L’AQUILA – “I tre artisti novellavano per certo di luce e di colori, discorrevano degli ideali e dei maestri prediletti delle città lontane, dove trionfava tanta gloria d’arte e non doveva esser loro di piccola soddisfazione pensare che per essi l’arte del Rinascimento fiorentino ed umbro, trionfava anche fra i monti impervi dell’Abruzzo”.

Protagonisti di questo suggestivo passaggio di “Pittori Aquilani del ‘400” del grande intellettuale della prima metà del ‘900, Mario Chini, sono Saturnino Gatti, Silvestro di Giacomo da Sulmona e Sebastiano di Cola di Casentino.

Ricostruzione storica preziosa, perché in effetti alla parola Rinascimento il pensiero va quasi automaticamente alla Firenze dei Medici o la Roma di papi mecenati, a Milano e a Venezia.

Eppure quello spirito universale creatore di storia e bellezza, per dirla alla Benedetto Croce, si materializzò anche nelle terre d’Abruzzo.

Un esempio forse non conosciuto come meriterebbe, è rappresentato proprio da Sebastiano di Cola da Casentino, vissuto nella seconda metà del ‘400, e che ebbe a L’Aquila una importante bottega.

Per comprenderlo basta ammirare il volto di Maria, dalla bellezza sensuale, tra il terreno e il divino, assorta e velata di malinconia, nel suo affresco nella chiesa di Santa Maria ad Cryptas  a pochi chilometri da L’Aquila, a Fossa.

O lo splendido Polittico di Pianella, a lui attribuito, conservato nel Munda dell’Aquila, dove in un trionfo di luce e colore, di grazia e armonia, dentro una cornice in stile gotico veneziano, compaiono in in rassegna la Madonna in trono con Bambino, San Bonaventura e l’Arcangelo Gabriele, San Sebastiano e l’Arcangelo Michele, un angelo regge la corona di Maria, angeli musicanti e con cesti  di frutta, insieme al Redentore in compagnia degli apostoli.

A Sebastiano di Cola da Casentino è stato dedicato un incontro a cura del Munda, proprio nel suo paese natale, frazione di Sant’Eusanio Forconese, con Federica Antonini, storica dell’arte del Munda ed Elpidio Valeri, storico dell’arte, con la partecipazione di Deborah Visconti, sindaco di Sant’Eusanio Forconese, di Raffaello Fico, titolare Ufficio speciale ricostruzione Comuni del cratere 2009 di Innocenzo Cacchio, presidente associazione Casuentum onlus, e di Silvia di Gregorio, direttrice del progetto Arca.

L’incontro è infatti proprio nell’ambito del progetto Arca, che vedrà protagonisti 14 artisti da più Paesi del mondo fino al 1 dicembre, in 11 comuni del cratere sismico 2009, per creare connessioni, favorire fecondi incontri per far germinare talenti dal territorio.

E il nesso profondo con questo intendimento è la figura di Sebastiano di Cola da Casentino, lo ha ben colto Antonini, quello cioè della necessità di andare oltre gli orizzonti, contaminarsi con culture e conoscenze altre.

“Possiamo dire che questo territorio era particolarmente attivo e non secondario. Noi siamo propensi a pensare che oltre Roma, Firenze, Venezia non ci fosse nulla, però in realtà non è così. La figura di Sebastiano di Cola da Casentino, conferma una fecondità sia da un punto di vista artistico che culturale. Del resto, su queste famose vie degli Abruzzi, in cui si spostavano le greggi, le merci, arrivavano anche idee nuove, le avanguardie dell’epoca in campo artistico. Ed accadeva  dunque che artisti locali, anche in un piccolo paesino come Casentino, sono riusciti a portare le novità del Rinascimento e interpretarle con non secondario talento”.

A seguire invece la riflessione del sindaco Deborah Visconti.

“Questa bella iniziativa vuole sottolineare che la recente rivalutazione di Sebastiano di Cola non è un semplice gesto di scoperta storiografica ma un riconoscimento al suo ruolo attivo nel rinnovamento dell’arte abruzzese. Certo, Sebastiano non è un maestro nel senso delle grandi firme rinascimentali, ma è stato un mediatore, un artigiano colto, capace interpretare il nuovo spirito del tempo e adattarlo alle esigenze spirituali e culturali della committenza. E soprattutto il suo contributo testimonia come il Rinascimento non sia stato un fenomeno elitario, ma un processo articolato e diffuso fatto anche di piccoli centri, di chiese minori, di pittori come lui che con la propria produzione artistica si confrontavano con quanto avveniva nel resto la penisola agganciandosi e trasformandosi”.

