La mastectomia endoscopica si conferma una valida alternativa alla chirurgia tradizionale per il trattamento del tumore della mammella e per la chirurgia profilattica in pazienti ad alto rischio genetico. Lo evidenzia la più ampia meta-analisi internazionale condotta finora sull’argomento, pubblicata su British Journal of Surgery – Open e coordinata dall’IRCCS di Candiolo. Lo studio ha coinvolto oltre 2.600 pazienti in Europa, Asia e Nord America.
La tecnica, applicata alla nipple-sparing mastectomy (NSM), consente di preservare il complesso areola-capezzolo, riducendo le cicatrici visibili grazie all’incisione in sedi meno esposte, come l’ascella. La chirurgia tradizionale, pur efficace, può infatti essere associata a complicanze come la necrosi del complesso areola-capezzolo, legata a insufficiente vascolarizzazione.
“La mastectomia endoscopica nasce per superare questi limiti”, spiega Antonio Toesca, Direttore della Chirurgia Senologica dell’IRCCS di Candiolo e coordinatore dello studio. “Spostando l’incisione in una zona meno visibile, si riduce l’impatto estetico e funzionale dell’intervento, mantenendo invariata l’efficacia oncologica”.
L’analisi ha evidenziato una riduzione del 20% del dolore post-operatorio e delle complicanze – in particolare della necrosi areolare – rispetto alla tecnica convenzionale. In quasi tutti i casi è stata possibile una ricostruzione mammaria immediata, con tassi di successo sovrapponibili alla chirurgia standard.
L’intervento, eseguito con un’unica incisione in sede ascellare, ha mostrato un impatto positivo sulla sensibilità cutanea e sulla qualità della vita delle pazienti. L’unica differenza riscontrata è un tempo operatorio leggermente superiore. La sicurezza oncologica risulta comunque paragonabile a quella della chirurgia tradizionale, in termini di controllo locale e tassi di recidiva.
“La mastectomia endoscopica è un’opzione praticabile per pazienti selezionate, a condizione che venga eseguita in centri con esperienza specifica e all’interno di un percorso multidisciplinare – conclude Toesca –. Saranno necessari ulteriori studi a lungo termine per confermare questi dati e valutarne l’effetto su sopravvivenza e qualità della vita”.
“Questo studio riflette l’impegno dell’IRCCS di Candiolo nella ricerca clinica applicata alla chirurgia oncologica – aggiunge Salvatore Nieddu, Direttore Generale dell’Istituto – con l’obiettivo di rendere i trattamenti sempre più personalizzati e orientati al benessere globale delle pazienti”.