di
Enrico Pruner

L’iniziativa del comitato «Liberi subito, liberi fino alla fine». Ne fa parte l’avvocato Valcanover: «L’autonomia permette di intervenire nel vuoto legislativo»

«Noi abbiamo un compito: contribuire ad aprire il dibattito in consiglio provinciale, per garantire tempi certi nei casi di sofferenza estrema previsti nelle sentenze della Corte costituzionale».
Per farlo, il comitato trentino «Liberi tutti» dell’associazione Luca Coscioni sta proseguendo la raccolta firme per il deposito di un disegno di legge provinciale d’iniziativa popolare, che regolamenti le procedure di morte medicalmente assistita. Anche in assenza di una legge nazionale, oggi due sentenze della Consulta — datate 2019 e 2024 — permettono a chi vive in condizioni di sofferenza insopportabile di ricevere aiuto medico per la morte volontaria in Italia. Ma restano enormi scogli burocratici, con i tempi che si allungano insieme alle sofferenze. Le decisioni della Corte, tuttavia, aprono alla possibilità di introdurre modifiche legislative alla luce di due diritti fondamentali: la difesa della vita e l’autodeterminazione della persona. Una leva giuridica che l’associazione Coscioni intende sfruttare per proporre una legge trentina sul fine vita. Stando alla norma provinciale, per presentare un disegno di legge di iniziativa popolare occorrono 2.500 firme, da presentare entro 90 giorni dall’avvio della campagna. Tra i firmatari anche Giorgio Manuali di Forza Italia. L’avvocato Fabio Valcanover, membro del comitato trentino dell’associazione e promotore del disegno di legge insieme a Giovanna Ceol, Flavia Decarli e Damiano Trenti, è fiducioso. «Per cosa ci battiamo? Per una sensibilità trasversale, a prescindere dai condizionamenti politici, su un tema che riguarda la vita di ciascuno e la sua fine dignitosa».

Avvocato Valcanover, quante firme avete raccolto?
«Non si può ancora dire con precisione. Tutte le firme, infatti, devono essere certificate. Sappiamo però che attualmente le firme raccolte non sono sufficienti. Abbiamo da lavorare tanto ma sono previsti tavoli in continuazione fino al 4 di ottobre, a ridosso della scadenza dei 90 giorni. Al massimo il 6 ottobre contiamo di depositare le firme certificate».



















































Dove si può firmare?
«In tutti i Comuni del Trentino. Possono firmare anche i non residenti in quel Comune: basta che siano elettori del consiglio provinciale. Possiamo farcela ma occorre uno sforzo grande, di tutti. Si tratta di un importante lavoro politico dal basso. Tutti siamo chiamati a essere fautori di questa legge».

Cosa può fare il Trentino in più rispetto alle decisioni prese a livello nazionale?
«Stabilita la competenza concorrente in materia sanitaria, possiamo intervenire con maggiore legittimità nel vuoto legislativo dovuto all’inazione del Parlamento, per dettare i termini di lavoro all’Azienda sanitaria nelle richieste di aiuto al fine vita. L’autonomia permette, tanto più in assenza di una norma statale, di garantire tempi certi delle procedure e di dare attuazione ai principi espressi nelle sentenze della Corte costituzionale».

Il tema del fine vita è già entrato in altri consigli regionali, a partire da quello della Toscana, dove è stata perfino approvata una legge regionale poi impugnata dal governo italiano. Sono però segnali di una presa di coscienza collettiva?
«Oggi c’è una buona risposta. Un dato importante, tuttavia, è che queste problematiche sono state poste all’attenzione dell’opinione pubblica solo in conseguenza alle azioni di disobbedienza civile di Marco Cappato: azioni che nascono perché la questione non viene affrontata dal Parlamento. Importante sarebbe, soprattutto in una Provincia autonoma, avere invece confronti su questa materia. Lo scambio di idee rappresenta il nutrimento della democrazia».

Sulla morte medicalmente assistita è in discussione in Parlamento una proposta di legge.
«Credo si stia tentando, in maniera errata di escludere il Servizio sanitario nazionale, che ha competenza in questa materia. Che il Servizio sanitario nazionale, e nel nostro caso l’Azienda sanitaria trentina, debba essere il primo e diretto interessato, è affermazione costante della Corte costituzionale in tutta la sequenza delle sentenze in cui è stato imputato Cappato. Inoltre la scansione temporale che la legge nazionale vorrebbe dare alle pratiche di verifica e di attuazione è lunghissima: di fatto è un invito a rimanere nella clandestinità o, se si ha denaro, ad andare in Svizzera. Bisogna evitare di fare una legge che riporti alla clandestinità e a una gestione affidata alle disponibilità economiche. Dobbiamo cercare, invece, di legalizzare il fenomeno con una disciplina precisa. E in Trentino possiamo farlo».

A livello regionale nello scorso anno il «Numero Bianco» dell’Associazione Luca Coscioni ha registrato 185 chiamate per informazioni e orientamento sul fine vita. Questo dato significa che ci sono state 17 richieste ogni 100mila abitanti, sotto la media nazionale, che è di 27.


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11 agosto 2025