di
Greta Privitera
Nella Striscia molte persone non riescono a fare più di un pasto al giorno, chi non va nei centri di distribuzione si rivolge al black market dove i prezzi sono aumentati anche di dieci volte
Nella scatola adibita a dispensa è rimasto un barattolo di lenticchie, una busta di Nescafé e riso buono per due piatti. Ieri, Salma, suo marito Ayan e i tre figli hanno mangiato solo a pranzo. Il bambino più piccolo che si chiama Muhammad ha pianto tutto il pomeriggio per la fame. Ha pianto così tanto che alla fine si è addormentato in un angolo della tenda che da tre mesi è diventata casa. «Qualche volta riusciamo a fare uno snack serale, ma in questi giorni è durissima», racconta la donna che con i cento shekel che ha in tasca questa mattina proverà ad andare tra le bancarelle sul lungomare di Al-Mawasi, il gigantesco campo profughi di Gaza.
Cento shekel sono quasi 25 euro. Al mercato nero, con 25 euro prendi un chilo di farina, che è già qualcosa. «Noi siamo fortunati perché mio marito lavora per una ong e ha uno stipendio. Guadagna 600 euro al mese. I miei fratelli non lavorano, come quasi la maggioranza della popolazione. I prezzi degli alimenti sono dieci volte più alti, pochi fanno due pasti», continua Salma che in questi due anni di guerra ha perso quindici chili. Racconta che fino a quando potranno, eviteranno di andare ai centri di distribuzione della israelo-americana Gaza Humanitarian Foundation perché «è troppo pericoloso: sparano sulla gente».
Un commerciante della Striscia che chiede di rimanere anonimo per questioni di sicurezza manda una lista dettagliata dei prezzi di questa settimana. Un chilo di pomodori costa 25 euro, di patate 13, di limoni 26, di fichi 40, di piselli 25. Un chilo di pasta costa 14 euro, di riso 23, di fagioli secchi 8. Duecentocinquanta grammi di caffè 102 euro, 700 grammi di margarina 46. Un chilo di zucchero 160 euro, un pollo 100. Una saponetta 10 euro, una sigaretta 20. «Lo so che è una vergogna vendere a prezzi così alti a gente che muore di fame», scrive l’uomo, «ma il costo del trasporto e il rischio che corriamo per fare arrivare la merce sulle bancarelle è molto grande».
A Gaza, il cibo e i beni di prima necessità entrano con gli aiuti internazionali e con le consegne commerciali. A maggio, l’esercito israeliano ha permesso la ripresa di una minima parte delle consegne provenienti da Israele e dalla Cisgiordania, dopo che l’assalto alla città di Rafah aveva drasticamente ridotto il flusso degli aiuti. Un altro mercante spiega che ogni camion che compra da fuori ha un prezzo aggiuntivo di migliaia di euro — «anche trentamila», dice, ma sono numeri che non riusciamo a confermare — per le spese di trasporto, per le tangenti e per gli uomini della sicurezza che è costretto ad assoldare per difendere la merce dai saccheggiatori. «Do soldi a qualche israeliano che facilita e velocizza il passaggio al valico di Kerem Shalom, li do alle gang che mi promettono protezione e mi scortano il camion fino al magazzino, e l’ultima volta ho pagato anche alcuni miliziani di Hamas. A un conoscente hanno sparato a una mano», spiega l’uomo che nella Striscia commercia batterie, pannelli solari, cioccolato, caffè, Nutella e zucchero: beni considerati di lusso. Una batteria costa quattro mila euro, prima ne costava trecento. Un pannello solare 650 euro, prima 170.
Sui banchi dei mercati improvvisati, si trovano anche prodotti con il marchio della Ghf. «C’è chi prende il pacco umanitario e rivende il contenuto. In questo caso ad alzare il prezzo è la fatica del trasporto e il rischio che si corre a mettersi in fila ai centri di distribuzione, diventati trappole mortali», commenta un operatore umanitario.
Salma racconta che un assorbente costa tre euro. «Ho smesso di comprarli. Ora taglio delle strisce di cotone, come facevano le donne cento anni fa. È disgustoso vivere così». Si sente fortunata perché nessuno dei suoi bambini ha bisogno del pannolino. Uno vale cinque dollari.
Tre settimane fa, era il compleanno del figlio più grande. «L’abbiamo sorpreso con una barretta di Mars, il suo cioccolato preferito». Il giorno in cui l’ha comprata, Salma ha passato la notte insonne: quel pezzetto di cioccolato le è costato quindici euro. Con quei soldi poteva prendere un chilo di pasta. Secondo il ministero della Sanità gestito da Hamas, da maggio 80 bambini sono morti per malnutrizione.
23 luglio 2025
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