di
Roberto Saviano

Il pasticcio della maxi confisca annullata in Cassazione ai fratelli Pellini: gli inquirenti scoprirono che erano l’ultimo tratto di una filiera immensa di aziende del Nord che scaricavano i propri rifiuti a Sud

La scarcerazione dei boss Moccia avvenuta per decorrenza dei termini della custodia cautelare è una vicenda gemella a un’altra storia, quella dei fratelli Pellini, condannati a 7 anni per disastro ambientale (traffico illecito di rifiuti), che per anni hanno sversato nelle campagne acerrane fanghi industriali, solventi, polvere di fonderia, vernici e poi ancora piombo, arsenico, cadmio, idrocarburi. Ebbene all’azienda dei fratelli Pellini, che aveva generato sversando illegalmente 200 milioni di euro, la Corte di Cassazione ha annullato — senza rinvio — il decreto di confisca emesso dalla Corte d’Appello di Napoli. Il motivo? Il provvedimento di secondo grado era stato depositato oltre i termini previsti dalla legge (18 mesi), configurando un vizio formale di tardività. L’autorità giudiziaria ha tentato — disperatamente — di superare la decadenza che aveva portato alla revoca della confisca, disponendo un nuovo sequestro sull’intero patrimonio. Ma su questo tentativo incombe la spada di Damocle di un possibile nuovo annullamento in Cassazione: la legge prevede termini massimi per le misure di prevenzione e, una volta superati, la confisca non si può mantenere. Quindi il rischio è che la Cassazione rifaccia la revoca perché considera l’atto dell’autorità giudiziaria una duplicazione della misura precedente già revocata. Rischia quindi di essere solo un’operazione di cosmesi a un errore madornale.

Queste parole le dedico ai ragazzi che presidiano le autostrade, a Ultima Generazione e a chi, macchiando simbolicamente i monumenti, rischia il carcere pur di attirare l’attenzione pubblica: nella speranza che l’opinione pubblica si accorga del disastro ambientale e che persino le grandi società sentano la pressione. Mi rivolgo a loro perché c’è stato un tempo, nel Sud Italia, in cui per anni si è inquinato e distrutto il territorio. Allora avevo la loro età. E ciò che accadeva era semplice: le aziende di tutta Italia dovevano smaltire rifiuti tossici e speciali, e quel costo pesava sui bilanci. Così arrivava la criminalità organizzata: fingeva smaltimenti legali, produceva documenti apparentemente in regola, sollevava i clienti da ogni responsabilità e avvelenava le campagne. Per capire il potere che ha il mercato della camorra, immaginiamo uno smaltimento di fanghi industriali contaminati da metalli pesanti che sono considerati rifiuti tossici con un costo legale di smaltimento che varia da 250 a 400 euro a tonnellata. I Pellini o le aziende simili invece facevano 40-80 a tonnellata, perché li facevano sparire illegalmente, non li trattavano. Ebbene, ci sono stati vent’anni di lotte: processi, presìdi, ricerche, tentativi di dimostrare che tutto questo fosse vero. Poi arrivò un processo — importante, cruciale — ai fratelli Pellini, Salvatore, Cuono e Giovanni, imprenditori di Acerra. All’inizio hanno beneficiato dell’assenza di leggi incisive: se sversavi tonnellate di scarti pericolosi in un ex frutteto, prendevi una multa e guadagnavi come se stessi trafficando eroina. La Dda di Napoli riuscì a comprendere — e a ricostruire — che i tre erano l’ultimo tratto di una filiera immensa di aziende del Nord che scaricavano i propri rifiuti a Sud. Le indagini furono difficilissime: giri di bolle e passaggi di carta rendevano opaca la tracciabilità; bisognava distinguere in quali territori avessero sversato loro e in quali altri i concorrenti. Complicatissimo. Ma ci fu una condanna importante: nel 2017 la Cassazione rese definitiva la pena di 7 anni per disastro ambientale e traffico illecito di rifiuti.



















































Secondo i medici per l’ambiente (Isde), nel periodo 2013–2018 Acerra ha registrato un tasso standardizzato di incidenza di 1.047 casi di tumore ogni 10.000 abitanti, a fronte di una media nazionale di circa 697/10.000. Sono cifre che non spiegano tutto — l’epidemiologia richiede cautela e correlazioni robuste — ma danno la misura di un allarme sanitario. Dalla sentenza derivò il sequestro di patrimoni accumulati negli anni: circa 200 milioni di euro, che in inventario significavano 8 società, 72 autoveicoli, 75 rapporti finanziari, 224 immobili, 75 terreni, 3 imbarcazioni e 2 elicotteri. Ed era, paradossalmente, un gruppo non tra i più «vincenti» del settore. I soldi dei rifiuti diventano giornali, alberghi, quote di imprese, influenza politica. E poi dopo anni arriva il dissequestro e il maldestro tentativo di fermarlo.

Ciò che ha dato la libertà a Moccia e rischia di ridare i soldi ai Pellini dimostra solo che questi vent’anni sono stati anni di illusione. Spreco. Fatica. Parlo, ovviamente, per me: non siamo riusciti a costruire una classe dirigente politica nuova. La credibilità su questi temi è scomparsa. È tutto sembrato un gioco retorico. Eppure ci abbiamo creduto in molti, moltissimi. Questi due atti — i Moccia liberi e potenti, i Pellini (che ribadisco sono solo un piccolo segmento degli affari sui rifiuti) — mi portano a dire ai ragazzi: guardate, guardate questi fallimenti. È valsa la pena combattere, perdere quello che si è perso? Non lo so. Vorrei dirlo con un autore che amo: Robert Graves. In Good-Bye to All That disse addio alla guerra a cui aveva creduto, per poi rendersi conto che era stata un’illusione. La guerra che abbiamo fatto noi non era l’orrida guerra di trincea: era una lotta dannatamente giusta che sognava la liberazione dal capitalismo criminale. Era la guerra contro l’intombamento dei rifiuti. Il risultato, però, è quello che vediamo oggi. Questa massa di milioni fatti avvelenando la terra e in procinto di essere restituiti sono una sconfitta definitiva di quel movimento che provò a fermare l’orrore dell’avvelenamento, che non ha smesso di esistere e anzi continua, tra l’altro, in gran silenzio. Vorrei dire anche io come Graves Addio a tutto questo. Addio a una vita buttata in queste battaglie, e addio anche alla Terra dei Fuochi, di cui nessuno si occupa più. È stato tutto inutile.

9 agosto 2025 ( modifica il 9 agosto 2025 | 22:31)