di
Simona Lorenzetti
La tragedia a Pasquetta nel Cuneese: il corpo finito nel Tanaro non è mai stato recuperato. All’inizio si pensava che Abdou Ngom fosse scivolato, poi le intercettazioni hanno raccontato un’altra storia
È scomparso nelle acque del fiume sotto gli occhi degli amici, che non hanno potuto fare nulla per aiutarlo. Abdou Ngom aveva 13 anni quando è stato inghiottito dal Tanaro, il suo corpo non è mai stato ritrovato. È successo il giorno di Pasquetta, il 22 aprile 2025, a Verduno: «È scivolato», dissero all’epoca gli amici. Quattro mesi più tardi la Procura dei minori ha riscritto la storia di questa morte: uno dei ragazzini che erano con lui, un quindicenne, è ora in una comunità accusato di omicidio volontario nella formula del dolo eventuale. Secondo i magistrati avrebbe gettato l’amico in acqua, molto probabilmente per gioco, consapevole però che non sapesse nuotare. Nel capo d’imputazione si sottolinea che quando il 15enne ha afferrato Abdou, quest’ultimo continuava a ripetere: «No, non so nuotare».
Una ricostruzione emersa dopo mesi d’indagini, nel corso delle quali i carabinieri hanno sentito decine di persone finendo con l’intercettare gli amici mentre concordavano la versione da offrire agli inquirenti.
La cronaca di quel giorno racconta che Abdou, nato a Bra da genitori senegalesi, ha partecipato con alcuni amici — lui era il più piccolo — a una scampagnata al fiume: un’idea nata nella chat di gruppo per trascorrere il giorno di Pasquetta. Insieme hanno raggiunto un tratto del Tanaro, nel comune di Verduno, noto per la «spiaggia dei cristalli», un sito geologico con cristalli di gesso di diverse forme e dimensioni risalenti a sei milioni di anni fa (segno che un tempo il Mediterraneo arrivava in Piemonte).
La settimana precedente era stata caratterizzata da una forte ondata di maltempo e il corso d’acqua era ancora in piena. La tragedia in tarda mattinata. Abdou scivola nel fiume — questa l’iniziale versione — e le acque profonde e agitate del Tanaro lo trascinano via. Gli amici danno l’allarme e per tre giorni i sommozzatori dei vigili del fuoco — con l’impiego anche di elicotteri provenienti da Torino e Varese — proseguiranno le ricerche: ma il corpo di Abdou non si è mai trovato.
L’intera comunità di Bra si stringe attorno alla famiglia, che aveva scelto la località delle Langhe per costruire il proprio futuro: il 13enne era il secondo di quattro figli e frequentava la terza media alla scuola Piumati. E di Bra sono anche gli amici, pure loro di origine straniera e nati nel Cuneese. Nelle settimane successive, in paese iniziano a circolare strane voci: sussurri secondo i quali la morte del giovane studente non è stato forse un semplice incidente. I carabinieri decidono di svolgere degli approfondimenti. La svolta arriva dal sequestro dei telefoni dei tre amici e da alcune intercettazioni ambientali che offrono una lettura più violenta della morte del ragazzo.
Interrogato dagli investigatori, uno dei giovani del gruppo cede e racconta. Racconta di come il quindicenne abbia gettato in acqua Abdou, mentre quest’ultimo continuava a dire: «No, non so nuotare». Meno esplicito l’altro testimone. Ma le frasi catturate dagli investigatori durante le intercettazioni avvalorerebbero la tesi della Procura dei minori: Abdou sarebbe stato gettato in acqua dall’amico. Da qui la misura cautelare per il 15enne, difeso dagli avvocati Giuseppe Vitello e Mario Morra, che ora si trova in una comunità. Il ragazzo nega di aver spinto il 13enne nel fiume e racconta di averlo lasciato sull’arenile dove è stato poi travolto dall’acqua.
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10 agosto 2025 ( modifica il 10 agosto 2025 | 18:53)
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