche?
Il giorno che Gouvenou ha rilasciato quell’intervista c’era stata una tappa anomala con tanto vento contro e quindi meno bagarre. In più le tappe precedenti erano state affrontate ad alta velocità e ci stava un giorno di “relax”, però secondo me le tappe in volata e i velocisti ci saranno sempre. I velocisti sono parte del ciclismo e della sua storia. Magari si faranno delle volate con finali diversi o con qualche strappo, perché alla fine magari guarderanno anche la sicurezza al fine di arrivare con gruppi meno numerosi o più allungati. Però è giusto avere delle volate anche nei Grandi Giri, non puoi fare secondo me tre settimane impegnative.
Però è anche vero che c’è un importante incremento delle salite, tante volte ormai si arriva in volata dopo 2.000-2.500 metri di dislivello: cambierà negli anni il fisico del velocista? Sarà un po’ meno da 2.000 watt e un filo più scalatore?
Sicuramente il velocista dovrà essere sempre più pronto anche a passare certe salite. Penso per esempio alla seconda tappa che ha vinto Milan: non era un percorso facile. Eravamo sui 2.000 metri, forse le salite erano un po’ lontane dall’arrivo, però sicuramente il velocista ha faticato. E infatti si erano staccati. Di certo in futuro lo sprinter dovrà adeguarsi se i percorsi saranno sempre più duri: non dovrà solo mantenere l’esplosività, la velocità, ma dovrà anche migliorare in salita.
Chiaro…
Però torno indietro, ma non penso che cambierà tanto, almeno spero. In un Grande Giro i metri di dislivello sono già veramente tanti, metterne ancora più per avere meno volate, mi sembra portare il nostro sport su altre vie. E’ già molto duro, è sempre più duro e nonostante tutto le velocità che si stanno facendo sono pazzesche.
Prendiamo il tuo Merlier, per esempio, ci lavori da anni ormai: hai notato una sua trasformazione?
Tim in questi ultimi due anni è migliorato in salita e non ha perso la sua esplosività, la sua velocità. L’anno scorso ha vinto la tappa di Roma al Giro d’Italia, quindi l’ultima, superando le grandi montagne, quest’anno ha finito il Tour de France… In questi ultimi due anni lo vedo migliorato in salita senza aver perso il suo spunto.
Nel tempo anche i velocisti puri saranno destinati a dover tenere di più in salita. Qui Merlier contro Milan
Nel tempo anche i velocisti puri saranno destinati a dover tenere di più in salita. Qui Merlier contro Milan
C’è stata una tappa dell’ultimo Tour in cui Tim non è riuscito a tenere per giocarsi la volata?
Sì, ma non per questioni di dislivello. Penso alla prima vittoria di Milan. Quel giorno Merlier forò a 10 chilometri dall’arrivo e con le velocità di adesso paghi dazio. Ha cambiato bici, è rientrato però aveva speso troppo. C’erano questi ultimi tre chilometri in cui si girava a destra, la strada saliva, c’era una rotonda, da lì scendevi a tutta velocità e poi altre due rotonde prima dell’ultimo chilometro in leggera salita. Lì, ai 500-600 metri dall’arrivo, ha pagato lo sforzo per tornare in posizione per poter disputare lo sprint.
Passiamo agli scalatori. Voi in Soudal-Quick Step siete stati bravi nella gestione Paret-Peintre. Però che viene da chiedersi se uno scalatore potrà mai tornare a fare classifica al Tour de France…
Sono convinto che in questo ciclismo se uno scalatore puro decide di non fare classifica è meglio. Voi avete nominato Martinez e Valentin, emblema di questa categoria. Noi non siamo mai partiti con l’idea di puntare alla maglia a pois, tutti eravamo venuti con un altro obiettivo che ben sapete (fare classifica con Remco Evenepoel, ndr) e di conseguenza i piani sono cambiati. Il giorno del Ventoux entrare nella fuga era importante, erano già state fatte le prime due ore a 52-53 all’ora. Per uno del suo peso era importante avere dei compagni vicino come di fatto è accaduto. Penso che per un vero scalatore l’obiettivo dipenda soprattutto da ciò che vuole la squadra.
Cioè?
Penso all’aiuto nel tenere la posizione: se è lui che deve essere aiutato o se deve aiutare. Se può riposarsi nelle tappe di pianura oppure se deve tenere. E torniamo al discorso del fare classifica o no. Per me è meglio che sia libero e punti alle tappe. Oggi se sei nei primi dieci della classifica e vai in fuga non è facile che ti lascino andare. Se sei al ventesimo posto è più facile.
Nella tappa del Ventoux. le prime due ore sono state corse a velocità supersoniche. Gli scalatori puri erano in difficoltà
Nella tappa del Ventoux. le prime due ore sono state corse a velocità supersoniche. Gli scalatori puri erano in difficoltà
Quindi anche per il futuro sarà un po’ destinato o a tirare per un vero big o a uscire di classifica?
Non è detto, non è facile rispondere: alla fine quanti scalatori puri c’erano davvero in gruppo al Tour? Restiamo sempre a quei due nomi. Nella tappa del Ventoux, come detto, hanno fatto le prime due ore in pianura ad oltre 50 di media e non è così scontato che atleti con quelle caratteristiche restino in gruppo. Al Tour tutte le tappe sono state fatte a velocità folli e sicuramente loro spendono di più di un corridore-scalatore di 60-63 chili, questa è la differenza. Però sicuramente sono corridori che abbiamo visto quando la strada sale si vede che hanno ancora qualcosa in più. Poi nel caso di Martinez e Paret-Peintre sono ancora giovani, bisogna aspettare per giudicare.
Quindi secondo te in chiave futura al Tour de France chi è più a rischio: lo sprinter o lo scalatore puro?
E’ una domanda a trabocchetto e non è facile poter rispondere. Ad oggi io terrei il ciclismo esattamente com’è perché è veramente un ciclismo spettacolare, corso ad alti livelli. Bisognerà capire cosa succederà fra qualche anno quando non ci saranno più questi tre-quattro dominatori assoluti. Magari si apriranno altri scenari. Io credo che certe frazioni piatte e certi corridori ci saranno sempre, sono parte del ciclismo.
E gli scalatori? Passeranno ancora gli scalatori da 50-55 chili, i Pozzovivo della situazione?
Dipenderà da quel che vogliono le squadre. Però dipende anche dal corridore. Valentin per esempio nonostante i suoi 52 chili a Parigi, sotto quell’acqua e sul pavé, è arrivato diciassettesimo: non è poco su quel percorso per uno come lui quindi in qualche modo sa essere competitivo anche su altri terreni.