VENEZIA – Lui in abito nero, kippah in testa e barba piena; lei, con il ventre già arrotondato dalla gravidanza, al quinto mese. Erano venuti a Venezia per una vacanza di qualche giorno, ma dopo una cena in Ghetto e una passeggiata al chiaro di luna sono rimasti vittime di quella che – con ogni evidenza – si configura come un’aggressione antisemita. Poco dopo la mezzanotte, nei pressi del ponte di Rialto, un turista ebreo ortodosso americano è stato insultato, umiliato e aggredito da un gruppo di due o tre persone con un cane. Secondo la ricostruzione fornita da alcuni testimoni, l’assalto sarebbe motivato proprio dall’appartenenza religiosa della vittima, fedele al movimento chassidico Lubavitch, e quindi facilmente riconoscibile dagli abiti indossati.

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La ricostruzione

Uno scontro che arriva a un paio di settimane di distanza dal parapiglia in un autogrill di Milano tra un gruppo di origine palestinese e una famiglia di ebrei francesi. E anche nel caso di Venezia a far da sfondo all’aggressione c’è la crisi in Medio Oriente, con le bombe di Israele su Gaza. All’uomo sarebbe stato urlato contro «Ebreo di m…» più volte, prima che gli venisse lanciata addosso una bibita e che qualcuno gli sputasse in faccia. Senza alcuna avvisaglia. Senza alcun motivo. Solo disprezzo per ciò che, agli occhi degli aggressori, poteva rappresentare. Infine, il gruppo gli ha aizzato contro l’animale che fino a poco prima era tenuto al guinzaglio, liberandolo e ordinandogli di attaccare. Il morso, fortunatamente, non ha provocato alcuna ferita al malcapitato: il cane infatti sarebbe riuscito ad afferrare con i denti soltanto il telefonino che il turista teneva nella tasca dei pantaloni, evitando per puro caso di lacerare la carne nella parte alta della coscia.

La fuga al ristorante

In preda allo shock, i due sono scappati e si sono rifugiati nel ristorante dove avevano appena finito di cenare, il “Gam Gam” del Ghetto di Venezia, il cui titolare, Sion Yehiel Banin Rahamim, ha confermato di aver assistito ai momenti concitati seguiti all’aggressione. «Poco importa se la vittima è un Lubavitch o meno – dice Sion – È increscioso che aggressioni così gravi accadano nella nostra città, che ho sempre reputato e tutt’ora considero tollerante e intelligente. L’attacco non è stato in alcun modo provocato e i passanti hanno fatto come se nulla fosse». La coppia, profondamente turbata, ha deciso di non sporgere denuncia e non si è nemmeno recata in ospedale per un controllo. Poche ore dopo, in mattinata, i due hanno lasciato Venezia per fare ritorno negli Stati Uniti. La polizia, avvisata immediatamente dalla comunità dei Lubavitch, ha avviato le indagini. Gli agenti stanno passando al setaccio le immagini delle telecamere di sorveglianza presenti nella zona del ponte di Rialto per verificare quanto è stato riferito dai testimoni e identificare il gruppo responsabile dell’aggressione.

Le reazioni

«Un’altra vile aggressione motivata dall’odio razziale, che scandisce la regressione verso gli anni più bui del novecento – ha commentato il segretario dei Radicali di Venezia, Samuele Vianello – Qualsiasi attacco alla libera espressione religiosa rappresenta un affronto alla Costituzione e una minaccia al sicurezza della Repubblica. Il clima di intolleranza e odio antiebraico imperversa in città: non deve esserci nessuna tolleranza. Fortissima deve essere la presa di posizione a tutela della comunità ebraica italiana, non ci deve essere alcuna giustificazione né contestualizzazione per questi atti, il silenzio corrisponde a connivenza».