“Ludovico era una persona molto speciale: ho avuto la fortuna di stabilire con lui una grande sintonia, fatta di stima reciproca e di sincero affetto. La sua scomparsa è una notizia veramente brutta”. Fabio Fazio ricorda così con l’ANSA Peregrini, lo storico ‘Signor No’ con cui ha riportato in tv, nel 2016, Rischiatutto, morto oggi all’età di 82 anni.
    “Ci siamo divertiti tantissimo”, racconta Fazio commosso.
    “Aveva colto la mia passione autentica per quella trasmissione, tra l’altro andata divinamente: ne facemmo una copia anastatica, una ricostruzione filologica, lavorandoci un anno e mezzo.
    Quando entrò in studio la prima volta mi disse: ‘sono scioccato, mi sembra davvero di essere tornato lì, è tutto uguale’. Con un’unica eccezione: quel programma, che tutti ricordiamo in bianco e nero, era fatto con veri colori. Avevo studiato i manoscritti di Mike Bongiorno e Peregrini era la fonte autentica che ci aiutava a interpretare tutto. Fare le domande con colui che le aveva sempre fatte per me era inebriante. E poi, con lui che aveva una straordinaria passione per i giochi, ne avevamo inventato uno che funzionava, con i provini dei concorrenti. Io chiedevo: ‘lei da dove viene? che hobby ha?’ E per qualsiasi risposta incalzavo: ‘ma lo sa che questo hobby è stata la grande passione di Peregrini?’ E allora lui, per non smentirmi, sorridendo, anzi trattenendo le risate, rispondeva: ‘beh, sì, lo è stata da giovane…'”.
    Quella riedizione di Rischiatutto, in onda con due speciali su Rai1 e poi su Rai3, “è stata un’esperienza molto coinvolgente sul piano professionale ma anche umano: Ludovico era una persona di rara eleganza, di rarissima sensibilità e signorilità, un galantuomo, come si diceva una volta, un signore di altri tempi che adorava la sua famiglia”, sottolinea ancora Fazio. “Ci eravamo rivisti a Palazzo Reale, a Milano, per la mostra dedicata a Mike. Mi ricordo una sua foto esposta. Guarda come eri elegante!, gli dissi. E lui: tu non sai quella giacca, la vedi in bianco e nero, ma era di un terrificante arancione. In classico stile anni ’70. Ecco, oltre che essere molto colto, era anche profondamente ironico”. 
   

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