Tra Messico e fantascienza anni ’70: i totem di Pol Augustì raccontano legami, sogni e rinascite.
Pol Agustí è una boccata d’aria fresca nel mondo del design: di verità, purezza, emozione. Con i suoi gesti spontanei e il suo genio, crea senza stampi, senza tornio e senza forno. Lo fa nella campagna messicana, aiutato da artigiani locali, utilizzando solo tre strumenti. Risultato: tavoli, sedie, lampade e persino altoparlanti che sono rarità.
In sala da pranzo, tavolo da ufficio restaurato con sedie da ostetrica e lampada di Max Milà Serra. Accanto alla colonna, sgabello bianco di Pol Agustí.Foto Sybren Jonas
Nel soggiorno divano di Sergio Rodrigues, oggetti acquistati in Messico, Egitto, Etiopia e una piccola lampada di Max Milà Serra. Day bed con tappeto di María Pratts.Foto Sybren Jonas
Creazioni ancestrali
Sembrano totem inceneriti, potrebbero essere oggetti mesopotamici o preispanici, ma mescolati con il mondo alieno, film di fantascienza anni ’70 e astronavi. Pezzi che Agustí ha presentato lo scorso febbraio durante la Semana del Arte a Città del Messico, dove vive. «Sono come scavi su Marte», dice. C’è anche qualcosa di divino e spirituale nel suo lavoro. In Messico è arrivato dodici anni fa e, sebbene la creatività abbia sempre fatto parte della sua vita – ha studiato Disegno Industriale e direzione artistica, lavorato per 17 anni come progettista per marchi e si è dedicato alla fotografia –, la spinta decisiva l’ha avuta la scorsa estate, dopo la morte dell’amica Sofi. «Ho fatto ordine nella testa e le priorità sono venute fuori. Ho iniziato a pensare che dovevo realizzare il mio progetto al più presto, che lo avevo rimandato per troppi anni, che a prescindere dal successo l’importante era sentirmi vivo durante il processo», racconta.