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A Napoli la mostra «Capodimonte Doppio Caravaggio», dal 24 luglio al 2 novembre, sarà un’occasione unica per ammirare l’Ecce Homo di Madrid, l’ultimo capolavoro ad essere entrato nel corpus del pittore Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, eccezionalmente in dialogo accanto alla Flagellazione di Cristo. Dopo lo straordinario successo della mostra romana «Caravaggio 2025», La Flagellazione rientra infatti al Museo e Real Bosco di Capodimonte, dove è custodita per ragioni di tutela dal 1972. Dalla grande esposizione organizzata a Palazzo Barberini per il Giubileo proviene anche Ecce Homo che torna così dopo quattro secoli a Napoli, la città dove l’opera fu dipinta negli stessi anni in cui il Merisi realizzava La Flagellazione per la Chiesa di San Domenico. Il quadro spagnolo, riscoperto solo nel 2021, è esposto per volere del nuovo proprietario al Museo del Prado e può lasciare la Spagna solo per eccezionali occasioni. Quella di Napoli è quindi l’unica tappa italiana prevista prima del rientro a Madrid.
APPROFONDIMENTI
«Questa volta il nostro Ospite è davvero speciale – ha sottolineato il direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte, Eike Schmidt – appena abbiamo saputo che l’Ecce Homo sarebbe arrivato in Italia ci siamo messi al lavoro per averlo a Capodimonte al termine della mostra romana per la quale ci è stata richiesta la nostra Flagellazione. L’Ecce Homo negli ultimi anni, com’è noto, è al centro dell’interesse scientifico e anche mediatico mondiale. Ma la nostra motivazione era forte e siamo felici oggi di poter annunciare che le due opere di Caravaggio saranno esposte nei prossimi mesi insieme sulla stessa parete della sala 62, per un dialogo unico e di immensa suggestione.
Siamo quindi particolarmente grati al Ministero della Cultura spagnolo, al proprietario del quadro e al Museo del Prado. Doppio Caravaggio ci sembra una bellissima proposta culturale per i 2500 anni di Napoli. Ringrazio il Sindaco Gaetano Manfredi, la Direttrice artistica di Napoli 2500 Laura Valente, e il Comune di Napoli per averci voluto affiancare nella promozione dell’esposizione».
La vicenda della recente scoperta dell’opera è molto singolare. L’Ecce Homo si trovava infatti nel salotto di una casa privata quando nel 2021 il quadro venne messo in vendita con una base d’asta di 1.500 euro come un’opera della «scuola di Jusepe de Ribera». Quando poi la casa d’aste spagnola Ansorena ha pubblicato un catalogo con l’opera la risonanza fu talmente tanta che attorno al dipinto in pochi giorni si riunirono i principali esperti del pittore, inclusi mercanti d’arte e curatori dei musei da tutto il mondo. Mentre il quadro consolidava sempre di più la sua reputazione di originale perduto di Caravaggio, il governo spagnolo ne sanciva la non esportabilità, vincolandone, quindi, la permanenza sul suo territorio. Nell’estate del 2024 l’Ecce Homo, fu acquistato da un filantropo britannico residente in Spagna, e da allora l’opera è esposta in una sala dedicata del Museo del Prado di Madrid. Già Roberto Longhi, nei suoi studi fondativi sul pittore, aveva intuito l’attribuzione dell’opera a Caravaggio, ma lo studio sulla storia del dipinto si deve interamente a Maria Cristina Terzaghi che ne ha rintracciato il passaggio nell’Ottocento dall’Academia San Fernando di Madrid e che ha proposto di riconoscere lo stesso in un Ecce Homo di Caravaggio appartenuto a un viceré di Napoli alla metà del Seicento.
L’Ecce Homo – tra gli ultimi episodi della vita di Cristo precedenti alla Crocifissione e successivi alla Flagellazione – è un’iconografia che ebbe ampia diffusione, nell’intera penisola italiana, tra Quattro e Cinquecento. Nel quadro di Madrid, Caravaggio dispone le figure in profondità, suggerendo una loggia buia dalla quale emerge Ponzio Pilato, il giudice che indica Cristo dolente alla folla, mentre un aguzzino con la bocca aperta lo spoglia (o forse lo ricopre dopo averlo spogliato), per mostrarne ulteriormente il corpo martoriato. Geniale e dal forte valore simbolico è la soluzione caravaggesca di rappresentare, sopra la fronte di Cristo, la sezione a mo’ di piccola fiamma di un ramo di rovi spiccato dal tronco principale, più chiara rispetto alla variazione di bruni della corona di spine. Poiché, in tutta probabilità, fu realizzata a Napoli, è con i quadri dei due periodi napoletani che la tela madrilena può mettersi più facilmente in relazione ed è proprio a potenziare la suggestione che la pala di San Domenico maggiore del 1607 e il quadro da stanza di Madrid sono stati nuovamente messi in dialogo nella sala con i capolavori del Museo di Capodimonte.
Capodimonte propone quindi un’occasione di confronto unica che illustra e documenta anche la fortuna napoletana del modello caravaggesco. La prossimità stilistica con alcune opere finali del Merisi ha permesso di confermarne la realizzazione nel periodo giovanile. A conferma dello straordinario interesse per la scoperta del quadro di Madrid, e il suo riconoscimento come autografo del Merisi, si ricorda che la vicenda è narrata anche nel thriller documentaristico «Il Caravaggio perduto» uscito quest’anno nelle sale italiane, e recentemente trasmesso su Sky Arte.
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