“Penso che l’occupazione di Gaza e alcuni atti gravi in Cisgiordania segnino un salto di qualità di fronte al quale vanno prese delle decisioni che obblighino Netanyahu a ragionare. E non sarebbe una mossa contro Israele, ma un modo per salvare quel popolo da un governo che ha perso ragione e umanità. Bisogna sempre distinguere i governi dagli Stati e dai popoli come dalle religioni che professano. Vale per Netanyahu, vale per Putin, i cui metodi, ormai, pericolosamente si assomigliano”. A parlare, in un’intervista alla Stampa, è il ministro della Difesa Guido Crosetto che da una parte in qualche modo spezza il sostanziale silenzio del governo italiano, fatta salva la condanna rituale dell’uccisione dei civili e le violenze nel West Bank; e dall’altra evoca azioni fattive dei Paesi occidentali nei confronti del governo di Tel Aviv, quando parla di “decisioni che obblighino Netanyahu a ragionare”. E quest’ultimo è un passaggio notevole laddove il governo italiano ha sempre rifiutato finora perfino “banali” sanzioni. Bisogna anche ricordare che l’Italia non ha mai smesso di vendere armamenti a Israele e su questo il ruolo del ministro della Difesa potrebbe non essere secondario.
In ogni caso alla Stampa Crosetto dice: “Quel che sta accadendo è inaccettabile. Non siamo di fronte a una operazione militare con danni collaterali, ma alla pura negazione del diritto e dei valori fondanti della nostra civiltà”. “Noi siamo impegnati sul fronte degli aiuti umanitari, ma oltre alla condanna bisogna ora trovare il modo per obbligare Netanyahu a ragionare” ribadisce. “Un conto è liberare Gaza da Hamas – aggiunge l’esponente dell’esecutivo -, un conto dai palestinesi. La prima si può chiamare liberazione. Cacciare invece un popolo dalla sua terra è ben altro, e il termine usato mi pare del tutto improprio”.
Ora il governo confessa: “Vendiamo armi a Israele, ma non colpiscono civili”
Poi affronta l’argomento del riconoscimento dello stato palestinese. “Quello Stato non c’è e riconoscere uno Stato che non c’è rischia di trasformarsi solo in una provocazione politica in un mondo che muore di provocazioni. Va costruito un percorso per attuare la storica risoluzione Onu dei ‘due popoli, due Stati’, difendendo il diritto della Palestina ad esistere e avere uno Stato e quello di Israele a vivere in sicurezza, il che significa che va, al contempo, estirpato il terrorismo di Hamas”. Per il ministro della Difesa il governo di Israele “non è disposto a dialogare perché ha assunto una linea fondamentalista e integralista“. “La legittima difesa di una democrazia di fronte a un terribile attacco terroristico non convince più – va avanti -. Siamo di fronte a un progetto di segno diverso: la conquista di un territorio straniero mettendo in conto una catastrofe umanitaria“.
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