di
Laura Cuppini

Per il direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri si tratta di un grave danno alla ricerca, in particolare su aviaria, Hiv e tumori

Ventidue contratti stracciati per un valore di quasi 500 milioni di dollari e l’impegno a non finanziare nuovi progetti basati sulla tecnologia mRna. L’annuncio del segretario alla Salute Usa, Robert F. Kennedy Jr, ha allarmato la comunità scientifica. Professor Giuseppe Remuzzi (direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri ndr) quali potrebbero essere le conseguenze?
«Il rischio più grande è che venga compromessa la nostra capacità di far fronte a future pandemie. In questo momento preoccupa in particolare il virus dell’aviaria, l’imputato numero uno. Tra i progetti bloccati dall’amministrazione statunitense c’è un vaccino contro H5N1 che potrebbe non arrivare mai a conclusione. Sarebbe un danno enorme, non solo per gli Usa».

Quali sono gli altri filoni di ricerca in pericolo?
«La tecnologia mRna (Rna messaggero), studiata da circa trent’anni in ambito oncologico, ha avuto una grossa spinta con la pandemia di Covid-19, anche grazie agli ingenti finanziamenti degli Stati. Oggi molti studi sono in corso, ma rischiano di fermarsi per i tagli decisi da RFK junior: si lavora a due vaccini contro l’Hiv, che devono ancora essere sperimentati ma hanno dato primi risultati promettenti (su un centinaio di volontari, l’80% ha sviluppato anticorpi), e uno per la malaria. Inoltre c’è la speranza di curare i tumori: uno studio ha mostrato che la combinazione di farmaci e vaccino mRna riduce del 50% il rischio di ricaduta nel melanoma. Tutto questo lavoro rischia di non progredire. Non solo. Nei mesi scorsi è stato bloccato un trial della Emory University su un vaccino da inalare per influenza, aviaria e Covid».



















































Per motivare i tagli, il segretario alla Salute Usa ha detto che i vaccini a mRna non sono efficaci nelle infezioni del tratto respiratorio superiore e non sono sicuri. È davvero così?
«Il vaccino non elimina la possibilità di infettarsi ma riduce la gravità della malattia e soprattutto riduce in modo importante l’ospedalizzazione e la morte dei pazienti. È certo, in base ai dati disponibili, che i vaccini hanno risparmiato milioni di morti nella pandemia. Per quanto riguarda la sicurezza, il processo di approvazione è stato accelerato perché, nell’emergenza, si è deciso di semplificare alcuni passaggi burocratici, non certo i test sulla sicurezza. Prima dell’approvazione, i vaccini a mRna anti-Covid di Pfizer/BioNTech e Moderna sono stati testati su alcune migliaia di persone, nella fase 1 e 2, e su oltre 70 mila nella fase 3. L’unico effetto collaterale riscontrato, dal 2020 a oggi, riguarda rari casi di miocardite».

I vaccini funzionano anche contro le nuove varianti?
«Sars-CoV-2 continua a evolvere e può infettare persone che hanno raggiunto una certa immunità, ma i vaccini garantiscono una protezione dalla malattia severa. È una questione non banale, perché la protezione non si basa solo sugli anticorpi (che possiamo misurare con dei test), ma anche sulle cosiddette cellule della memoria, che sono di tanti tipi e la cui fotografia varia da individuo a individuo».

Le ricerche bloccate negli Stati Uniti potranno proseguire in altre nazioni?
«I laboratori americani non sono gli unici a utilizzare la tecnologia mRna, probabilmente altri Paesi si organizzeranno e acquisiranno autonomia nella produzione dei vaccini. Ma non possiamo negare che la battuta d’arresto è pesante. Anche se gli scienziati Usa volessero proseguire i propri studi altrove, è molto difficile trasferire un intero Centro di ricerca. Il lavoro è fatto in team e con strumentazioni particolari: servirebbero anni per ripartire. In America molti hanno la speranza che tra pochi anni la situazione politica cambierà e sarà possibile riprendere gli studi interrotti. Nel frattempo però dobbiamo fare i conti con le decisioni dell’amministrazione americana. Non c’è solo il taglio di 500 milioni di dollari, ma anche l’uscita dall’Organizzazione mondiale della sanità e lo stop imposto all’Agenzia per lo sviluppo internazionale (Usaid). Non dimentichiamo che uno dei successi della prima presidenza Trump è stato il forte sostegno ai produttori di vaccini anti-Covid. Purtroppo abbiamo fatto dei passi indietro: se oggi arrivasse una pandemia, saremmo a rischio».

8 agosto 2025