Altra opera certa di Sebastiano da Cola, oltre alla citata Annunciazione nella chiesa di Santa Maria ad Criptas, è la scultura in terracotta policroma che proviene da Arquata del Tronto e che raffigura una madonna con il bambino e che attualmente è in deposito ad Ascoli Piceno. Potrebbe essere suo quel che resta di una decorazione nell’abside destro della chiesa Sant’Eusanio Forconese.

Sempre al Munda c’è poi un altro capolavoro: l’Annunciazione con l’Eterno, angeli, San Ludovico da Tolosa.

Come ben illustra il catalogo dei beni culturali, in questa opera, “il cielo si congiunge all’orizzonte con uno specchio d’acqua con delle barche in lontananza. Fanno da quinte alla scena elementi naturali: sulla sinistra rocce appuntite diradano verso gli argini di un corso d’acqua, sulla destra una collina dolcemente si innalza, coperta di vegetazione. Le chiome degli alberi sono rigogliose, i cespugli ricchi di fogliame, decorati con fiorellini chiari. Animali selvatici popolano questo luogo arcadico. In primo piano, sulla sinistra, San Ludovico da Tolosa è raffigurato con il manto azzurro dai gigli dorati della casata reale di Francia, e la corona ai suoi piedi. Nelle mani regge un pastorale ed un cartiglio dorato. Al centro un piccolo gruppo di fedeli in preghiera, raffigurati di dimensioni ridotte rispetto alle proporzioni del contesto, si raccolgono in cerchio innalzando lo sguardo verso l’alto, dove è raffigurato il Cristo nella mandorla che, circondato da angeli musicanti dalle vesti svolazzanti, si rivolge, irraggiandola con linee sottili dorate, verso la Madonna posta alla destra dell’opera. La Vergine è inginocchiata, avvolta da un pesante e bellissimo manto blu”.

Ma torniamo all’affresco di Santa Maria ad Cryptas: una particolarità disvelante è che Maria è bionda,  non mora, come una ebrea di 15 anni in terra di Palestina. Ed anche qui emerge lo spirito del rinascimento, epoca in cui il simbolo della bellezza bellezza femminile era l’essere bionda, come Santa Chiara, nobile e santa. Le mani però sono quelle di una contadina, di qualità inferiore, e si ipotizza che in realtà Sebastiano abbia dipinto solo il volto, lasciando il resto del lavoro ai pittori della sua bottega, evidentemente di inferiore talento.

Come è stato fatto osservare nel corso dell’incontro dietro quest’opera e le altre di Sebastiano da Cola, c’è la lezione di Simone Martini, maestro della scuola senese e tra i maggiori e più influenti artisti del Trecento italiano, e ancora del Verrocchio, di Piero Della Francesca, di Antoniazzo Romano e della sua celebre Madonna del Pantheon, e ancora di  Melozzo da Forlì, del Perugino e del Pinturicchio.

Non resta che concludere riportando l’intero passaggio del testo citato in attacco di Mario Chini, toscano che si innamorò dell’Abruzzo dell’Aquila, dove fu insegnante del liceo ginnasio, e dove fondò intorno al 1910 il Museo civico, antesignano dell’attuale Museo nazionale d’Abruzzo, in una parte di Palazzo Margherita, oggi sede del Comune, svolgendo un importante studio degli artisti aquilani del Quattrocento.

“Una bella mattina di primavera tre artisti cavalcavano alla volta di Tornimparte, un paesello, o meglio un aggruppamento di ville che si trova nelle vicinanze dell’Aquila. Il 15 febbraio del 1495 Saturnino di Giovanni Gatti, dopo aver preso dipingere il 1489 l’abside della chiesa di San Panfilo di Tornimparte, condotto a termine il 1494 il lavoro, aveva fatto un compromesso coi sindaci e i massari di San Panfilo. Per venire all’accertamento del prezzo che avrebbero dovuto corrispondere si erano nominati per arbitri Sebastiano di Cola da Casentino e Silvestro di Giacomo da Sulmona, due vecchi ed esperti pittori. Costoro certamente insieme con Saturnino una bella mattina di primavera si avviarono alla volta di Tornimparte. Magnifico lo spettacolo delle prossime alture, bianche ancora di neve, spiccati sul purissimo cielo azzurrino; bellissime le strette vallecole già lievemente verdeggianti e solcate da piccole acque; interessanti i gruppi di case e villaggetti raccolti intorno alle loro chiese. “I tre artisti novellavano per certo di luce e di colori, discorrevano degli ideali e dei maestri prediletti delle città lontane, dove trionfava tanta gloria d’arte e non doveva esser loro di piccola soddisfazione pensare che per essi l’arte del Rinascimento fiorentino ed umbro, trionfava anche fra i monti impervi dell’Abruzzo”. Filippo Tronca

 

 

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