Se il tumore della mammella è la neoplasia più frequente nelle donne è di fondamentale importanza l’attuazione dei programmi di screening oncologico. E tanto più che vengono offerti gratuitamente alle persone appartenenti alle fasce d’età considerate a maggior rischio. Nella regione Umbria, per le donne ultrasettantenni – quelle maggiormente a rischio – la percentuale d’invito è pari all’87 per cento: il che rappresenta un dato positivo che parte dal 2022, ma bisogna fare ancora di più.
Sul tema è risultato davvero istruttivo il dibattito che si è svolto sul tema in Senato tra il ministro della salute Orazio Schillaci e la parlamentare pentastellata Elisa Pirro, presentatrice di un’interrogazione ricca di riferimenti statistici utili per l’esame di un fenomeno sempre più sotto esame.
“Lo screening non previene la malattia – ha osservato la senatrice M5s – cioè non evita di ammalarsi, ma permette di accorgersi tempestivamente della presenza della malattia. È noto che scoprire un cancro del seno in fase precoce significa avere maggiori probabilità di guarire”. Nell’interrogazione, la Pirro ha chiesto in sostanza al ministro di “rafforzare al più presto le misure di prevenzione per il tumore al seno attraverso lo stanziamento di specifiche risorse destinate all’estensione del programma nazionale di screening mammografico, per le donne nelle fasce d’età 45-50 anni e 70-74 anni a carico del servizio sanitario nazionale”.
Schillaci non ha deluso le attese. Il ministro ha tenuto a sottolineare che “Il Piano oncologico nazionale, documento di pianificazione e indirizzo per la prevenzione e il contrasto del cancro 2023-2027, prevede tra i suoi obiettivi il miglioramento dell’offerta nei programmi di screening oncologico, inclusa l’estensione dell’offerta per lo screening mammografico alle fasce di età 45-49 e 70-74.
Proprio al fine di potenziare le strategie e le azioni definite nel Piano oncologico nazionale, il recente decreto 198 ha previsto l’istituzione di un fondo con una dotazione di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2027. Non solo: col decreto 202 si è autorizzata la spesa di 200.000 euro per l’anno 2025 e di 800.000 euro per l’anno 2026, per avviare i progetti di rafforzamento dell’adesione e dell’estensione con campagne mirate degli screening per le donne delle fasce d’età 45-50 anni e 70-74, per poter potenziare le campagne di prevenzione e quindi garantire l’uniformità dell’accesso agli screening in tutto il territorio nazionale.
Insomma, l’attenzione è davvero massima ed è un bene che ci sia da parte di tutti la volontà di affrontare seriamente il tema. Anche perché – come ha ricordato il ministro della salute – “attualmente in Italia lo screening è offerto ogni due anni alle donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni. Negli ultimi decenni però si è registrato un costante aumento di frequenza di diagnosi, accompagnata da una riduzione della mortalità”. E intervenire anche sulle fasce d’età fino a 49 anni e oltre i settanta diventa necessario per la popolazione femminile.
Anche i dati contenuti nell’interrogazione della senatrice Pirro parlano comunque chiaro: secondo i dati dell’Osservatorio nazionale screening, nel 2022 sono state invitate 590.905 donne nella fascia di età 45-49 anni. La maggior parte delle donne invitate in questa fascia di età proviene da 6 regioni: l’Emilia-Romagna con il 98 per cento delle donne residenti nella fascia di età, la Toscana con il 65 per cento, il Friuli-Venezia Giulia con il 60 per cento, la Basilicata e la Lombardia con il 45 per cento, il Piemonte con il 28 per cento. Nella fascia di età 70-74 anni sono state invitate circa 360.000 donne, pari al 41 per cento della popolazione target; 229.600 hanno risposto all’invito, con una partecipazione del 69 per cento. Relativamente alle donne invitate in questa fascia d’età, la Provincia autonoma di Trento, la Lombardia, l’Emilia-Romagna e l’Umbria hanno invitato oltre l’87 per cento delle donne ultrasettantenni; il Veneto e la Toscana ne hanno invitato circa l’80 per cento, mentre la Basilicata e il Friuli-Venezia Giulia si sono attestati intorno al 50 per cento. Il Piemonte ha invitato circa il 39 per cento delle donne di questa fascia d’età. La rispondenza è elevata in tutte le regioni, in un range compreso tra il 56 per cento in Basilicata e l’80 per cento in Toscana.
L’estensione della mammografia alle quarantenni potrebbe garantire una ulteriore riduzione della mortalità per cancro al seno, sebbene inferiore a quella che si ottiene nella fascia 50-69 anni. Allo stesso tempo, l’allungamento della durata media della vita e il protrarsi di un buono stato di salute anche in età più avanzata hanno fatto ritenere che possa essere vantaggioso offrire lo screening alle donne fino ai 74 anni.