di
Valentina Rorato

Secondo una ricerca essere esposti prima dei 10 anni a esperienze difficili porta a un maggior consumo di alcol che, con il passare dell’età, causa complicazioni sullo stato psico-fisico

I traumi infantili sono zaini pesanti che difficilmente possiamo condividere con altri «escursionisti». Sono un fardello che ci segue fino all’età adulta, plasmando pensieri, sentimenti e relazioni. Essere esposti prima dei 10 anni a esperienze traumatiche e ad ambienti avversi può causare una reazione a catena di problemi di salute mentale e fisica in età adulta, come dimostra un recente studio dell’Università della Georgia.
La ricerca, pubblicata su pubblicato su Development and Psychopathology, suggerisce che crescere in contesti negativi e in comunità pericolose nella prima adolescenza può alterare l’intera vita, in particolare per uomini e donne di colore. «Quello che accade durante l’infanzia, dall’educazione ricevuta all’ambiente in cui ci si trova, può portare a problemi duraturi» racconta Sierra Carter, coautrice dello studio e codirettrice del Center for Family Research-Uga

Relazione con il consumo di alcol 

Iniziato nel 1996, lo studio, ancora in corso, segue oltre 800 famiglie, tutte con un bambino di quinta elementare all’inizio della ricerca. I ricercatori intervistano i partecipanti ogni due o tre anni. Attualmente, i dati dimostrano che a partire dall’età di 10 anni i bambini sono già in grado di percepire quando l’ambiente e il trattamento che li circonda siano pericolosi. Inoltre, i contesti comunitari non sicuri non solo influenzano il comportamento dei più piccoli, ma creano anche una risposta fisica e infiammatoria nel loro sistema nervoso centrale. Durante la prima età adulta, questi fattori di stress sia sul corpo, sia sulla mente si traducono in un uso più precoce e frequente di sostanze come mezzo di automedicazione.
«Abbiamo riscontrato un ritardo tra queste esperienze infantili e il consumo di alcol» conferma Steven Beach, coautore dello studio e codirettore del Center for Family Research. «Una volta che i ragazzi sono usciti dall’ambiente protettivo delle loro case, le risposte infiammatorie ritardate emergono e influenzano il loro comportamento in modo più significativo, preparando il terreno per un consumo elevato di alcol».



















































Problemi cardiaci

Il consumo di quantità eccessive di alcol nel tempo crea complicazioni di salute misurabili in età adulta. I dati dimostrano che chi ha dichiarato di aver bevuto molto da giovane hanno un rischio maggiore di problemi cardiaci in età avanzata. Inoltre, i ragazzi di 29 anni mostrano un invecchiamento peggiore a causa del consumo di alcol, il che significa che l’aspettativa di vita sarà probabilmente più breve. Questo effetto è risultato particolarmente evidente nelle donne. Le ripercussioni di un’infanzia difficile sono maggiori per gli uomini e le donne di colore, in gran parte a causa degli effetti aggiuntivi della discriminazione durante l’infanzia. «Essere esposti alla discriminazione razziale aumenta il rischio di consumo precoce di alcol, che a sua volta espone al rischio di altre malattie in futuro» conferma Carter. I partecipanti neri che hanno subito episodi di razzismo in tenera età hanno maggiori probabilità di ubriacarsi, di avere problemi cardiaci e di invecchiare più rapidamente nel loro aspetto e nelle loro funzioni corporee.

Dolore nel fine vita 

Le ripercussioni dei traumi infantili possono essere così forti da rendere più difficile anche il fine vita. Lo dimostra lo studio Health and Retirement Study, che ha seguito circa 6.500 americani over 50 deceduti tra il 2006 e il 2020. Due partecipanti su 5 hanno subito traumi infantili, tra cui problemi con la polizia ed esposizione all’abuso di droghe o alcol da parte dei familiari. L’evento potenzialmente traumatico più comune nell’infanzia è stata la ripetizione dell’anno scolastico, mentre in età adulta sono una precedente malattia potenzialmente letale o una malattia potenzialmente letale del coniuge o di un figlio. Meno comuni sono la morte di un figlio, avere un partner tossicodipendente, sopravvivere a un disastro naturale o partecipare a combattimenti armati. Oltre l’80% dei partecipanti ha fatto i conti con almeno un evento doloroso nel corso della vita e 1 su 3 ne ha subiti almeno tre.

I dati raccontano che i fortunati che non hanno avuto traumi hanno una probabilità del 46% di provare dolore moderato-grave alla fine della vita e una probabilità del 12% di sentirsi soli. Queste percentuali saltano all’occhio, perché sono molto basse rispetto a quelle di chi ha avuto almeno 5 eventi traumatici. In questo caso, le probabilità di provare dolore e senso di solitudine in punto di morte sono il 60% e il 22%. Anche la depressione terminale è notevolmente inferiore tra i primi: il 24% contro il 40%. «Vivere un trauma non può essere necessariamente compensato dalle risorse sociali e spesso la questione non è se, ma quando, gli individui saranno esposti e in che misura ciò potrà avere un impatto sulla loro qualità di vita in età avanzata», conclude l’autrice.

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11 agosto 2025