di
Michele Farina
Ci sarebbe stata l’influenza della First Lady dietro le virate della Casa Bianca a favore di Kiev
Adesso anche gli strateghi del governo britannico, gli àuguri e gli aruspici di Whitehall incaricati di anticipare la volontà e le mosse dell’uomo più potente del mondo, ne sono convinti: l’influencer che più di altri «ha l’orecchio» di Donald Trump è Melania. Proprio lei, la moglie silenziosa e quasi sempre assente, quella che nei primi cinque mesi di presidenza secondo indiscrezioni avrebbe passato soltanto una notte alla Casa Bianca, preferendo stare a New York e farsi gli affari suoi seguendo il figlio Barron.
L’europea Melania, 55 anni, la seconda first lady cattolica alla Casa Bianca dopo Jacqueline Kennedy e probabilmente l’unica a essere nata (in Slovenia) sotto un regime comunista, pur autonomo da Mosca come quello jugoslavo: è lei la figura più influente (ammesso che ce ne sia davvero una) dell’entourage trumpiano, capace di condizionare, magari soltanto a tratti e in qualche modo, l’uomo che lei stessa tanti anni fa, con un’espressione un po’ sgrammaticata che fece sorridere gli americani, chiamò: «the Donald».
Fonti anonime all’interno del governo britannico hanno detto al quotidiano The Guardian che sì, è pur vero che tra i leader mondiali il premier Keir Starmer è quello che più si è conquistato il rispetto del presidente Usa, ma che alla fin della fiera «she is the one that matters».
Chi conta è Melania. Quasi un mese fa gli ucraini l’avevano intuito ribattezzandola «agente Trumpenko», quando «il Donald» aveva raccontato al segretario della Nato Mark Rutte che c’era lo zampino della moglie dietro i suoi ripensamenti sulla buona volontà di Vladimir Putin: «Io torno a casa e le racconto delle ottime conversazioni che ho avuto con il leader russo, e Melania ribatte: “Davvero? Ma se hanno appena bombardato una casa di riposo in Ucraina…”». In quei giorni, i media contattarono per un commento la ministra degli Esteri slovena, Tanja Fajon: «Non so quale sia davvero l’influenza di Melania sul presidente, ma è bello sapere che la first lady sta dalla parte della Slovenia e dell’Ucraina».
La Slovenia è stato anche il primo Paese europeo, a inizio agosto, ad annunciare lo stop della vendita di armi a Israele a causa della guerra a Gaza. Sulla tragedia umanitaria di cui è vittima il popolo palestinese, nelle ultime settimane «il Donald» che aveva scioccato il mondo con l’idea della Riviera di Gaza, almeno a parole ha riconosciuto che effettivamente nella Striscia si muore di fame. Anche in questo caso il presidente in pubblico ha fatto riferimento alla moglie e alla sua sensibilità: «Melania non è di parte, è un po’ come me: vorrebbe che la gente smettesse di morire». Il 27 luglio, quando Israele sostenne che le foto della denutrizione erano «fake», Trump aveva ribattuto che le immagini non potevano che essere vere.
Ora, la fonte delle rivelazioni sull’influenza politica di Melania è in massima parte il marito stesso, che potrebbe avere interesse (anche elettorale) a dipingere il quadretto familiare dando valore alla donna di casa pur restando nella più tradizionale divisione dei ruoli: l’uomo macho che bada al sodo e la donna sensibile che pensa ai bambini che muoiono. D’altra parte Melania stessa, all’inizio di quest’anno parlando a Fox & Friends, aveva ribadito la sua indipendenza: «Ho i miei sì e i miei no, non sempre sono d’accordo con mio marito. Gli dò il mio consiglio, qualche volta ascolta, qualche volta non lo fa. E va bene così».
Per gli osservatori di professione, come gli àuguri del governo britannico e gli aruspici delle cancellerie di mezzo mondo, non va benissimo. Difficile monitorare una coppia di opposti: «il Donald» che parla tanto e «la Melania» invisibile, l’egocentrico che vuole la ribalta e la first lady enigmatica che fugge i riflettori. Troppi segnali dal marito, quasi nessuno dalla moglie. Alla fine, se non a posteriori, difficile sapere che cosa diavolo gli passa per la mente.
10 agosto 2025 ( modifica il 10 agosto 2025 | 09:12)
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