di
Francesco Battistini

Lerner (ex portavoce dell’Idf): «Serviranno 250 mila militari. Dove andiamo a prenderli?»

«Stanno caricando i nostri soldati d’un compito impossibile. Li espongono a minacce quotidiane. Li mettono al centro d’una crisi umanitaria irrisolvibile. Ci siamo già passati, per queste cose. Abbiamo lasciato Gaza nel 2005 proprio perché era insostenibile. Che cos’è cambiato, adesso, per rendere praticabile un’occupazione militare del genere?». Di Moshe Dayan, il generalissimo con la benda all’occhio, i soldati israeliani dicevano che si svegliasse sempre con cento idee, di cui 95 pericolose, tre pessime e due brillanti.

Ma quello era un altro Israele. E un altro esercito. Fra le ultime idee partorite da Bibi Netanyahu per la campagna militare a Gaza, il tenente colonnello Peter Lerner fatica a trovarne mezza buona. Servono almeno 250 mila soldati, si calcola, per occupare tutta la Striscia. Sessantamila subito, da impiegare entro due mesi nell’assedio di Gaza City. Gli altri, nei mesi (almeno tre) successivi. «E dove andiamo a prenderli?», ha chiesto provocatorio un ufficiale, venerdì mattina, dopo aver letto che il capo di Stato maggiore, Eyal Zamir, avrà pronto il piano fra due settimane. Anche il colonnello Lerner, che ha fatto il portavoce dell’Israel Defense Force per 25 anni, è basito: «Il controllo israeliano della sicurezza di Gaza è il cuore della questione — dice —. Ma quello che il governo chiama “controllo della sicurezza” temo sia, in realtà, solo un eufemismo per eseguire una rioccupazione e forse anche un reinsediamento di coloni. Questo controllo significa una presenza militare israeliana permanente all’interno di Gaza, un movimento d’insediamenti incontrollato, con l’Idf che deve fare da responsabile della legge, dell’ordine e perfino dell’amministrazione civile». 



















































C’era una volta lo Tsahal, l’esercito di difesa popolare nato dal pionierismo dei kibbutz e dalle brigate ebraiche più o meno legali. Che faceva (anche) da élite laica e progressista del Paese: Dayan, per dire, era uno di sinistra. Oggi, nel tunnel della guerra più lunga mai combattuta, nel logorio di decenni d’occupazione in Cisgiordania, quell’Idf non esiste più da un bel pezzo. La truppa è stanca, consumata, demotivata. Solo dopo il 7 Ottobre, c’è stata l’ultima fiammata: risposte alla chiamata militare che, sull’onda emotiva, superavano il 100%. Qualche mese fa, agli ultimi reclutamenti, s’è presentato il 35-40% dei riservisti. E solo il 44% di questi s’è dichiarato disponibile a un eventuale, secondo turno a Gaza. Perché, dei 295 mila richiamati finora, quasi uno su due (118mila) ha mogli e/o figli ad aspettarli. E uno su venti, in questi ventidue mesi, è rimasto disoccupato. E han chiuso 75 mila imprese. E molti han divorziato, perso amici, soldi, anni di studio. E la paura, lo stress, la depressione hanno scavato: dice la psichiatra Shiri Daniels che le ong d’assistenza ai militari (Eran, Natal, Israel Trauma, Resiliency Center) hanno ricevuto oltre 40 mila richieste d’aiuto. Perché i suicidi fra i soldati (21), soltanto nel 2024, sono stati più che nei precedenti dieci anni. E le tendenze suicidarie sono aumentate del 145%.

Queste cose le sa, si chiede Lerner, chi sta decidendo la totale occupazione militare? «Dal punto di vista della sicurezza, mantenere il controllo di Gaza significa sorvegliare ogni vicolo, amministrare ogni centrale elettrica, finanziare ogni scuola e ospedale. Questo richiederà decine di migliaia di soldati, in rotazione permanente. Per anni. Le vittime aumenteranno. E aumenteranno i costi finanziari, decine di miliardi di dollari l’anno. Senza contare la ricostruzione, gli aiuti o i servizi di base che Israele avrà l’obbligo di fornire. Dobbiamo sconfiggere Hamas, ma senza perdere la strada. Senza occupare Gaza a tempo indeterminato. Senza diventare il carceriere d’un altro popolo». Anche perché non sarà il Grande Presidio militare, a risolvere il problema: «Hamas continuerà la sua guerriglia, verrà rafforzata. E noi saremo invischiati sempre di più. E le nostre azioni saranno sempre meno legittime. Questa non è sicurezza. Questo non riporterà a casa gli ostaggi. Questa è solo una trappola». 

10 agosto 2025 ( modifica il 10 agosto 2025 | 09:53)