L’accordo di pace tra Azerbaigian e Armenia segna la fine di un conflitto durato 40 anni. La storica intesa , il Memorandum per istituire un Gruppo di Lavoro Strategico incaricato di preparare una Carta di Partenariato Strategico tra Azerbaigian e Stati Uniti, suggellata ieri da una stretta di mano tra il presidente azero Ilham Aliyev  e il premier armeno Nikol Pahinyan a Washington, frutto di mesi di negoziati diplomatici, prevede la creazione di un corridoio di transito che collegherà l’Azerbaigian alla sua exclave di Nakhchivan, passando per una striscia di territorio armeno lunga circa 40 chilometri. La via di collegamento, battezzata “Trump Route for International Peace and Prosperity” – Rotta Trump per la Pace e la Prosperità Internazionale, TRIPP -, sarà sviluppata sotto la supervisione degli Stati Uniti, che garantiranno il rispetto della sovranità armena. Si prevede la costruzione di una linea ferroviaria, un oleodotto, un gasdotto e una rete di fibra ottica. Baku avrà così un collegamento diretto con la Turchia senza dover passare né per la Russia né per l’Iran e rafforzerà il proprio ruolo come hub energetico e logistico globale. Yerevan invece avrà l’occasione di diversificare l’economia e attrarre investimenti, seppur mantenendo il pieno controllo giuridico sul territorio, forte delle garanzie di difesa e sicurezza fornite da Trump nel caso si riaccendessero ostilità azere. A poche ore dalla sua firma a Washington le reazioni internazionali non si sono fatte attendere. La Nato ha accolto  “con favore i progressi verso la pace tra Armenia e Azerbaigian” come ha scritto su X la portavoce dell’Alleanza atlantica, Allison Hart, ringraziando il presidente Donald Trump “per i suoi investimenti nella pace”. 

 

Dall’Italia abbiamo raccolto in esclusiva la valutazione di Alessandro Politi, Direttore della NATO Defense College Foundation: “L’accordo ha potenzialità positive perché tenta di chiudere un annoso conflitto e perché supera la mediazione di Putin tra i due paesi. Vedremo come terrà e si svilupperà anche in vista di un incontro diretto Russia-USA. Chi non gradisce l’accordo per ragioni strategiche è l’Iran, che vede una vicinanza americana ostile in Caucaso”

Nelle ultime ore infatti è stata proprio Teheran a minacciare il blocco del corridoio: un pericolo per la sicurezza nel Caucaso meridionale  secondo quanto dichiarato da Ali Akbar Velayati, consigliere della Guida Suprema iraniana Khamenei, che ha ricordato come “un cambiamento geopolitico nella regione sposterà anche i confini dell’Iran”. “Abbiamo il diritto di difendere i nostri interessi con la massima decisione”, ha spiegato Velayati all’agenzia iraniana Tasnim. L’Iran dunque si muoverà per mantenere la sicurezza nel Caucaso meridionale, con o senza la Russia che, secondo Velayati, sarebbe anch’essa contraria all’accordo.

Dalla Russia invece sono giunte parole piuttosto concilianti: “Il vertice di alto livello tra Armenia e Azerbaigian negli Stati Uniti merita una valutazione positiva” ha dichiarato la portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova. “Sosteniamo costantemente tutti gli sforzi che contribuiscono al raggiungimento di questo obiettivo chiave per la sicurezza regionale. Ci auguriamo che questo passo contribuisca a far progredire l’agenda di pace”, ha affermato Zakharova in una dichiarazione pubblicata sul sito web del Ministero degli Esteri russo, pur sottolineando che il processo di riconciliazione tra Armenia e Azerbaigian “deve essere integrato nel contesto regionale e basato su un equilibrio di interessi e sul rispetto incondizionato delle priorità delle parti e degli Stati confinanti “. In particolare, ha spiegato ancora Zakharova, Mosca analizzerà ulteriormente le dichiarazioni di Washington sullo sblocco delle comunicazioni nella regione. “In questo ambito, gli accordi trilaterali con la partecipazione della Russia, dai quali nessuna delle due parti si è ritirata, rimangono rilevanti”, ha aggiunto.

La partita fa parte degli strascichi e delle questioni lasciate aperte dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, tanto quanto quella in gioco in Ucraina. L’incontro di ferragosto in Alaska tra Trump e Putin servirà a capire meglio come le due potenze intendono ridisegnare lo scacchiere geopolitico che al centro continua ad avere, come ha sempre fatto, la questione dell’accesso alle fonti energetiche.

Corridoio Zangezur

Corridoio Zangezur (Getty Images)