La trevigiana Silvia Rizzotto, attuale presidente della Seconda Commissione in consiglio regionale del Veneto, può scordarsi la ricandidatura. Idem il veronese Marco Andreoli, che al Ferro Fini guida la Terza commissione. E non pensi di tornare a Venezia Luca Coletto, già assessore alla Sanità nella seconda giunta Zaia, poi emigrato a Roma come sottosegretario nel Conte I e successivamente a Perugia, assessore nella giunta umbra Tesei. Il motivo: «sono tutti transfughi», Rizzotto e Andreoli erano con la Lega e sono passati a Fratelli d’Italia, Coletto addirittura con Forza Italia di Flavio Tosi.
APPROFONDIMENTI
La “bomba” l’ha lanciata Gian Paolo Gobbo durante il direttivo della Lega-Liga Veneta ieri mattina a Noventa Padovana, riunione cui si sono videocollegati il segretario federale Matteo Salvini e il governatore Luca Zaia. «Ai miei tempi – ha detto l’ex segretario del Carroccio veneto – c’era un patto non scritto tra gli alleati del centrodestra in base al quale i cambi di casacca non andavano premiati». Non c’è stato il boato di approvazione, ma poco ci è mancato. E, dal segretario trevigiano Dimitri Coin in giù, è stata tutta una aggiunta di nomi: il padovano Fabrizio Boron e il trevigiano Gianantonio Da Re (in realtà espulsi dalla Lega), il veronese Paolo Paternoster, il trevigiano Gianpaolo Vallardi, il veneziano Gianluca Forcolin. «Nessuno di questi deve essere candidato», è il mandato consegnato al segretario veneto Alberto Stefani – tra l’altro in pole position per il dopo Zaia – perché ne parli agli alleati.
LA PRESIDENZA
Il direttivo si è aperto poco dopo le 10.30 con la telefonata di Matteo Salvini, seguita da quella di Zaia. In sala, oltre a Stefani, c’erano, tra gli altri, Massimo Bitonci, Paolo Borchia, Giuseppe Pan, Andrea Tomaello, Roberto Ciambetti, Ivan Storti, Dimitri Coin, Gian Paolo Gobbo, Sergio Vallotto, Guglielmo Ferrarese, Giuseppe Canova, Giuseppe Paolin, Ketty Fogliani. Tra i videocollegati Alberto Villanova e Denis Frison. Salvini, come poi comunicato in una nota, ha ribadito «la richiesta della Lega di esprimere il prossimo candidato presidente del centrodestra». Ha sottolineato che «il partito conta su 11.000 iscritti e più di 160 sindaci» e che «in vista delle regionali ha già raccolto 158 disponibilità alla candidatura: potrebbero garantire la costruzione di addirittura tre liste». Numeri che secondo Salvini dimostrano «la forza dirompente della Lega in Veneto. L’eccellente amministrazione garantita negli ultimi anni con la guida di Luca Zaia non va dispersa».
Il presidente della Regione ha insistito su due temi: governabilità e lista Zaia. Il concetto è che solo con la lista Zaia si possono raccogliere consensi di cittadini che altrimenti non voterebbero per il centrodestra («C’è gente che mi dice che senza la lista Zaia non andrà neanche a votare») e che sarebbe importante ottenere più del 60% dei voti così da avere poi il controllo del 60% del consiglio regionale. Perché – è il ragionamento di Zaia – basta che in corso di legislatura cinque consiglieri cambino casacca per cadere nelle mani dell’opposizione. A questo punto Salvini è nuovamente intervenuto dicendo che farà tutto il possibile per portare a casa la lista Zaia. «È un valore aggiunto che proporrò agli alleati», ha fatto scrivere nel comunicato diffuso da via Bellerio.
I più hanno avuto due impressioni: 1) che il governatore sia “carico”, “combattivo” e, anche se non l’ha detto espressamente, pronto a correre; 2) che non ci sia ancora nulla di deciso al tavolo nazionale. Anzi, la storia potrebbe andare per le lunghe.
PONTIDA
Un segnale che avvalorerebbe la tesi dell’accordo ancora tutto da raggiungere è arrivato da Salvini quando ha parlato del raduno di Pontida, raccomandandosi che tutti siano presenti il prossimo 21 settembre. Potrebbe essere il lancio della campagna elettorale – ha detto – o, se ancora non fosse stato deciso il nome del candidato governatore, una forma per fare pressione agli alleati. Zaia, in ogni caso, non ha nessuna intenzione di annunciare subito la data delle elezioni: ai suoi ieri ha spiegato che per legge il decreto lo deve firmare almeno 50 giorni prima del voto: «Ad esempio – ha detto – se fosse il 23 novembre, il decreto andrebbe firmato ai primi di ottobre». Farlo prima non avrebbe senso anche perché scatterebbe subito il regime di par condicio, che comprende le comunicazioni informali.
I SOLDI
Da ultimo, i contributi al partito: chi non è in regola con i versamenti non sarà candidato. Quanto alla quota elettorale, l’idea è di mantenere le cifre di cinque anni fa: 10mila euro per la candidatura degli uscenti, 3mila per i nuovi; se eletti, altri 10mila per gli uscenti riconfermati e 17mila per i nuovi. Assessori e capigruppo dovrebbero essere tutti in corsa con il simbolo del partito: Stefani vuole una «lista della Lega forte». Ma se FdI dicesse no al presidente leghista e no alla lista Zaia? «Forse dovremmo avere un piano B, correre da soli», ha detto Giuseppe Canova. Nessuno ha replicato.