Alla vigilia dei due anni dalla morte (il 10 agosto del 2023, quando aveva 51 anni), Michela Murgia viene ricordata al Corriere della sera dalla madre 78enne, Costanza Marongiu, che nella casa a Cabras, in provincia di Oristano rivive i momenti salienti della vita della scrittrice. Il romanzo postumo, Tre ciotole, è diventato un film con Elio Germano e Alba Rohrwacher, nelle sale il 9 ottobre.

La signora, a cui è stato rimproverato tanto, è stata chiamata «madre di ferro» dalla gente che l’avrebbe voluta vedere in lacrime o tra le urla per la scomparsa della figlia. Invece no, lei si è tenuta tutto dentro, fino ad ora: «Michela è qua, perennemente qua – dice – Non è mai mancata un giorno. Anzi, quando la sogno stiamo litigando».

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Al genitore aveva inizialmente nascosto la lotta contro il cancro, che negli ultimi periodi della vita ha condiviso sui social e ha poi raccontato nell’ultima intervista a Vanity Fair curandone un numero speciale poche settimane prima della scomparsa.

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Al magazine aveva affidato il racconto dei suoi affetti, che la madre stenta ancora a comprendere: «Io la sua famiglia queer – ammette – non l’ho mai capita e gliel’avevo detto. Non riesco a chiamarli figli di anima, questi ragazzi. Non li sento vicini a me, non riesco a immaginarmi parte di questa famiglia allargata», eccezion fatta per il cantante lirico Francesco Leone.
Costanza Marongiu non sente neppure il marito Lorenzo Terenzi, sposato «in articulo mortis», a cui ha rimproverato il fatto che le ceneri non fossero in Sardegna a casa sua, invece che a Roma nella sua abitazione: «Le vorrei qui con me – aggiunge – dove sono anche tutti i suoi premi, che lei mi aveva dato. Mi ha chiesto di conservarli: è stato il suo regalo più grande. Poi quando sarò morta torneranno ai ragazzi».

Poi aggiunge: «Nel testamento non mi ha lasciato nulla, ma io non volevo nulla» e non ha «nominato» nemmeno il fratello Cristiano. Michela non è andata neppure al funerale del padre, non lo ha mai perdonato di essere stato un uomo difficile, o – come precisa la madre – «impossibile»: «Tonio non si poteva pentire: era schizofrenico, egocentrico e alcolizzato. È morto in una struttura a Milis 15 anni fa. Godeva della sua cattiveria, era invidioso dei figli, non voleva che Michela tornasse a scuola». Ricorda pure che: «una volta lui mi ha incendiato casa, ne abbiamo salvata mezza». Per questo e altri motivi la signora ammette che neppure lei lo perdonerà mai.

Ha una certezza, però, che incontrerà presto di nuovo la figlia: «Tutte le sere io la saluto, le dico buonanotte», «ecco perché non riesco a piangere. Perché ancora non riesco a non vederla qui, anzi, continuo ad arrabbiarmi». Il motivo? «Le ultime giornate della sua vita le ho prese inizialmente come un tradimento. Non poteva non aver bisogno della madre. Non mi ha dato la possibilità di salutarla. E così adesso lei non è mai andata via, per me. Lei è qui».