Gli U2 non hanno mai avuto paura di prendere una posizione politica forte in tempi difficili. Dalla denuncia della violenza in Irlanda del Nord con la canzone “Sunday Bloody Sunday”, alle immagini in diretta da Sarajevo proiettate durante il loro lo Zoo TV Tour, fino alla campagna globale Make Poverty History, la band irlandese ha usato la propria rilevanza per trattare apertamente temi divisivi. Ora la loro attenzione si concentra su Gaza: Bono, The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen Jr. hanno pubblicato un messaggio congiunto in cui condannano senza mezzi termini sia Hamas sia il governo israeliano di Benjamin Netanyahu, accusato di usare la fame come arma di guerra e di spingere verso la colonizzazione della Striscia.
Il testo, diffuso sui profili social e sul sito ufficiale della band, definisce «territorio inesplorato» l’attuale fase del conflitto, segnata dal blocco degli aiuti umanitari e dall’annuncio di una «presa militare» di Gaza City. I quattro riconoscono di non essere «esperti di politica mediorientale», ma rivendicano il dovere di far sapere al loro pubblico «dove ci troviamo, ciascuno di noi».
Bono firma il contributo più ampio e complesso. Parte dal ricordo della strage perpetrata da Hamas del 7 ottobre 2023 al Nova music festival, che definisce «un male» al pari di qualsiasi attacco deliberato a civili, e dalla strategia del gruppo terroristico palestinese, «una trappola diabolica per Israele» volta a scatenare un conflitto in grado di ridisegnare la mappa «dal fiume al mare». Pur riconoscendo il diritto di Israele a difendersi, condanna l’uso della fame come arma da parte di entrambe le parti e afferma che «il Governo di Israele non è la nazione di Israele», ma l’esecutivo guidato da Netanyahu «merita la nostra condanna categorica e inequivocabile».
Il cantante irlandese lega la crisi di Gaza ad altre emergenze umanitarie dimenticate, come la carestia in Sudan, e rievoca l’esperienza in Etiopia durante Live Aid nel 1985 per sottolineare che «non c’è una gerarchia» nella sofferenza. Chiede l’ingresso di almeno seicento camion di aiuti al giorno e cita voci ebraiche critiche verso il governo, dai leader religiosi agli artisti.
Il chitarrista degli U2, The Edge, ha struttura la sua dichiarazione con tre domande a Netanyahu. La prima riguarda l’eredità morale di un’operazione che colpisce deliberatamente i civili, con il rischio di marchiare Israele con una «vergogna generazionale». La seconda contesta apertamente il progetto di un “Grande Israele” che comporterebbe, dice, «pulizia etnica» e «genocidio coloniale» secondo molti giuristi, avvertendo che l’ingiustizia alimenta solo risentimento e violenza. La terza chiede quale sia la visione politica se si rifiuta la soluzione a due Stati: «Un conflitto perpetuo? Un futuro di muri e occupazione?». Per il chitarrista, la pace si costruisce «riconoscendo la pari dignità di tutti, anche di chi si è temuto o disprezzato».
Adam Clayton ha definito la crisi umanitaria «vendetta su una popolazione civile non responsabile dell’attacco del 7 ottobre» e mette in discussione la coerenza tra la tecnologia di precisione dell’esercito israeliano e i bombardamenti indiscriminati che «distruggono ogni riparo e infrastruttura», ribadendo che «preservare la vita dei civili è una scelta».
Larry Mullen Jr. parte dal trauma delle immagini del massacro del Nova music festival, ammettendo che un’ampia risposta militare fosse prevedibile. Ma sottolinea che «la decimazione indiscriminata» di case e ospedali e «l’imposizione della fame» non lo erano. Parla di un silenzio inaccettabile sia all’interno di Israele che nella diaspora e ricorda che «affamare civili innocenti come arma di guerra è inumano e criminale». Conclude riaffermando il diritto all’esistenza di Israele e quello a uno Stato per i palestinesi.
La band irlandese ha annunciato una donazione a Medical Aid for Palestinians e ha esortato Israele a garantire accesso immediato e illimitato agli aiuti umanitari per Gaza e Cisgiordania.