È stato accompagnato da un amico nel pronto soccorso di Penne per un problema urologico sub-acuto e alla fine di tutto il percorso terapeutico, dalla presa in carico e fino alle dimissioni, l’esperienza vissuta in quell’ospedale “di frontiera”, come lo definisce, è stata ben più che positiva: “mi sono reso conto che in un ospedale di periferia un paziente viene trattato come un essere umano e non come un numero come ormai avviene costantemente nei nosocomi, anche quelli più qualificati”. 

A raccontare la sua esperienza a IlPescara facendone l’occasione per lanciare un appello a una politica dei tagli perché colga invece il valore medico, ma anche sociale che certi presidi sono in grado di offrire, è un collega molisano: Giovanni Cianfagna. Un giornalista scientifico, spiega, “da anni avvezzo a seguire le relazioni di illustri cattedratici sia a livello nazionale che internazionale”, e che mai avrebbe pensato, racconta, “di riferire di una struttura sanitaria di periferia” e soprattutto di farlo in termini così positivi. Ci tiene a precisarlo che lui non è abruzzese per cui la sua valutazione dipende esclusivamente dall’esperienza vissuta tra le corsie del San Massimo.

Ricevi le notizie de IlPescara su Whatsapp

Lì, racconta, ce lo ha accompagnato “l’amico Vincenzo, originario della cittadina abruzzese”. Come detto in ospedale ci è arrivato per un problema urologico sub-acuto. Erano le 7.30 del mattino “e dopo solo un paio di minuti sono stato preso in carico della struttura di pronto soccorso nella persona del dottor Gustavo Maggi che, nonostante fosse in cambio turno, ha provveduto ad inquadrare il mio problema e ad impartire quelli che erano gli indirizzi terapeutici più idonei al mio problema”. 

“Dopo di che mi ha affidato alle cure del collega che gli subentrava, il dottor Enrico Torelli. Senza entrare nei particolari terapeutici diagnostici posso dire che mi hanno rivoltato come un calzino. Nelle tre ore circa di soggiorno tra ambulatori e sala di attesa, ho potuto notare la competenza del personale medico (tra esso cito anche della dottoressa Barbara Renzetti, Radiologa), dei tecnici, degli infermieri e degli ausiliari. Stesso discorso – sottolinea – anche per il personale amministrativo”. 

“Non da ultimo – sottolinea Cianfagna – la pulizia degli ambienti, bagni compresi. Infine ho potuto notato anche i pazienti in attesa di essere visitati avevano volti distesi, non segni di insofferenza nonostante la problematica che ognuno di essi potesse avere, sicuramente perché messi a proprio agio dal personale”. 

“Mi sono reso conto che in un ospedale di periferia un paziente viene trattato come un essere umano e non come un numero come avviene ormai costantemente nei grandi nosocomi, anche quelli più qualificati. Quindi – conclude -, vorrei esortare i politici, che ormai per far quadrare i bilanci della sanità tagliano più dei stessi chirurghi (per rimanere in tema), a prestare maggiore attenzione al grosso ruolo sanitario e anche sociale che svolgono gli ospedali di ‘frontiera’”. Parole con cui, insomma, esalta la competenza, ma allo stesso tempo manda un monito perché la sanità territoriale di cui tanto si parla, venga non solo tutelata, ma anche valorizzata per dare il giusto riconoscimento a chi lì opera, ma anche a chi, dolorante e malato, vi si reca per ottenere quell’assistenza medica, ma anche umana, di cui ancor più nei momenti di sofferenza si ha bisogno.